Clemente Russo: "Fortissimi, ma la boxe non è solo Mayweather-Pacquiao"
Il campione italiano, impegnato a raggiungere la sua quarta Olimpiade, si godrà lo spettacolo in Tv ma invita il pugilato a rilanciarsi oltre i personaggi
A 32 anni Clemente Russo sta preparando la sua nuova sfida: essere sul ring di Rio 2016 per la sua quarta Olimpiade in carriera, dopo l'esordio ad Atene 2004 e gli argenti di Pechino 2008 e Londra 2012. Un traguardo eccezionale, considerata anche l'usura di uno sport duro come il pugilato, per raggiungere il quale il campione dei massimi deve vincere due incontri in programma il prossimo 29 maggio e il 1° luglio nell'ambito del campionato APB organizzato dall'AIBA, l'International Boxing Association, che assume in questo caso anche la valenza di un vero e proprio torneo pre-olimpico.
Raggiungiamo telefonicamente Clemente Russo ad Assisi, dove si sta allenando presso il Centro nazionale federale di pugilato: "Un posto in cui mi trovo molto bene, che mi permette di prepararmi con intensità e dove riesco a essere concentrato e tranquillo. Un vero ritiro spirituale".
Clemente, la boxe internazionale è già in fibrillante attesa del match del 2 maggio a Las Vegas tra Floyd Mayweather e Manny Pacquiao: hai una preferenza?
"Sono pugili con due stili diversi, entrambi fortissimi campioni. Mi piace la faccia pulita di Pacquiao, ma al contempo apprezzo la tecnica di Mayweather: mi godrò anch'io lo spettacolo senza però tifare per l'uno o per l'altro. E anche con il rammarico che rimarrà comunque un evento fine a se stesso: il problema della boxe di oggi è che si focalizza sui singoli grandi personaggi senza pensare alla promozione dell'intero movimento. Un tempo c'era l'interesse per i campioni, ma anche per aiutare a emergere quelli che lottavano per diventarlo".
In tutti questi cambiamenti tu sei comunque riuscito a rimanere protagonista sul ring da Atene 2004 in poi: qual è il segreto?
"Diciamo che, sfruttando le mie capacità e pure la mia caparbietà, sono riuscito a essere poliedrico e a cambiare il mio stile di combattimento a seconda di quanto richiesto dai tempi. Ho iniziato come 'picchiatore', poi ho curato maggiormente la tecnica e ora sto ritornando a puntare soprattutto sull'intensità per interpretare al meglio il metro di giudizio ora in vigore".
Dopo aver incontrato tanti campioni, oggi temi qualcuno in particolare tra i tuoi avversari?
"Non temo nessuno ma rispetto tutti, come ho sempre fatto nella mia carriera. E' poi indubbio che oggi sono un pugile esperto, circondato da avversari più giovani e con tanta voglia di vincere: uno scontro generazionale inevitabile, da affrontare con ancora più rispetto".
Domanda extra-ring: conoscevi Alexis Vastine, il pugile francese tragicamente scomparso nell'incidente in elicottero in Argentina durante le registrazioni di un reality-show?
"Lo conoscevo molto bene, anche se era di una categoria di peso inferiore alla mia: era un bravissimo ragazzo e un ottimo atleta, con cui ho condiviso tanti momenti in stage di allenamento in Italia e in Francia. Mi ha addolorato molto la sua fine: anch'io ho affrontato situazioni pericolose durante le riprese del reality 'la Talpa' ed è stato logico ripensare anche a quella mia esperienza dopo aver appreso la tragica notizia... alla fine è comunque il destino a fare la differenza e mando ad Alexis un ultimo pensiero".
Tornando al pugilato: non sei mai stato tentato di diventare professionista? Il celeberrimo manager Don King ti chiamava "The White Hope", "La speranza bianca": che cosa ti ha trattenuto da fare il grande salto?
"In verità sono stato molto tentato, specie quando mi ha cercato Don King, ma avrei dovuto lasciare molte cose a cui tenevo e che in effetti sono riuscito a coltivare in 20 anni di carriera: la possibilità e la gioia di partecipare alle Olimpiadi, fare parte della Nazionale così come del corpo di Polizia. Tutte realtà a cui sono molto legato: l'AIBA mi ha poi molto aiutato nella scelta con l'introduzione del nuovo Campionato APB, che mi permette di combattere comunque ad alti livelli. Noi siamo gli operai del ring: non avremo mai certe ricompense dal combattere, ma la passione per il nostro sport ci fa dimenticare tutti i sacrifici".
Ancora di più se il premio finale sarà un biglietto per Rio 2016.