Dal 2018 niente Superlega, ma cambia la Champions League
Aumenta il peso dei grandi campionati, le nuove regole: niente preliminari e 4 posti anche per l'Italia, ma non ci saranno le wild card
Niente Superlega e campionato chiuso solo alle big d'Europa. Però la Champions League cambia pelle e dal 2018 regalerà più certezze alle squadre dei campionati più importanti del continente, togliendo spazio alle outsider dei paesi emergenti: un passo indietro rispetto all'apertura imposta da Platini per cercare di allargare la base del calcio europeo. La rivoluzione è il frutto del compromesso tra Uefa ed Eca, l'associazione dei grandi club che da tempo spinge perché la partecipazione delle squadre più ricche di soldi e di blasone sia garantita.
L'aveva detto Rummenigge in primavera dopo aver eliminato la Juventus negli ottavi di finale: "Una Champions così o senza la storia di Inter e Milan danneggia anche noi". Detto e fatto. Dal 2018 (non prima perché per questo triennio il format è già stato venduto alle tv così com'è) cambieranno i criteri di iscrizione alla manifestazione più importante d'Europa.
Le leghe top con i posti garantiti
La prima novità è che i campionati più importanti avranno i loro posti garantiti senza dover passare dalla tagliola dei preliminari che in questi anni ha fatto male soprattutto all'Italia, che ha perso una sua rappresentante ben 6 volte nelle ultime 7 stagioni dal 2009-2010. Le nazioni leader del ranking Uefa (che non muterà nella parte che riguarda le nazioni) porteranno ai gironi eliminatori direttamente 4 squadre. Varrà per Spagna, Germania, Inghilterra e Italia, sempre che la serie A riesca a mantenere almeno l'attuale posizione.
In questo modo ci sarà la certezza di coprire il 50% delle 32 iscritte alla prima fase della Champions League. La richiesta era pressante soprattutto per proteggere gli investimenti del mercati televisivi più ricchi e munifici, quelli che in gran parte garantiscono il fatturato sempre crescente legato alla manifestazione. Ma risponde anche alla richiesta di moltiplicare le partite tra grandi club, togliendo di mezzo le rappresentanti di campionati minori.
Cosa succede per gli altri 16 posti
Alle spalle delle prime nazioni, il contingente scenderà a 2 squadre sicure (più una terza eventualmente dai preliminari) per i campionati dalla quinta alla settima posizione del ranking Uefa: oggi sono Francia, Portogallo e Russia. Un posto sarà, invece, garantito dall'ottava alla dodicesima posizione: Ucraina, Belgio, Turchia, Svizzera e Repubblica Ceca.
Agli altri rimarranno le briciole, ovvero 5 posti da spartirsi tra tutte le altre aventi diritto attraverso preliminari durissimi e con dentro anche alcune realtà emergenti e importanti. Chi resta fuori scende in Europa League, l'Europa di serie B che è destinata a ridmensionarsi come peso e importanza dopo gli ultimi anni in cui l'Uefa stava cercando di renderla più ricca e attraente.
Niente wild card per merito, conta solo la classifica
Su un punto l'Eca non è riuscita a far cadere il muro dell'Uefa: non ci saranno squadre iscritte in base al merito storico, ma conterà sempre e comunque la classifica. Dentro chi guadagna il posto sul campo, fosse anche il Leicester di turno. I grandi club avrebbero voluto una serie di wild card da destinare a squadre che hanno un passato glorioso e un brand importante, ma il compromesso è stato raggiunto andando a ritoccare anche la formula di suddivisione dei premi e dei soldi dei diritti televisivi.
Il market pool, che oggi pesa per il 40% del totale del montepremi, avrà meno peso. Conteranno premi e bonus per i risultati, ma i parametri terranno conto anche della storia di una società e del suo bacino d'utenza. Un sistema che si allontanerà da quello attuale e dal modello della Premier League per avvicinarsi a quello della serie A.