Covid-Etiquette: 10 errori e orrori secondo il bon ton
Le regole a cui dobbiamo sottostare per proteggerci dal contagio creano nuove norme comportamentali nel Galateo di tutti i giorni
Nuove abitudini, nuove bucce di banana sulle quali scivolare. Tra mascherine, saluti covid free, neologismi e hashtag di circostanza, i 10 atteggiamenti da abbandonare, promossi dai trend setter, bocciati dal Galateo
Saluto coi gomiti.
Si inizia dalle basi, ci sono cascati tutti, Premier Conte compreso. Nessuno sembra sapere che la stretta di mano in molti Paesi del mondo non è prevista nelle presentazioni, eppure la ricerca del contatto fisico sembra affannare talmente tanto gli italiani da aver trovato l'immediata alternativa. Il nuovo saluto, a debita distanza gomito a gomito, è quanto di più inelegante si potesse trovare, con buona pace delle nonne che ci hanno insegnato a non alzare i gomiti usando le posate o mentre si beve. Bimbe di Conte fatevene una ragione: è out.
Abbracci virtuali.
La desinenza più triste e squallida da agganciare ad un saluto. Se la conversazione avviene via smartphone o computer, va da sé che l'abbraccio è virtuale. Lo era anche prima della pandemia. Occorre specificare?
Il bacio a distanza.
Incontrandosi o congedandosi i più temerari azzardano un'emulazione tristarola di un bacio sulla guancia. Dove però nessuno tocca nessuno. Assurdo. Se in questo momento non è sicuro avere contatti, si evitino e basta, risparmiando la scena della gincana d'occasione ai due lati delle spalle.
La video call senza preavviso.
Lo smart working, come pretesto, ha sdoganato l'abuso delle videochiamate, come se tutti i contatti telefonici che ci hanno portato al 2020 non fossero stati sufficienti a veicolare messaggi. Utili da una parte, esagerate dall'altra, con le videochiamate a qualcuno è scappata la mano, così da beccare in momenti infelici, o dismessi, improbabili interlocutori alle prese con la schiuma da barba, i bigodini o a stesura della pasta.
I selfie con la mascherina.
Uno ci sta, dopodiché ci si domanda se e quando abbiamo veramente voglia di lasciare tutta questa traccia della versione imbavagliata di noi stessi. In molti ci guadagnano in termini di look. Ma se qualcuno vi dice che vi trova sexy con la mascherina, significa una cosa sola: che avete dei brutti denti.
L'hashtag #andràtuttobene.
Se prima denotava ottimismo, oggi denota poca consapevolezza. Forse non c'è bisogno di sottolinearlo, ma hanno solo riaperto negozi e aziende, non siamo ancora tutti sani e salvi. Chi ci vede lungo ha smesso di scriverlo da tempo.
La laurea su Facebook.
In pochi mesi siamo stati virologi, economisti, esperti di lotta al terrorismo, alla mafia e ovviamente climatologi. A volte non basta fidarsi delle opinioni di chi sceglie certe strade come mestiere, figuriamoci se ognuno si sente in dovere di divulgare analisi accurate su tutto e tutti.
Lo sguardo inquisitore.
Incrociando qualcuno con la mascherina mal posizionata, senza guanti o dove pensiamo non dovrebbe stare, meglio non inventarsi il mestiere di giustiziere. Le occhiatacce sono inutili, la tensione è già alta. Si evita, ci si mette a distanza, quando possibile, si dà il buon esempio senza pretendere che sia seguito. Per tutto il resto ci sono autorità e preti confessori.
Le scarpe nel corridoio condominiale.
Tratto da una storia vera: che lo si ritenga utile ai fini della salute o no, chiedere ad un ospite di togliersi le scarpe prima di entrare in casa e lasciarle nel corridoio condominiale è contemporaneamente maleducato, di pessimo gusto e irriguardoso nei confronti di coloro con cui si condividono le aree comuni. E può mettere a disagio chi viene in visita. Se temete di frequentare untori, non invitateli a casa. Facile.
La sindrome di Pollyanna.
Il mondo sarà pur bello perché vario, ma in una circostanza come questa in cui continua a morire gente ogni giorno, ringraziare per i doni offerti dalla sorte, questo periodo di stand by è di pessimo gusto, anche se è vero che per molti è stato un toccasana. Non siete la bocca della verità: la gente muore ancora, le aziende chiudono ancora. Nessuno vi domanda di urlare al mondo quanto state bene.
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