Scatti d'autore: dive e madrine del Festival di Venezia - Gallery
Il cinema incontra la fotografia. Otto grandi attrici della «golden age» affiancate ad altrettante artiste contemporanee che, negli anni, sono state splendide testimonial della kermesse in Laguna. Sono il progetto di una mostra all’hotel Excelsior e di un raffinato catalogo realizzato con le immagini di maestri dell’obiettivo. Un dialogo che racconta il passato, con gli occhi di oggi.
Il passato è costruito a partire dal presente. Così scrisse Edgar Morin, il grande sociologo francese, che ha attraversato il secolo (a luglio ha compiuto 103 anni) come la selva oscura della nostra complessità. Questa sua frase spiega alla perfezione la filosofia dietro la mostra Dive & Madrine, inaugurata nella hall dell’hotel Excelsior nei giorni dell’81a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica al Lido di Venezia. Otto grandi dive della «golden age» affiancate ad altrettante attrici contemporanee, che negli anni sono state le splendide madrine del Festival. Le foto del tedesco Uli Weber, ritrattista delle celebrities, alla fine dell’esposizione sono state pubblicate in un raffinato catalogo edito da Electa, MiC e Archivio Luce Cinecittà, con i testi delle curatrici Lucia Borgonzoni, sottosegretario alla Cultura, e Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà. Che racconta: «Con i grandi del passato, invece di feticizzarli e ricordarli nel solito modo retorico-celebrativo, bisogna dialogarci. Un dialogo serrato, che è anche un passaggio di testimone generazionale e non vuole solo evidenziare il legame con una tradizione gloriosa, ma affermare una discendenza diretta».
Un dialogo certamente complesso, perché raccontare il passato con gli occhi di oggi non è facile. Come ammette Caterina Murino: venire affiancata alla nostra più famosa star è stato un compito intenso. «È abbastanza complicato anche solo arrivare alla caviglia di Sophia Loren. Eppure, che bello è sognare, anche solo per un momento». Una spettinata e meravigliosa Monica Vitti è stata evocata da Sveva Alviti, quest’anno madrina, per la sua forza e fragilità, per l’ironia e anche l’umiltà di sapersi inchinare a un mostro sacro come la Vitti. Mentre il fascino misterioso e perverso di Alida Valli, la donna che Alfred Hitchcock volle al posto di Greta Garbo nel suo Il caso Paradine, è stato reinterpretato dall’elegante bellezza di Sonia Bergamasco.
«Il cinema incontra la fotografia» osserva Borgonzoni, «un connubio che segna un ponte tra passato e presente con il talento a fare da filo conduttore. Questo progetto mira a raccontare al mondo le straordinarie storie, tutte italiane, di alcune tra le protagoniste del grande schermo di ieri e di oggi così come catturate dall’obiettivo. Un percorso espositivo all’insegna della continuità, che valorizza il nostro patrimonio e promuove gli artisti contemporanei». L’algida Virna Lisi, avvolta in un voluttuoso marabou è affiancata a Vittoria Puccini in uno strepitoso abito d’argento di Giorgio Armani. Serena Rossi e Claudia Cardinale hanno lo stesso indimenticabile sorriso, venato di infantile malinconia. Mariangela Melato e Anna Foglietta sembrano lontanissime, per nulla simili, invece sono loro la coppia più riuscita: entrambe hanno negli occhi l’identica luce dorata. «La fotografia di Weber ha saputo cogliere oltre alle somiglianze fisiche, le somiglianze caratteriali, ancora più potenti», spiega la presidente di Cinecittà. «Sono donne che non solo hanno incarnato il sogno, ma sono diventate guide spirituali, punti di riferimento estetici e del nostro costume». Come la Loren, che secondo Sbarigia è «la più grande, meravigliosa e perfetta in ogni scatto».
Anche Silvana Mangano era perfetta in ogni foto, enigmatica e silenziosa sotto lo strepitoso cappello di paglia dalle larghe falde che indossava in Morte a Venezia, capolavoro di Luchino Visconti. La sua forza si ritrova nella personalità di Kasia Smutniak, che sul red carpet è stata tra le più eleganti, sensuale e austera allo stesso tempo. Così come l’allegria e l’eterna giovinezza di Stefania Sandrelli è nella grazia disarmante di Rocío Muñoz Morales. «È un modo non convenzionale di far rivivere l’Archivio e di mostrare un divismo che è ormai cambiato. Allora sembravano donne inarrivabili, eppure molte sono le immagini conservate che le ritraggono dietro le quinte mentre mangiano un panino e scherzano con le maestranze». Immagini che raccontano un mondo che non c’è più. Resta il luogo magico del sogno, per sempre Cinecittà. Con i famosi scenari felliniani creati da Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, gli immensi teatri di posa, simboli eterni del grande cinema italiano. Perché non dobbiamo dimenticare mai che dopo gli Stati Uniti siamo il Paese che ha vinto più Oscar.