Chi è Mario Macalli, presidente di LegaPro
"Il ragioniere" non è indagato nell'ultima inchiesta sulle partite truccate. Ma certo sulla governance del pallone di provincia bisognerà riflettere
Quasi tutti lo chiamano “il ragioniere”, perché è quello il suo titolo di studio. Qualcuno lo fa con deferenza, qualcun altro con malcelato snobismo. A sbagliare sono i secondi, senza dubbio. Perché sarà vero che a Mario Macalli non fanno difetto gli atteggiamenti ruspanti, ma di certo gli vanno riconosciuti anche fiuto, abilità “politica” e capacità di relazione fuori dal comune. In caso contrario sarebbe stato impossibile per lui, partito dalla piccola Crema dove è nato quasi 78 anni fa, frequentare per più di mezzo secolo i salotti buoni del calcio professionistico italiano fino a diventarne uno dei kingmaker.
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Numero uno della LegaPro dal lontano 1997, vicepresidente della Federcalcio, amico personale e grande regista della nomina di di Carlo Tavecchio, issato alla testa della Figc proprio grazie al voto plebiscitario dei presidenti della ex serie C. Va specificato che Macalli non è indagato in questa inchiesta e che anzi, con tutta probabilità la sua federazione è parte lesa per quanto riguarda combine e tentativi di frode messi in atto dai suoi tesserati, ma certo sulla governance del pallone di provincia, storicamente non certo al primo inciampo di questo tipo, bisognerà aprire una riflessione.
Il suo scarno curriculum ufficiale lo definisce “consulente del lavoro” ma sua parabola professionale, che oggi pare essersi incurvata pesantemente, è interamente legata al mondo del pallone. Nel lontano 1962, prima ancora di compiere 25 anni, Macalli fa il suo ingresso nell’Unione Sportiva Pergocrema, la squadra della sua città natale, diventandone il vicepresidente. Manterrà la carica per quasi un altro quarto di secolo, prima di scalare la società nel 1986. Ma nel frattempo non sta certo con le mani in mano.
Allaccia contatti, stringe rapporti, batte in lungo e in largo i campi polverosi dell’ex serie C2 blandendo, promettendo, programmando, fino a quando nel 1977 inizia grazie al voto favorevole dei presidenti settentrionali a collezionare le prime cariche: consigliere delegato per la C2, componente della commissione programmazione, poi del collegio arbitrale, infine rappresentante dell’intera serie C presso il fondo di fine carriera e il comitato tecnico della Federcalcio.
Ai piani alti del pallone professionistico quel dirigente ambizioso piace assai: inizia a muovere consensi importanti tra i presidenti della sua categoria, il cui pacchetto di voti è indispensabile per chi ambisca a cariche federali di peso.
Dopo qualche anno il salto alla vicepresidenza di categoria (1987), per Macalli, è quasi scontato. Dodici mesi dopo, quando la terza serie viene commissariata, il suo ingresso nel board come dirigente delegato dalle società è altrettanto automatico. Intanto la spola tra Firenze - dove ha sede l’attuale LegaPro - e Roma continua, con il ragionier Mario che colleziona un altro incarico nazionale di peso: rappresentante della serie C2 presso la CoViSoc, la strategica comissione di vigilanza federale sui bilanci delle società professionistiche. Quella che ogni estate, in pratica, decide chi sia in regola con i requisiti finanziari, fiscali e previdenziali previsti per l’iscrizione al campionato e chi no.
Il Macalli successivo è quello che ci ha accompagnato fino a oggi: presidente della Lega di serie C, poi LegaPro (una delle tante riforme avviate negli ultimi vent’anni senza che i bilanci della categoria si siano risollevati), per un totale di quattro mandati consecutivi. E naturalmente grande elettore di tutti i vertici della Federcalcio, buon ultimo lo scorso anno quel Tavecchio che partito dalla serie D ha mostrato un percorso politico molto simile al suo. Tra i due in passato non sono mancati gli screzi, legati soprattutto alla spartizione delle risorse tra le due leghe cenerentole del nostro calcio. Ma ogni polemica è ormai rientrata da tempo, tanto che Tavecchio lo ha confermato alla vicepresidenza della Figc e ha scelto di non calcare la mano neppure recentemente, quando nel curriculum sportivo-amministrativo del ragionier Mario è spuntata una macchia.
Per il Tribunale federale nazionale, che il 29 aprile lo ha condannato a sei mesi di sospensione, Macalli tra il 2011 e il 2012 avrebbe infatto violato i doveri di “lealtà, probità e correttezza”, fondamento del codice di giustizia sportiva, in merito al crac del Pergocrema, la ex squadra di Macalli fallita tre anni fa. La sentenza è di primo grado e pende appello, il che ha evitato al presidente di dimettersi come chiedevano alcuni suoi tesserati. La vicenda è complessa ma merita tuttavia di essere raccontata perché parecchio emblematica.
Dopo aver lasciato la presidenza del club, a partire dal febbraio 2011 Macalli ha cominciato a registrare quattro marchi di possibili altri nuovi club riconducibili alla città di Crema. E quando il Pergocrema è sparito, il “Macalli brevettatore” ha ceduto l’uso di uno dei propri marchi (Pergolettese 1932) al Pizzighettone, che ha ottenuto dal “Macalli federale” il permesso di trasferirsi a Crema cambiando nome, come si fa nelle leghe americane di basket e football. Tutto questo mentre il vecchio club, secondo quanto denunciato dall’ex presidente Sergio Briganti, si vedeva negare due volte (ad aprile e maggio 2012, ossia poche settimane prima della resa) un versamento di 256mila euro dovutigli come tranche dei diritti tv dalla stessa Lega Pro. Per questa vicenda Macalli è stato indagato, ma subito prosciolto, anche dal Tribunale di Firenze, con l’ipotesi di abuso d’ufficio.
Anche se il ragioniere ha sempre mostrato ottimismo, il Pergocrema-gate e la bocciatura dell’ultimo bilancio di LegaPro a dicembre 2014 hanno spinto una minoranza a chiedere un’assemblea straordinaria per sfiduciare il presidentissimo. Finora tra rinvii, ricorsi e interpretazioni tortuose del regolamento interno, i ribelli non erano riusciti a ottenere udienza. Ora a prendere quella decisione potrebbe essere qualcun altro, molto più in alto.