Django Unchained, 10 motivi che lo rendono indimenticabile
Esplosivo, sanguinoso e audace, il western di Quentin Tarantino è da scolpire nella memoria. Ecco perché
Lo premetto subito: Django Unchained è esplosivo, è sanguinoso e audace, è pulp-rock, è da masticare in maniera rumorosa come un gustoso bubble gum, ma forse al mio palato non è il migliore Quentin Tarantino. Quello lo abbiamo visto in Bastardi senza gloria, che con questo nuovo spaghetti western ha comunque molto in comune, come il revisionare la storia per una nobile causa. Allora era per far avere la meglio agli ebrei sul nazismo, ora per difendere i neri dallo schiavismo americano.
Ma anche se Quentin non supera se stesso, Django Unchained (dal 17 gennaio nelle sale) è comunque da amare, nella sua spavalderia vorticosa e nella sua voracità di scavare nei cassonetti del cinema, tra vecchi western e b-movie. Ecco 10 motivi che lo rendono indimenticabile.
1) Christoph Waltz da paura. È spettacolare. È così mostruosamente bravo da far risultare attore "normale" uno come Leonardo DiCaprio . Quentin già aveva fatto tombola quando l'aveva scovato la prima volta per Bastardi senza gloria. Ora per fortuna, al solito ben affezionato ai suoi interpreti, lo ripropone. E l'austriaco dalla smorfietta mefistofelica una volta di più è immenso: temibile, ironico, così lezioso e spassoso nel suo lessico ricercato. Non a caso quando esce di scena lui, Django Unchained si stempera un po'.
2) Incipit musicale epico. L'inizio è da epicità western allo stato puro con 2 minuti e 50 secondi a piena musica con Django, la canzone che già fece da colonna sonora al film originale di Sergio Corbucci nel 1966, a cura del fuoriclasse Luis Enríquez Bacalov e Rocky Roberts. Un vero inno trionfale al selvaggio west, con la camera che spazia su distese desertiche e rocciose e poi sui corpi torniti seminudi degli schiavi in fila.
3) Entrata in scena grandiosa. L'incontro iniziale tra lo schiavo Django (Jamie Foxx) e il cacciatore di taglie assolutamente sopra le righe Dr. King Schultz (Waltz) è da incidere nella pietra. Il cavallo di Schultz, Fritz, abbassa anche lui la testa per salutare i mercanti di schiavi. "Buon uomo, si è lasciato trasportare, col suo drammatico gesto, o mi sta puntando l'arma per scopi letali?", chiede candidamente Schultz a uno dei mercanti. E via ai primi fiotti di sangue e a un'amicizia luminosa, tra un tedesco liberale e acuto (il nazismo è ancora lontano) e un nero coraggioso e innamorato.
4) "Un negro a cavallo!". Impagabile è l'incredulità che si apre su ogni viso non appena vede Django a cavallo, un nero! Django e Schultz cavalcano dal Texas al Tennesee fino al Mississippi di Candyland, e lo stupore è sempre comicamente lo stesso, anche sui volti dei neri. Tanto più quando Django sceglie come abbigliamento un look da damerino settecentesco. Che spasso!
5) Franco Nero e la D muta. Poco oltre l'ora di visione, eccolo, l'ingresso in scena di Franco Nero, ovvero l'originale Django del film capostipite della serie firmato Sergio Corbucci . Tarantino gli dà il ruolo breve ma significativo di appassionato di lotta tra mandingo. E gli fa recitare anche qualche battuta in italiano (cosa che si perde nel film doppiato). Indimenticabile il suo tête-à-tête con il Django di Foxx al banco bar. "Come ti chiami?", "Django", "Spelling?", "D-J-A-N-G-O. La D è muta", "Lo so".
6) "Alexandre Dumas è nero", così Schultz ammutolisce lo spietato latifondista Candie (DiCaprio), che ha dato a un suo mandingo fatto sbranare dai cani il nome di D'Artagnan, in quanto - illetterato - francofilo. La sceneggiatura è da urlo e chissà cosa potrà impedirle di vincere l'Oscar . È scoppiettante, divertente e intelligente. "Vorrei incontrarti al chiaro di luna" è la minaccia di Billy Crash (Walton Goggins), uomo di Candie, a Django. "Mi vuoi tenere per mano?", replica lui.
7) Ancora qui di Elisa, musica Ennio Morricone. È un'emozione forte ascoltare la voce cristallina di Elisa e pensare intanto che nel mondo tutti i fan di Tarantino la ascolteranno. È un orgoglio italiano, che si unisce alla beltà profonda della canzone. La colonna sonora di Tarantino non lascia nulla al caso. È stupenda!
8) La storia è reinventata: questo è il bello. Nel solito frullato di cinema alla Tarantino, pieno di citazioni da film del passato , un divertimento può essere scovare gli anacronismi, che se nei film storici sono errori, nei film di Quentin sono chicche. Siamo nel 1858, e quindi non c'erano ancora gli occhiali da sole, neppure la birra alla spina, la composizione di Beethoven Per Elisa non era ancora pubblica. E lo stereopticon in mano alla donna misteriosa, con la sciarpa rossa, interpretata da Zoë Bell, controfigura di Uma Thurman in Kill Bill e presente in Bastardi senza gloria?
9) Monumento pulp-western contro il razzismo. Spike Lee, ma perché tanta astiosità contro un lavoro che è un inno contro il razzismo? Il regista afroamericano ha preso posizione contro il film di Tarantino definendolo, senza voler neanche vederlo, "superficiale e razzista", accusandolo di aver trattato una materia delicata come la lotta degli schiavi afroamericani in modo gravemente distorto. Suvvia Spike, secondo me Django Unchained sarebbe piaciuto anche a Martin Luther King.
10) Un'opera d'arte totale. Se musica e dialoghi sono leggendari, le luci e i colori croccanti e imperiosi non sono da meno. La follia delirante di Quentin è uno splendido spettacolo compiuto.