Edoardo Winspeare: "A forza di reagire alla crisi ci si troverà In grazia di Dio"
Intervista al regista salentino, autore di un piccolo energico film ecologico, che risponde alle difficoltà economiche dell'Italia: "La felicità può e deve passare per la semplicità"
In grazia di Dio è un piccolo film che parla al cuore e alla testa, attento ai dettagli, all'autenticità delle situazioni e dei sentimenti. Dal 27 marzo al cinema, è da gustare in raccoglimento, lasciandosi sferzare dalla grinta del dialetto salentino e coccolare dalla luce diafana di luoghi amati dalla natura.
Scritto e diretto da Edoardo Winspeare, già autore di Sangue vivo (2000) e Il miracolo (2003), ci immerge nella Puglia più verace, terra in cui vive il regista. In uno spaccato contemporaneo d'Italia, dove la crisi economica punge e morde, una famiglia popolata da quattro donne deve chiudere la fabbrica di proprietà, vendere casa e ritirarsi in campagna in una masseria abbandonata. Coltivando la terra, barattando i propri ortaggi con carburante, carne e servizi, il coriaceo quartetto, seppur tempestato da dissapori e litigi, sembrerà per un attimo toccare l'agognata pace.
In grazia di Dio si distingue inoltre per alcune scelte produttive, che hanno voluto essere quanto più ecologiche. Il cast è composto da attori non professionisti appartenenti alla comunità del posto, di Giuliano di Lecce e dintorni. La protagonista, l'agguerrita e tormentata Adele, è la moglie di Winspeare, Celeste Casciaro. La figlia Ina è davvero la figlia di Celeste, Laura Licchetta, nella vita estetista e truccatrice. Salvatrice, la nonna del film, è Anna Boccadamo, cuoca nella mensa di un'azienda di scarpe. Il suo caro Cosimo è interpretato dal suo vero marito, Angelico Ferrarese, pescatore storico di Tricase Porto. La sorella di Adele, Maria Concetta, è Barbara De Matteis, barista che da sempre coltiva la passione per la recitazione (e ha avuto una piccola parte in Allacciate le cinture di Ozptek). L'impiegato di Equitalia Stefano è Gustavo Caputo, avvocato e soprattutto socio di Winspeare nella Saietta Film, produttrice della pellicola.
Incontriamo il regista Edoardo Winspeare.
In grazia di Dio è la sua risposta alla crisi economica e un esempio di decrescita felice?
"In grazia di Dio direi che non è la risposta alla crisi, è piuttosto una risposta alla crisi. È la storia di quattro donne che approfittano della crisi, delle sue durezze, delle sue difficoltà per reinventarsi, per affrontare la vita con un piglio diverso e nuovo. Quello che voglio raccontare attraverso il mio film è l’importanza di reagire ad una condizione e ad una situazione insostenibile. A forza di reagire, alla fine ci si troverà veramente 'in grazia di Dio'".
La felicità può passare per il recupero di posti, ritmi, rapporti umani e stili di vita perduti? per la semplicità?
"La felicità può e deve passare necessariamente per la semplicità. Mi sono chiesto spesso che cosa significa stare 'in grazia di Dio' e che cosa sia la vera felicità. Secondo me significa stare bene nella propria pelle, nel posto in cui si vive e soprattutto accanto alle persone alle quali si vuole bene. Recuperare e consolidare luoghi, rapporti umani e stili di vita, la considero la via migliore per arrivare a stare bene con se stessi, che è la più piccola ma anche la più grande forma di felicità che si può desiderare per la propria persona".
Il film pulsa fortemente e caparbiamente di Salento: cosa rappresentano per lei questi luoghi? Si prestano stupendamente a essere un set naturale...
"Il Salento è la mia terra, un luogo che rappresenta il fulcro di tutto, i miei legami familiari, le mie radici. Colori, profumi, luci, tutti elementi che rappresentano un personaggio in più all'interno del film. Questa è una storia che, in realtà, potrebbe essere raccontata in qualsiasi posto. Tenderei a dire, quindi, che la forma è salentina ma la sostanza è assolutamente universale".
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Com'è lavorare con attori non professionisti? E soprattutto com'è stato lavorare con sua moglie?
"Gli attori non professionisti, in realtà, sono una grande comodità, prima di tutto perché sono lì a tua disposizione, ma soprattutto perché sono puri, non contaminati se non dalle loro stesse esperienze di vita e quindi meravigliosamente veri. Puoi parlare con loro in libertà, perché non ci sono agenti o intermediari tra te e chi vuoi sulla scena. Quando mi dicono che li ho diretti bene, io rispondo sempre che invece 'io li ho scelti bene'. Lavorare con mia moglie è un'esperienza totalizzante perché è una donna intelligente, forte. Lei è cinema, il suo viso è puro cinema, è potenza! Non è stata sempre una passeggiata, anche perché Celeste non è una donna che accetta stupidamente qualsiasi direttiva, contesta sempre le scelte, a volte forse eccessivamente democratica, ma sicuramente senza di lei il film non sarebbe stato lo stesso".
Anche la formula produttiva è stata ecologica... Ci racconti.
"In grazia di Dio mi piace definirlo come un film ecologico, a impatto zero. Noi viviamo nelle zone in cui abbiamo girato e abbiamo riciclato qualsiasi cosa per la realizzazione della pellicola. Poi il concetto del 'pacco baratto' è stato un vero e proprio valore aggiunto. I produttori hanno raggiunto decine di sponsor, i quali hanno dato un contributo con i loro prodotti (pasta, buoni per cure odontoiatriche, etc..) utilizzati dalla stessa produzione per compensare i tanti servizi messi a disposizione della troupe anche dalla gente comune".
Come mai ha scelto un nucleo protagonista di tutte donne?
"Sono affascinato dalle donne. Hanno un modo di affrontare la vita diverso, forte. Loro reagiscono meglio alla crisi, non si danno mai per vinte. Sono madri, amiche, sorelle e la loro coesione è qualcosa di raro, un elemento fondamentale per il mio film, dal quale mi sono fatto piacevolmente ispirare".
Adele è continuamente "in guerra", tesa e arrabbiata, quasi ostile, non si concede un sorriso o un attimo di dolcezza. C'è un momento però in cui sembra deporre le armi e segretamente si concede il lusso di sentirsi ricca per un breve istante: è un momento di debolezza o una piccola dolce follia?
"Direi che si tratta di una piccola dolce follia. È come se Adele dicesse "ora andate tutti a quel paese. Voglio pensare un po' a me!". Lei si prende a cuore tutta la famiglia, dalla madre alla figlia, passando per la sorella. Vuole che Ina, la figlia, studi, che tutto il nucleo familiare si risollevi dagli stenti, ma poi prontamente si ritrova di fronte ad atteggiamenti duri e insofferenti, come se stesse davanti all'impossibilità di essere compresa nel profondo dei suoi sentimenti. Il furto dei gioielli per comprarsi un abito molto costoso è decisamente un gesto che rimanda alla volontà di fuggire, anche solo per un attimo, dalla cruda realtà per potersi permettere un piccolo momento di felicità".