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Immagine del film "Gli spiriti dell'isola" (Jonathan Hession. Courtesy of Searchlight Pictures)
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I film più belli del 2023 da tutto il mondo. Non solo Barbie...

La sorpresa dell'anno? Sick of myself del norvegese Kristoffer Borgli, nome da tenere d'occhio. Sul podio due opere prime e il tocco infallibile di Martin McDonagh. Ecco i film migliori secondo noi

Bilanci di fine anno, titoli da snocciolare in un rosario di soli film belli. Al 2023 rendiamo un grazie accorato per averci fatto conoscere il regista norvegesetrentottenne Kristoffer Borgli, già adocchiato da Ari Aster che gli ha prodotto la sua opera seconda Dream Scenario - Hai mai sognato quest'uomo?. E poi per averci consegnato un altro film memorabile del londinese dal cuore irlandese e dalla penna infallibile Martin McDonagh. E anche per averci donato l’opera prima di sacrificio e speranza dell’americana Alina Victoria Rockwell. Ecco il terzetto che compone il nostro podio dei film più belli del 2023.
E poi nella nostra classifica di fine anno non mancano il tocco caustico e sensibile di Aki Kaurismäki, il film Palma d’oro di Cannes, l’adorabile film d’animazione sulla conchiglia parlante…

Tra i film usciti al cinema o in piattaforma digitale in Italia nell’anno, ecco secondo noi i film più belli del 2023. Qualcuno noterà che mancano Oppenheimer di Nolan e Killers of the Flower Moon di Scorsese. Vero, e non è una dimenticanza.

1. Sick of myself di Kristoffer Borgli (Norvegia)

Cinico, lucido, estremo, Sick of myself cattura ed esacerba la tendenza narcisistica ed egoriferita del nostro secolo. Una coppia è consumata dall’ossessione per il successo e per essere al centro dell’attenzione. Lui pseudo artista (Eirik Sæthe), lei (Kristine Kujath Thorp), soprattutto, antieroina che assume deliberatamente un farmaco che la deforma pur di aver gli occhi addosso. Essenziale e corrosivo, è la sorpresa del 2023. Il norvegese Kristoffer Borgli è il regista da tenere d’occhio (anche se con Dream Scenario fa un piccolo passo indietro).

Immagine del film Sick of myself (Foto: Oslo Pictures)

2. Gli spiriti dell’isola di Martin McDonagh (Irlanda)

Oh come scrive Martin McDonagh! Cesella personaggi così umani e realistici e al contempo assurdi e strampalati, che dal comico declinano nel tragico. E tutti così visceralmente irlandesi. Come i due isolani di pascoli, asinelli e pinte di birra interpretati da Colin Farrell e Brendan Gleeson, amici all’improvviso contro, senza un apparente motivo scatenante. I dialoghi sono da manuale, così come la faccia da sciocco non così sciocco di Farrell. Per lui Coppa Volpi a Venezia e premio Osella per la sceneggiatura, tre Golden Globe in bacheca.

Immagine del film "Gli spiriti dell'isola" (Foto: Jonathan Hession. Courtesy of Searchlight Pictures)

3. A thousand and one di A.V. Rockwell (Usa)

La speranza sotto forma di film. Nonostante le fatiche e gli errori, nonostante un destino apparentemente segnato. Debutto alla regia della regista del Queens ma di genitori giamaicani A.V. Rockwell, A thousand and one è una storia black di maternità e sacrificio, in una New York in rapido cambiamento. Energica la performance di Teyana Taylor, la protagonista appena uscita di galera, impenitente e dallo spirito libero, che rapisce il suo bimbetto dal sistema di affidamento. È il prescelto: almeno lui si deve salvare dalla povertà e dalla strada. Tanta forza e sentimento, senza sbavature. Gran premio della giuria al Sundance.

Immagine del film "A thousand and one" (Foto: Sight Unseen)

4. Foglie al vento di Aki Kaurismäki (Finlandia)

In una Helsinki contemporanea, dai colori slavati e dalle scenografie quasi vintage, un operaio alcolista (Jussi Vatanen) e un’addetta del supermercato (Alma Pöysti) si incrociano. Esistenze scarne, esili salari per cui arrabattarsi, parole all’osso. In un umorismo sotteso e impassibile, Kaurismäki racconta una storia d’amore deliziosa e sfortunata come lui sa. Con le vite che accadono, come foglie al vento.
Premio della giuria al Festival di Cannes, è candidato a due Golden Globe 2024.

