Rosa Fanti, moglie dello chef Carlo Cracco, è a capo della tenuta Vistamare. Un’azienda agricola di 14 ettari in Romagna, che produce quello che viene servito in tavola. «Basta con gli sprechi: riciclando le bucce della frutta facciamo la carta per il ristorante»
«Questi anni insieme a Carlo mi hanno insegnato a non sentirsi mai arrivati. Ad alzare sempre l’asticella. Quando penso che abbia raggiunto il suo limite, mi stupisce ogni volta. Va alla ricerca di stimoli nuovi, è come se non potesse vivere senza». Rosa Fanti, 36 anni, da 12 è al fianco dello chef Carlo Cracco, 54. Insieme hanno avuto due figli, Pietro e Cesare, e due anni fa hanno coronato la relazione con il matrimonio. «Non sono stata io a volermi sposare» scherza lei. «Carlo è un uomo d’altri tempi e ha voluto fare le cose per bene. Di quel giorno ricordo la festa e tutti i nostri amici». Di certo c’è che, se anche d’altri tempi, Cracco non è un uomo semplice. Dopo essere stato per quattro edizioni tra i giudici di MasterChef e per cinque protagonista del programma di cucina Hell’s Kitchen, ha scelto lui di lasciare la tv all’apice. «Sentivo di non avere altro da dire» confidò a chi scrive. Ma la verità è che non voleva continuare a sacrificare la famiglia che tanto aveva voluto. E soprattutto guardava lontano, mettendo in cantiere il progetto del ristorante in Galleria Vittorio Emanuele, a Milano. Oggi realtà. «La scommessa era ambiziosa e lui odia perdere» racconta la moglie. Che ha tutto il merito di aver insegnato al marito a ritagliarsi dei giorni di vacanza d’estate o nel fine settimana. «Ma il cellulare è sempre acceso e la reperibilità assicurata», specifica. Così ecco l’idea dell’azienda agricola in Romagna in cui passare il tempo libero. «Che alla fine libero non è stato più» ammette lei. Un progetto nato e voluto per integrare l’attività del ristorante e che ha comportato, per la signora Cracco, un coinvolgimento in prima persona, visto che, dopo un ciclo di studi e un esame, è stata lei a diventare imprenditore agricolo. «Mi piace stare dietro le quinte e osservare Carlo mentre lavora. Per essere competitivi non è più sufficiente saper cucinare ma sapere cosa metti nel piatto».
In che senso?
Carlo ama controllare tutto. Fa parte del suo modo di essere. È un impegno per lui seguire le materie prime che dalla terra arrivano in cucina. L’azienda agricola è un modo per controllare la filiera. E la qualità.
Impegnativo.
Infatti all’inizio doveva essere uno spazio di relax. Da tempo l’idea era nell’aria e avevamo messo gli occhi su una tenuta in Toscana. Poi un giorno vado dai miei genitori a Santarcangelo di Romagna e mi dicono che c’è un terreno da vedere. Un segno del destino, il famoso cerchio che si chiude.
Che cosa vi ha colpito?
La distesa di verde e poi la collina che guarda verso il mare. In suo onore l’abbiamo chiamata Vistamare. Sono 14 ettari di cui cinque di vigneto e due di ulivi. E tutto il resto frutteto. Un ettaro è ancora incolto e stiamo decidendo come impiegarlo.
Come avete vissuto il lockdown?
Carlo ha lavorato giorno e notte per non mettere in cassa integrazione i dipendenti. Abbiamo puntato sull’ecommerce e sul cibo d’asporto. Era lui in persona a confezionare le scatole. La cosa più complicata è stato reperire materie prime.
Qualcosa che sfuggiva al controllo.
Esatto. Quindi appena è stato possibile siamo tornati in Romagna e abbiamo cominciato a coltivare. I primi frutti sono state le ciliegie, abbiamo scoperto che ne esistono di settanta tipi. Noi ne abbiamo sei.
Neppure lo chef lo sapeva?
No, è rimasto impressionato. Ha creato subito un dolce, quando i clienti lo ordinano è contento.
Si dice che Cracco odi gli sprechi.
È la prima cosa che insegna ai dipendenti. Per lui tutto è utilizzabile. Racconta sempre che da Gualtiero Marchesi, il suo maestro, usavano solo le parti nobili delle carni e il resto veniva buttato. Questo non è più sostenibile. Pensi che con tutti gli scarti dell’azienda agricola produciamo altre cose.
Per esempio?
Con le bucce della frutta produciamo la carta che usiamo al ristorante. Con i noccioli delle ciliegie e delle albicocche si creano le farine per i dolci. Per riuscirci ci siamo affidati alla Cartiera Favoni, una start-up che usa gli scarti e l’economia circolare.
Quindi puntate a essere biologici?
Servono tre anni prima che un terreno possa essere dichiarato tale. Ci stiamo impegnando, abbiamo iniziato a produrre frutta e verdura senza diserbanti e prodotti chimici. Tra poco venderemo sul nostro sito i primi succhi di frutta Vistamare.
Il complimento più apprezzato?
Carlo non li ama. Ma quando un cliente gli ha detto che da lui aveva mangiato una zucchina che sapeva di zucchina, gli ho visto brillare gli occhi.
Altri obiettivi?
Trasformare una cascina dell’azienda agricola in laboratorio didattico per i bambini delle scuole. La lotta agli sprechi deve iniziare presto.
E lei cos’ha imparato?
Da quando sono diventata imprenditore agricolo è come se avessi avuto il terzo figlio. Ho capito che la natura non aspetta, ha i suoi tempi, non può attendere i tuoi comodi.
E da Cracco?
Che in cucina, anche a casa nostra, è meglio se ci sta lui.