Carlo Ancelotti: "Quella volta che indossai la maglia dell'Inter"
Era il 1978 e la giovane promessa del Parma (allora tifoso nerazzurro) disputò due incontri di prova. Ma il destino lo voleva altrove...
Torneo del Tirreno, 19 agosto 1978: Inter-Herta Berlino. La squadra nerazzurra, allenata da Eugenio Bersellini, schiera: Bordon, Scanziani, Fedele, Pasinato, Canuti, Bini, Ancelotti, Marini, Altobelli, Beccalossi, Muraro. Sì, proprio Carlo Ancelotti, bandiera romanista prima e milanista poi, ha indossato la maglia dell'Inter. "Da ragazzo ero anche un tifoso nerazzurro, in particolare di Mazzola". Il diciannovenne Carlo è un promettente centrocampista del Parma che l'allenatore Cesare Maldini schiera dietro le punte. Per la cronaca la partita con i tedeschi termina 1-0 per l'Inter con un gol allo scadere di Beccalossi. Ai dirigenti interisti il ragazzo in prova piace, ma gli emiliani sparano alto e l'affare non si concretizza. "Sì, ci rimasi molto male", confida oggi l'allenatore del Bayern Monaco, "anche se l'anno dopo passai alla Roma e iniziai a giocare in Serie A".
Con tre Champions League Ancelotti è l'allenatore più vincente a livello europeo, con campionati conquistati in Italia, Inghilterra e Francia. Una leadership non muscolare, ma basata su uno stile calmo, persuasivo, con un continuo dialogo con i suoi giocatori. ("Il leader calmo" è proprio il titolo del suo libro edito da Rizzoli). A lui chiediamo come ha visto il caso di Frank de Boer, allenatore innovativo di una scuola calcistica a noi lontana, che ad Appiano Gentile è stato prima mal sopportato, quindi masticato e rifiutato in poche settimane. "Credo che De Boer sia un ottimo allenatore, così come credo che lo sia anche Pioli, a dire il vero. L'Inter sta attraversando un periodo travagliato della sua storia, complice anche il cambio societario. Una persona sola, per quanto brava non può risolvere tutto".
Ma forse all'Inter, osserviamo, proprio per queste carenze societarie serve un allenatore capace di instaurare un clima rigido e fideistico e in grado di sopperire alle altrui mancanze. Un allenatore sullo stile di Mourinho, o per rimanere a esempi italiani, Fabio Capello e Antonio Conte. "Io la penso diversamente, del resto la mia storia è un'altra. Credo si possano raggiungere risultati importanti con la collaborazione di tutti, con disponibilità al sacrificio, disciplina e senso di squadra. Poi uno non si può improvvisare. Uno non può fare il dittatore se non lo è, così come uno non può impostare uno stile bonario fingendo. Di fondo però non esiste una leadership positiva o negativa".
Sulla possibilità di vederlo sulla panchina dell'Inter è però categorico: "L'ho già detto e lo devo per un senso di rispetto alla mia storia". Con Chelsea e Real Madrid è andato a sedersi su panchine già allenate da Mourinho, non c'è due senza tre? "No, questa volta no...", risponde sorridendo.