I due volti di gennaio, Viggo Mortensen stile Gatsby: 5 cose da sapere
Prima da regista per Hossein Amini, per un thriller psicologico elegante e felpato che seduce ma non conquista
Elegante, come l'impeccabile completo di lino color crema di Viggo Mortensen che si staglia sulla calda pietra che ha cavalcato secoli del Partenone. I due volti di gennaio di Hossein Amini (dal 9 ottobre al cinema) è un thriller psicologico raffinato e felpato, che quasi seduce, senza però accalappiare mai totalmente.
Debutto alla regia dello sceneggiatore anglo-iraniano di Drive e Biancaneve e il cacciatore, pullula di elementi affascinanti, soprattutto esteriori, dalle location tra la Grecia e la Turchia alla moda anni '60 alla fotografia caramellata del danese Marcel Zyskind che, usando lenti anamorfiche, avvicina il digitale alla pellicola creando immagini morbide e di stampo classico. Ma il triangolo di passioni e bugie che muove la narrazione ha momenti o troppo oscuri o piatti o quasi schizofrenici per conquistare con presa costante l'interesse dello spettatore e tenere col fiato sospeso. La suspense non sfiora la pelle e, soprattutto nella parte centrale, si fatica a giustificare le relazioni un po' esangui che uniscono (o separano) i tre.
Nell'Atene del 1962, nell'epoca d'oro del turismo americano in giro per l'Europa, Chester (Mortensen) e la giovane moglie Colette (Kirsten Dunst) sono una coppia di statunitensi distinta e sorridente in visita al Partenone. Li nota Rydal (Oscar Isaac), statunitense da due anni in Grecia come guida turistica. È colpito dalla classe di lui e dalla bellezza di lei. Non può che avvicinarsi a loro, quasi cortese, quasi subdolo, e rimanere irrimediabilmente coinvolto dal fato che riscuote il conto sospeso di Chester. Inizia un'improbabile fuga a tre che coinvolge tre personaggi contraddittori e ambigui, nessuno del tutto cattivo, nessuno buono, fragili ma non deboli.
Ecco cinque cose da sapere su I due volti di gennaio.
1) Dal libro di Patricia Highsmith
I due volti di gennaio è l'adattamento dell'omonimo romanzo del 1964 di Patricia Highsmith, uno dei più libri più oscuri e meno noti della scrittrice americana. Fu pubblicato nove anni dopo il suo più grande successo, Il talento di Mr. Ripley, ma non fu accolto con lo stesso favore; la Highsmith ricevette anche una lettera di rifiuto dal suo editore che dichiarava che "una storia è in grado di gestire due personaggi nevrotici, ma non tre". Amini, però, è stato affascinato subito dal libro, che ha riletto più volte, e per quasi quindici anni ha cullato l'idea di farne un film. Ha coinvolto nella produzione anche la società britannica Working Title Films, già produttrice del thriller di spionaggio La talpa.
2) Thriller psicologico sulle orme di Hitchcok
Amini ha cercato di seguire le tracce delle famose trasposizioni cinematografiche delle opere della Highsmith, tra cui L'altro uomo di Alfred Hitchcock e Il talento di Mr. Ripley di Anthony Minghella, anche se ha fatto più suo lo spirito di Delitto in pieno sole (Plein soleil, 1960) di René Clément, l'originale adattamento francese de Il talento di Mr. Ripley. Si è inoltre lasciato influenzare dal suo amore per il noir americano e da film anni '60, thriller francesi e italiani dell'epoca "per avere il senso del mondo, dei paesaggi e della composizione", inclusi i classici L'avventura (1960) di Michelangelo Antonioni e Il disprezzo (Le Mépris, 1963) di Jean-Luc Godard per il suo ritratto di un matrimonio fatiscente.
L'inseguimento di Chester attraverso il labirinto di vie e vicoli a Istanbul è un omaggio al noir britannico Il terzo uomo (The third man, 1949) di Carol Reed.
3) Viggo Mortensen stile Gatsby, bello e sconfitto
Amini ha differenziato un po' i suoi tre protagonisti dal canovaccio dettato dalla Highsmith. "Viggo ha un aspetto eroico e c'è un po' di Gatsby nel suo personaggio che non è altrettanto presente nel libro", ha detto il regista-sceneggiatore. Il suo Chester è un uomo carismatico e bello, destinato in qualche modo a essere sconfitto, così come lo è il Jay Gatsby del libro di Francis Scott Fitzgerald.
Chester è anche il solo personaggio del film per cui si riesce a provare una certa simpatia, o comunque quello per cui si parteggia, nonostante sia il più "cattivo" del trio. Le sue mosse, anche le più avventate, sembrano solo frutto della contingenza; il suo passato non riesce a pesare come macchia terribile sull'immagine luccicante di oggi, sul suo amore incondizionato per Colette. In gioco c'è un duello tra un grande truffatore, Chester, e un piccolo truffatore, Rydal: chi vince nel film, perde nel cuore dello spettatore.
4) La sfida contro gli dei
Amini ha pensato l'intreccio tra Chester, Colette e Rydal come una sorta di triangolo amoroso con Teseo, Arianna e il Minotauro, "anche se a poco a poco è diventato molto più simile al tema di Zeus e Crono, l'idea che il figlio deve uccidere il padre per diventare un uomo", ha dichiarato il regista.
Con l'Acropoli di Atene che impelle alle spalle prima, quindi con la fatalità che incombe sullo scenario di Cnosso, i miti della Grecia classica sembrano riflettere la loro luce e le loro ombre sulle vicende del film. Non a caso Rydal all'inizio parla degli "scherzi crudeli che gli dei giocano agli uomini". Chester, Colette e Rydal sono in balia degli dei ma allo stesso tempo li sfidano lottando contro il loro destino.
Viggo Mortensen, attore poliglotta e colto, ha studiato la storia dell'Antica Grecia per prepararsi alla parte.
Il titolo I due volti di gennaio si riferisce invece al Giano bifronte, il dio romano dalle due facce con cui poteva guardare il futuro e il passato, la cui figura nel tempo è stata collegata all'ambiguità.
5) Dal Partenone a Cnosso al Grand Bazaar di Istanbul
Le location sono ricche di fascino e fanno de I due volti di gennaio un thriller molto estetico ma poco emozionante.
La produzione, costata 21 milioni di dollari, ha completato le riprese in tre settimane a Creta, quattro giorni ad Atene e quattro settimane a Istanbul, concludendo con due settimane agli Ealing Studios di Londra. Ha ottenuto il permesso di filmare all'interno del Partenone, dove i visitatori sono normalmente autorizzati a camminare solo lungo il perimetro; non è stato facile girare in mezzo ai turisti, nascondendo con elementi scenici in polistirolo la segnaletica contemporanea. È stato potuto filmare anche a Cnosso, anche se gli interni sono stati ricreati in studio.
A Istanbul l'inseguimento finale è stato girato proprio all'interno del Grand Bazaar, uno dei mercati coperti più antichi e grandi al mondo. "Ironia della sorte, una delle imprese più ardue è stato proprio trasformare il Grand Bazaar nel Grand Bazaar", ha raccontato lo scenografo Michael Carlin. "Nel Grand Bazaar si può girare solo di notte quando è chiuso. E quando è chiuso, ogni negozio è buio e ha le serrande abbassate, e i proprietari dei negozi sanno come negoziare. In molti casi, è stato più conveniente o più semplice costruire finte vetrine davanti a quelle esistenti, anche se la maggior parte delle persone è stata molto collaborativa".