De Sanctis contro il Viminale: "Neanche a noi piace andare sotto la curva"
Il portiere della Roma duro contro le critiche, cade il muro d'omertà: "Chiederò spiegazioni a Tavecchio. Le istituzioni potevano fermarci"
Le parole con cui il portiere della Roma De Sanctis, che è anche rappresentante dell'Assocalciatori e membro del Consiglio della Figc, ha attaccato il Viminale dopo le polemiche per la gogna cui si sono dovuti prestare i giocatori giallorossi sotto la Curva Sud al termine della sfida di Europa League contro la Fiorentina, fanno cadere un muro che pareva inscalfibile. Da sempre i vertici delle forze dell'ordine denunciano legami troppo stretti tra club e frange estreme del tifo e spiegano che quelle processioni sotto le varie curve sono il segnale peggiore della resa del calcio ai propri violenti. Quella che Capello, uno che ha conosciuto mille piazze nella sua carriera, aveva brutalmente sintetizzato nella frase "in Italia comandano gli ultrà". Adesso abbiamo per la prima volta anche la testimonianza contraria di un giocatore che racconta l'altro lato della medaglia: andare a prendere insulti e minacce dopo una partita persa e in un periodo di crisi non è una libera scelta dei calciatori, ma rappresenta un rito accettato e condiviso anche dai responsabili dell'ordine pubblico.
De Sanctis parla senza troppe ipocrisie e lo fa perché seccato dall'aver appreso che il Viminale non ha gradito il processino ultrà sotto gli occhi di mezza Europa. Brutta scena che è servita, però, per far sfogare parte della rabbia dei tifosi della Roma. Il portiere lo dice apertamente: "E' una gestione che crea meno tensioni, le istituzioni erano lì con noi e potevano fermarci ma non l'hanno fatto. Inutile polemizzare dopo". Tante volte si è scritto che i capi ultrà hanno volti e nomi conosciuti dalle Questure che, però, spesso li lasciano lì perché aiutano a mantenere un certo status quo. Il legame non c'è solo con i club (e andrebbe rescisso subito anche se spesso i dirigenti usano le tifoserie e ne sono poi ricattati), ma anche con chi gestisce l'ordine pubblico.
Insulti e processo sotto la curva: vergogna ultrà sulla Roma
De Sanctis, però, va oltre e la sua denuncia merita di essere ascoltata e di non cadere nel solito nulla. Qualcuno pensa che i calciatori amino questo contatto con gli ultrà? Tutto sbagliato: "A 38 anni non sono contento di essere esposto al pubblico ludibrio, perché di questo si è trattato". Non piace a lui come non era piaciuto a Icardi andarsi a pendere gli insulti sotto la curva dell'Inter e ai giocatori del Genoa doversi spogliare su richiesta dei tifosi. E altre mille di queste occasioni di cui si parla solo sui giornali, perché la terza cosa che il numero uno della Roma sottolinea è il silenzio assordante di chi dovrebbe proteggere il calcio e non lo fa. In silenzio la Figc del presidente Tavecchio, muto il capo del Coni Malagò che pure non perde occasione per dire la sua su tutto.
E' probabile che a breve tutto sia dimenticato, compreso lo sfogo di De Sanctis. Alla ripresa del campionato c'è un Roma-Napoli che preoccupa anche se sarà giocato in uno stadio e in una città blindati. Poi ci si avvierà verso un finale di stagione dove le tensioni non mancheranno avvicinandosi il momento dei verdetti. Sarebbe bello che lo sfogo di un calciatore di 38 anni venisse colto nella sua parte migliore, ma il timore è che non accadrà e semplicemente si procederà a uno scaricabarile di responsabilità. Nessuno ha autorizzato nulla e, anzi, nemmeno lo avrebbe voluto. Scena già vista mille volte. In fondo lo scorso 3 maggio all'Olimpico un capo tifoso ha preso il Daspo anche per aver scavalcato un'inferriata per parlare con giocatori e funzionari di Polizia. Tutto in diretta e sotto gli occhi di mezzo governo. Inermi.