I film sono sempre più lunghi. Ed è un errore
Prima Oppenheimer e Killers of the Flower Moon. Ora Horizon: An American Saga - Capitolo 1 e Kinds of Kindness. Al cinema si è perso il dono dell'essenzialità. La durata lambisce o supera le tre ore mentre gli spettatori, abituati alla frammentazione, sono sempre più distratti
DuratadiKinds of Kindness, film d’autore adesso in sala che, dopo Povere creature!, riunisce la coppia da Oscar Yorgos Lanthimos ed Emma Stone? 2 ore e 45.
Furiosa: a Mad Max Saga, l’action movie post-apocalittico della fortunata ed epica serie cinematografica di morte, motori e deserto by George Miller: durata 2 ore e 29 minuti. L’altro capitolo da florido franchise, il fantascientifico Dune - Parte due, ad oggi sul podio degli incassi dell’anno? 2 ore e 46.
E anche chi sceglie la leggerezza come cifra comunicativa, per esprimersi, sembra necessitare di minuti e minuti e minuti: Fly Me to the Moon - Le due facce della Luna, la commedia con Scarlett Johansson e Channing Tatum sull’allunaggio dell’Apollo 11, chiede allo spettatore 2 ore e 11 minuti del suo tempo.
E venivamo già dalle 3 ore infinite del premio Oscar Oppenheimer e dalle 3 e 26 di Killers of the Flower Moon, da un Martin Scorsese sempre più facondo.
Non si sfugge. Che sia film da festival o rombante capitolo di saghe attesissime o film da ridere, la tendenza del cinema degli ultimi anni è questa: ordire film molto lunghi. E pensare che oggi, per paradosso, sembra assottigliarsi sempre più la capacità di attenzione del pubblico, drogata da reel, short video e carrellate di contenuti social, da scorrer via velocemente come petali di margherita.
Film sempre più lunghi, spettatori sempre più distratti
Cinefili perditempo, all'orizzonte c’è poi un altro film pachidermico: è il western ambizioso di Kevin Costner, che percorre quattro anni di Guerra Civile americana, dal 1861 al 1865. Suddiviso in due episodi, il primo, Horizon: An American Saga - Capitolo 1, è al cinema dal 4 luglio. La durata è scoraggiante: 3 ore e 1 minuto. Poco meno di un rapimento.
È volata via la qualità così sublime dell’essenzialità, quell’abilità da prosa cesariana che riesce ad arrivare dritta al punto senza fronzoli: ficcante ma al contempo ricca.
Basta guardarsi attorno, oltre i confini del cinema, per accorgersi che la ridondanza imperversa. Chi non è contornato da logorroici che soverchiano di parole? Più numerosi, di certo, di quelli che ascoltano.
E la nostra soglia di attenzione, nel frattempo, è sempre più fragile, abituata alla frammentazione, a distrarsi per chat, notifiche, brama di controllare assiduamente lo smartphone (si pensi che, da report americano, gli adulti in media controllano il telefono 344 volte al giorno, in pratica una volta ogni quattro minuti).
Immagine del film "Kinds of Kindness" (Credits: Searchlight Pictures)
Il punto non è la durata ma la qualità
Ma il punto vero è: i film lunghi sono giustificatamente lunghi? La discriminante è sempre la stessa, la qualità. Ci sono capolavori della storia del cinema che sono un prezioso investimento di tempo e, a fine visione, i frutti sono rigogliosi: ci si sente felici e rigenerati. Il Gattopardo (1963) di Luchino Visconti, recentemente restaurato e riproposto in sala, conta 3 ore e 25 minuti di capolavoro.
Senza andar così indietro nel tempo, Avatar, nel 2010, fu 2 ore e 42 minuti di rapimento visivo. Le 3 ore di The Wolf of Wall Street(2013)? Uno sballo.
Come riporta Forbes, la buona narrazione conduce il cervello umano a uno stato di immersione, quello che capita ad esempio quando si guarda un bel film a casa e un rumore improvviso riporta alla realtà, a ricordarci di esser lì, seduti sul divano davanti alla tv. Uno studio rivela che la narrazione immersiva rilascia l’ossitocina, ormone che facilita l’empatia: quando ci imbattiamo quindi in una trama in cui ci identifichiamo, il nostro cervello presta attenzione. E questo è il primo meccanismo per venire agganciati. Il secondo è utilizzare la novità come meccanismo per farci andare avanti nella visione.
Ma non sempre si ha la fortuna di imbattersi in Avatar, The Wolf of Wall Street e Il Gattopardo. Non sempre la lunga durata vale davvero la pena. E non basta l’ironica consolazione di ammortizzare così meglio il prezzo del biglietto in sala.
Combattimenti che si intrecciano su più fronti e intrighi arricciati Marvel style, macchinazioni e montagne russe mentali alla Tenet, maratone su più luoghi e decenni narrativi alla Lubo, dettagli su manicaretti narrati senza soluzione di continuità ne Il gusto delle cose… Tutti questi, non avrebbero giovato della dote in disuso del contenimento?
Tre film corti stupendi. Viva l’essenzialità
La proporzione aurea della durata di un buon film? I classici 90 minuti. Quell’ora e mezza – un po’ più, un po’ meno – che può concederti immersione… ma senza affogarti.
E a proposito di contenimento, ecco tre film recenti belli davvero e corti. La dimostrazione che si può fare dell’ottimo cinema, destinato a restare nel tempo, anche senza tomi di minuti e ore. L’emblema dell’essenzialità spesa bene.
1) La mia vita da Zucchina (2016) di Claude Barras
Perla di animazione in stop motion franco-svizzera, con Céline Sciamma alla sceneggiatura, ha per protagonista un bimbetto orfano soprannominato Zucchina. Durata: soltanto 1 ora e 6 minuti!
2) Foglie al vento (2023) di Aki Kaurismäki
Dalla Finlandia una storia d’amore deliziosa e sfortunata, in una Helsinki dai colori slavati, con un umorismo sotteso e impassibile. Per 1 ora e 21 di visione.
3) Locke (2013) di Steven Knight
Film britannico, un capolavoro di minimalismo. Con Tom Hardy unico attore in scena e un’auto in corsa nella notte asciutto e costante set. Durata: 1 ora e 25 minuti.