Addio Catherine Spaak, icona di una tv garbata che non c'è più
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Addio Catherine Spaak, icona di una tv garbata che non c'è più

L'attrice, conduttrice e cantante è morta a 77 anni dopo una lunga malattia vissuta con discrezione. Con Harem, su Rai3, ha rivoluzionato il modo di raccontare l'universo femminile e impresso uno stile che in molti hanno copiato. Ma senza riuscirci

Catherine Spaak è stata un'artista in una famiglia di artisti. La madre recitava, il padre scriveva sceneggiature, la sorella Agnès, di un anno più grande, è passata dai set cinematografici a quelli fotografici. Catherine invece approdò al cinema quasi per caso, ad appena 14 anni, quando sua madre accettò per lei la proposta di Jacques Becker che la volle per un piccolo ruolo nel film Il buco, nel 1959. Se n'è andata sessantatré anni dopo, il giorno di Pasqua, a 77 anni, dopo un lungo calvario iniziato nel 2020 a causa di un'emorragia cerebrale a pochi giorni dal lockdown e proseguito con tre ictus, l'ultimo dei quali lo scorso luglio. Attrice, cantante, scrittrice e conduttrice, ha vissuto intensamente tra grandi soddisfazioni lavorative, amori tormentati e passionali, gioie immense e dolori potenti. Non si è fatta mancare niente: la bellezza, l'erotismo sofisticato, il talento sfaccettato, una certa ruvidezza caratteriale (almeno per chi non la conosceva bene), una curiosità per il mondo e per gli altri, la fierezza e la capacità di cogliere occasioni uniche e irripetibili.

Come quelle che gli ha offerto il cinema, dove ha lavorato con alcuni dei più grandi maestri. Alberto Lattuada, il suo mentore italiano che le cambia per sempre la vita, poi Luciano Salce, Dino Risi che con Il sorpasso la incorona diva negli anni '60. Ma la Spaak piace a tutti, Damiani, Pietrangeli, Comencini, Vadim, Mario Monicelli che la vuole ne L'armata Brancaleone, in cui fa coppia con Vittorio Gassman. La lista è lunga e sterminata, e include anche Scandalo segreto, unica regia della sua amica Monica Vitti. Ma nell'immaginario collettivo Catherine Spaak resterà per sempre legata alla tv e al suo programma iconico, Harem, che debutta nella Rai3 di Angelo Guglielmi e per quindici anni diventa un appuntamento fisso nella seconda serata del sabato sera (quando le seconde serate esistevano ancora).

Ben prima di quello, girò alcuni Caroselli, condusse Tv7 e Linea Verde, su Rai1, poi fece il grande salto nel 1985 conducendo Forum: fu lei la padrona di casa della prima edizione (scelta in extremis al posto di Maurizio Costanzo), al fianco del giudice Santi Licheri, e il successo fu tale che Berlusconi la volle per altri due anni alla guida per programma. Nel 1988 approdò invece in Rai con Harem, che riuscì abilmente a cucirsi addosso tanto da condurlo senza sosta fino al 2002, anno in cui chiuse per sempre i battenti. «Una trasmissione femminile, non femminista», l'ha definita il critico Aldo Grasso. La formula era tutto sommato semplice: ogni puntata aveva un tema diverso, dall'erotismo alla bellezza, dalla disabilità al rapporto di coppia, da "la vita inquieta" all'omosessualità, ed era il pretesto per la Spaak di discuterne con tre ospiti (famose e non) in un salotto arabeggiante - la scenografia era di Gaetano Castelli - mentre dietro una tenda ("mossa dal vento del deserto", come ripeteva la conduttrice) si celava un ospite uomo la cui identità veniva svelata solo a fine serata.

La Spaak riuscì a costruire un talk unico nel suo genere, rivoluzionando il modo di raccontare l'universo femminile e imprimendo uno stile tutto suo, fatto di garbo, curiosità, di domande ragionate e mai urlate, senza pruderie e nemmeno inutili birignao. Apparentemente algida, la conduttrice era in realtà capace di scavare nell'animo delle sue ospiti - tutte le grandi dello spettacolo, della tv, della musica e della politica sono passate da lì, esserci era in qualche modo una consacrazione di successo - con un savoir faire quasi rigoroso. Capitava così che (quasi) tutte si aprissero a confidenze inaspettate, complice l'atmosfera del salotto cortese (ma mai lezioso). In perfetto stile Spaak, appunto, che dietro l'apparente corazza aveva evidentemente la capacità di ascolto e soprattutto di indagare i sentimenti e le vite di chi gli stava di fronte. «Che idea mi sono fatta del mondo femminile quando conducevo Harem? Se posso usare una parola forte, siamo un po' delle "coglioncione". Facciamo tutte lo stesso errore: aspettiamo sempre il principe azzurro. Finché non capiamo che il principe azzurro siamo noi, si moltiplicano i guai», disse in una recente intervista a Panorama. Il successo fu tale che il programma negli anni ha vantato innumerevoli tentativi di imitazione: in molti e molte hanno provato a rifare Harem (magari con altri titoli e altri format), ma nessuno ci è riuscito. Lo stile Spaak resta unico.

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Francesco Canino