Il mio Bruce Springsteen a Milano: il più grande è ancora più grande
La prima tappa italiana del Wrecking Ball ha infiammato San Siro e ha confermato che Bruce ha saputo ancora rinnovarsi restando però il più grande concentrato di suono, cervello, parole, muscoli, energia, idee del rock di tutti i tempi
Lo dico prima, così è chiaro per tutti: se non amate il Boss non leggete il resto.
Negli anni '70, alla radio i dj della East Coast introducevano i pezzi dall'allora nuovissimo album Born to Run, chiamando sempre Bruce Springsteen: "Il più grande dal vivo".
E anche ieri sera, dopo tutti questi concerti del Boss che ho sotto la pelle, a San Siro non ho potuto fare a meno di pensare a quanto ci avessero preso.
Sì è vero: è noto che per la tribù degli springstiniani un concerto del Boss e della Legendary E Street Band è un evento "indimenticabile", e ogni volta ci ripetiamo quanto sia stato grande. Insomma, gli altri ci guardano sorridenti e un po' condiscendenti, gli altri.
Però ieri sera si si è capito subito dai primi pezzi che questa volta partecipavamo a qualcosa di ancora più grande, diciamo così, forse il più grande fra i concerti che Bruce ci ha dedicato, da quel giugno 1985, prima volta in Italia, prima volta a Milano, con il Born in the Usa Tour.
Perché in questo nuovo Tour, il Wrecking Ball, Bruce si è davvero rinnovato, e dentro adesso c'è tutta la sua carriera, la sua e nostra storia, ma c'è anche tanto di nuovo: il sound nero e folk e la session di cinque ottoni hanno contagiato tutto il repertorio. Così che la raffica di classici che ci ha regalato ieri sera aveva l'effetto indimenticabile di una performance nuova fiammante unita alla forza tradizionale, diciamo così, dei pezzi che ci hanno accompagnato per più di 35 anni.
Commozioni
Prima di tutto quando mio figlio "piccolo", 11 anni, è schizzato in piedi all'attacco di "Badlands" (terzo perzzo della scaletta) e ha riconsciuto un frammento di mondo unico, si è girato e mi ha sorriso. Già "Badlands", (Darkness in The Edge of Town, 1978). E per le 3 ore e 40 del concerto la sua interazione con quel mondo è stata così: altissima attenzione, voglia di capire, amore per la musica; questa musica.
Certo li abbiamo influenzati noi della tribù questi ragazzini, insieme ai 25enni ormai innumerevoli al cospetto del Boss che abbiamo influenzato negli anni scorsi. Ma guardando il pubblico a questi concerti, vedendo quanti sono i ragazzi accanto agli adulti, a quante "classi di età" sono rappresentate, si intuisce l'alchimia che ha fatto di questo ex giovane promettente rocker del New Jersey, il più grande concentrato di suono, cervello, parole, muscoli, energia, idee del rock di tutti i tempi.
Leggendario, appunto, come la E Street Band. Che in questo tour vive il momento insieme più difficile e forse più aperto della sua storia, mentre fa i conti con i primi concerti senza un pezzo della sua leggenda, Big Man Clarence Clemons, e dopo aver perso ormai da alcuni anni "Brother" Dan Federici.
Il rischio concreto che fosse una passerella da declino in effetti a qualcuno è sembrato vicino. E invece, ragazzi! Che salto, che reazione, che forza.
Certo, come ci aveva ricordato alcuni mesi fa Gianni Poglio, grande è il merito di Ron Aniello , il nuovo produttore che ha alzato l'asticella e ha riempito ancora di più il suono della Band.
Ma i vecchietti del New Jersey, aiutati da forze fresche, ci hanno talmente sorpresi con il loro talento rinnovato che in tanti ieri sera e stamattina (e per i prossmi giorni) ci siamo detti che forse è stato davvero il migliore dei concerti di Bruce dal lontano 1985 (sì mi sono ripetuto, me è necessario a volte).
E qui veniamo a un altro dei momenti di commozione di ieri sera. Dunque, E Street Band, Clarence Clemons, forze fresche: su tutte quella del nipotino di Big Man, Jack Clemons .
Ovviamente al sassofono: e in uno dei bis, "Dancing in the Dark", si è esibito in un lungo assolo, assistito da una sognante ragazza raccolta fra il pubblico (esibiva un cartello: "Can I dance with Jack?"): sì certo, giusto per ricordare Courtney Cox. Commovente anche il fatto che Bruce lo "chiamasse" ai solo di sax, esattamente come faceva con Big Man ("Big Man assist me, please").
Naturalmente, come previsto del resto, lacrime nei due momenti specifici che Bruce ha dedicato a Clarence, il primo, in "My City of Ruins" (5° pezzo in setlist) e il secondo, epico, in "Tenth Avenue Freeze-out" (terz'ultimo della notte di San Siro): al passaggio fondamentale della canzone che celebra la E Street Band:
"When the change was made uptown
And the Big Man joined the band"
Bruce si è fermato per un paio di minuti "lasciando" il microfono al pubblico, mentre sul maxi schermo passavano le immagini di Clarence. Sì insomma, provate a immaginarlo.
Nella set list di ieri sera c'erano tre dei pezzi che l'altro giorno ho inserito fra i mei sette preferiti . Non male.
Adesso, con calma, andiamo a Trieste per un bis. Vedremo lunedì sera l'effetto.
La setlist del concerto di Milano, 7 giugno 2012
We Take Care of Our Own
Wrecking Ball
Badlands
Death to My Hometown
My City of Ruins
Spirit in the Night
The E Street Shuffle
Jack of All Trades
Candy's Room
Darkness on the Edge of Town
Johnny 99
Out in the Street
No Surrender
Working on the Highway
Shackled & Drawn
Waitin' on a Sunny Day
The Promised Land
The Promise (solo piano)
The River
The Rising
Radio Nowhere
We Are Alive
Land of Hope and Dreams
* * *
Rocky Ground
Born in the U.S.A.
Born to Run
Cadillac Ranch
Hungry Heart
Bobby Jean
Dancing in the Dark
Tenth Avenue Freeze-out
Glory Days
Twist and Shout