Immagine del film "Foglie al vento" (Foto: Malla Hukkanen / Sputnik)

5. Close di Lukas Dhont (Belgio)

Già fattosi notare con Girl, il giovane regista belga Lukas Dhont regala un dolente spaccato di adolescenza, meraviglioso e straziante. Muove la camera con intimità su giochi, volti e rimorsi, prima sulla complicità luminosa e pura tra i due ragazzini interpretati da Eden Dambrine e Gustav de Waele, quindi su pensieri torvi, asperità, sensi di colpa.
Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes.

Immagine del film "Close" (Foto: Lucky Red)

6. Anatomia di una caduta di Justine Triet (Francia)

Palma d’oro del Festival di Cannes 2023, quattro candidature ai Golden Globe 2024, un giallo che è soprattutto dramma famigliare, dal ritmo francese e dai bianchi di neve sporca di sangue. Un film intelligente e sicuro di sé con Sandra Hüller scrittrice, moglie e madre impenetrabile, solida nella sua teutonica freddezza.

Immagine del film "Anatomia di una caduta" (Foto: Teodora Film)

7. Marcel the Shell di Dean Fleischer Camp (Usa)

Impossibile non innamorarsi di Marcel, piccola conchiglia in scarpe da ginnastica alla ricerca del senso della vita. Adorabile, buffo, ingenuo e anche un po' impertinente, è la creaturina da avere sempre con sé. Per ridere, per commuoversi, per assaporare il gusto delle piccole cose, per indagare i tanti irrisolti «perché». Marcel the Shell è il film d’animazione migliore del nostro 2023.

8. Club Zero di Jessica Hausner (Austria)

Passato troppo sotto traccia,Club Zero è senz’altro un film scomodo e audace. Gelido e in certi tratti quasi stomachevole. Sulla scia dei toni algidi e taglienti di Haneke, l’austriaca Jessica Hausner ordisce una satira sociale sulle ossessioni alimentari, dai colori acidi e dal ritmo imperturbabile. Protagonista Mia Wasikowska, che dal suo ritiro australiano si concede solo a film d’autore. È lei la nuova insegnante di una scuola d’élite che sprona i suoi adepti a un’alimentazione più attenta, più salutare, più ridotta…

Immagine del film "Club Zero" (Foto: Academy Two)

9. The Old Oak di Ken Loach (Regno Unito)

Il buon Ken non sbaglia mai. E, nonostante le miserie e le disgrazie che popolano i suoi personaggi, alla fine prevale la sua fiducia nella capacità umana di provare empatia. The Old Oak è il nome dell’unico pub rimasto in una cittadina inglese in declino. Qui attorno si muove una storia di integrazione e scontro, tra rifugiati siriani e autoctoni ingrigiti. Con il finale che si apre a un sentimentalismo educato: 87 anni e solito granitico impegno civile, a Ken è permesso.

Immagine del film "Tho Old Oak" (Foto: Lucky Red)

10. Il male non esiste di Ryūsuke Hamaguchi (Giappone)

Un film insolito e affascinante, dal finale inquietante da interpretare. In una piccola comunità rurale giapponese, nella prefettura di Nagano, va in scena la battaglia tra civiltà moderna e mondo della natura. Hitoshi Omika è il protagonista, padre e uomo saldo, ancorato a una vita semplice che segue i cicli e l’ordine della natura. Non il miglior Hamaguchi (Golden Globe e Oscar al miglior film internazionale con Drive my car), ma dopo la visione qualcosa di ancestrale e torvo rimane per un po’ addosso.
Leone d'argento - Gran premio della giuria alla Mostra del cinema di Venezia.

Immagine del film "Il male non esiste" (Foto: Tucker Film & Teodora Film)

11. Animali selvatici di Cristian Mungiu (Romania)

In Transilvania, Romania, un piccolo villaggio di montagna è crepato da risentimenti etnici ed economici. Si intrecciano lingue diverse, il rumeno e l’ungherese, e comunità di origini varie, rumeni ma anche magiari, tedeschi, rom. Rivalità antiche e nuove sono pronte a deflagrare sotto lo sguardo apparentemente asettico di Mungiu, che osserva e maneggia spietatamente. E serve poi un finale da grattacapo.

Immagine del film "Animali selvatici" (Foto: Bim Distribuzione)

12. Barbie di Greta Gerwig (Usa)

Ci voleva Greta Gerwig, penna arguta e astuta, per fare della più grande operazione commerciale del 2023 una sorta di film impegnato, nonostante tutto. Nonostante il colossale battage rosa, nonostante il corollario di merchandise by Mattel. Rivestendo la sua Barbie Margot Robbie del mantello - rosa - dell’inconsapevole paladina femminista, ci consegna una commedia divertente, visivamente abbagliante e a modo suo già iconica.

BArbie Margot Robbie e Ryan Gosling nel film "Barbie" (Warner Bros.)


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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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