Raiola e Fassone, scontro totale: cosa resta dopo la guerra di parole
Procuratore e dirigente del Milan si scambiano accuse per l'addio del portiere. La porta aperta (poco) su una clamorosa pace
Accuse e risposte piccate. Piccola apertura su una futura, difficilissima, pace e ancora chiusura totale. Passati tre giorni dalla clamorosa rottura Mino Raiola e Marco Fassone si sono scambiati un durissimo j'accuse reciproco per ricostruire le settimane che hanno portato all'annuncio del mancato rinnovo da parte di Donnarumma. Una decisione che sta spaccando la tifoseria del Milan e costando contestazioni al portiere anche in nazionale.
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Adesso che lo strappo si è consumato e le due parti si sono parlate, seppure a distanza, si può tentare di tracciare un quadro più chiaro della situazione e della (mancata) trattativa che ha al centro uno dei talenti più puri del calcio italiano. Non è una questione di torti o ragioni, ma di incomunicabilità assoluta e di rapporti di forza.
Le ragioni di Raiola per la rottura
Mino Raiola addebita tutte le ragioni della rottura al comportamento del Milan e del suo direttore sportivo Mirabelli. Spiega che Donnarumma ha cambiato idea sulla sua permanenza soffocato dal pressing delle ultime settimane e che è rimasto colpito negativamente dalla minaccia "o firmi o giochi".
Nega ogni accordo con il Real Madrid, fa capire che non porterà il giocatore alla Juventus e sottolinea come l'offerta fosse buona ma non necessariamente esagerata visti i prezzi che girano nel mercato del calcio, anche a livello di giovanissimi come Donnarumma.
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Secondo il procuratore la colpa di tutto è del Milan che ha avuto troppa fretta e che ha creato un clima insopportabile intorno a un diciottenne che ora è contestato dai tifosi e minacciato (anche di morte) insieme alla sua famiglia. Una situazione insostenibile che nemmeno la mediazione offerta da Galliani ha potuto risolvere.
Le ragioni di Fassone e del Milan
Il club respinge questa ricostruzione dei fatti. Fassone ricorda la volontà di Donnarumma di restare prima che Raiola (secondo lui) decidesse per la linea dura, definisce importante l'offerta cui si era spinto il Milan e dà la sua chiave di lettura dell'affare: "Sarebbe bastato un rinnovo con una clausola che andasse bene a tutti invece di mettere l'altro negoziatore nell'angolo...".
Troppa fretta? Ricorda che sono passati due mesi e che la società non poteva attendere agosto per farsi rispondere magari no. Difende Mirabelli e il suo modo di operare. Condanna le minacce, nega che sia già scritto un futuro in tribuna fino a scadenza per il portiere e apre a un clamoroso ripensamento: "Il Milan sarebbe pronto a riaccoglierlo a braccia aperte... Se ricevessimo una telefonata in cui ci viene prospettata l'ipotesi di sedersi al tavolo...".
Quello che Raiola e Fassone non si sono detti (apertamente)
La doppia verità non ha, però, fatto uscire tutti i punti attesi della vicenda. C'è qualcosa che non è stato detto o che è rimasto tra le righe e solo le prossime settimane diranno se è successo per la volontà di non chiudere definitivamente la porta, quanto meno tra due soggetti che dovranno lavorare ancora insieme, o solo perché non c'era altro da aggiungere.
La consistenza economica del Milan - Non c'è stato l'atteso affondo di Raiola sulla situazione del Milan. E' vero che ha detto "mi sa che al Milan hanno acquistato il brand ma non lo stile" e che ha sottolineato di non fidarsi del nuovo corso così come il nuovo corso non si fida di lui, ma non c'è stato alcun accenno in stile "i cinesi non esistono". Chiedersi se il Milan sia di Li o di Elliott è legittimo, Raiola lo ha fatto senza spingere sull'acceleratore.
La questione del mobbing - Sia agente che club hanno affilato le armi in vista di una possibile guerra intorno alla prossima stagione di Donnarumma. Tra le righe il messaggio di Raiola è stato chiaro e può essere una semina in vista di un contenzioso. Fassone ha negato indicazioni per mandare il portiere in tribuna e annunciato la disponibilità del Milan a tutelare privacy e sicurezza del giocatore. Al momento siamo al gioco delle parti: chi sbaglia rischia di pagare.
Quella telefonata che scotta - Raiola dice di avere un buon rapporto con Fassone. Fassone difende Mirabelli e il suo operato. Entrambi evocano un ritorno ad un tavolo di trattativa che al momento non esiste. Entrambi dicono che deve essere la controparte a fare la prima telefonata, ma o la cosa accade in fretta oppure non avrebbe avuto senso la rottura proprio per mettere il Milan nella condizioni di poter programmare la prossima stagione. Quindi massima attenzione a cosa accadrà prima dell'inizio del ritiro.
Il silenzio di Donnarumma - Perché alla fine chi potrebbe spezzare tutto (e non lo ha fatto sinora) è proprio Donnarumma. Non necessariamente rompendo con Raiola, che si è mosso dietro suo input, ma facendo quel passo che renderebbe inevitabile almeno un supplemento di analisi.
Per il portiere la situazione rischia di essere insostenibile. Le contestazioni in nazionale sono solo l'antipasto di una stagione che sarà infernale se vissuta a Milano e che rischia di minare il suo equilibrio. Stiamo parlando pur sempre di un ragazzotto di diciotto anni e non è obbligatorio che sia pronto a sostenere la tensione in un momento fondamentale per la sua crescita umana e professionale.
L'interesse di tanti sarebbe una riapertura di quel tavolo. L'unico spiraglio socchiuso di uno scambio durissimo di accuse e difese. Forse troppo poco, ma sul mercato ogni tanto i miracoli accadono.