Chef di montagna: alta cucina, in alta quota
La Langosteria di St.Moritz. Enrico Buonocore con lo chef Domenico Soranno.
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Chef di montagna: alta cucina, in alta quota

I crostacei della Langosteria e i celebri paccheri al pomodoro di Da Vittorio a Sankt Moritz. Le innovazioni dello chef guru Norbert Niederkofler a Brunico. Da Livigno a Cortina, passando per Courmayeur e l’Alto Adige, vademecum con i ristoranti top, stellati e non, dove degustare leccornie gourmet, circondati da paesaggi mozzafiato.

Il commendevole uomo delle nevi si chiama Norbert Niederkofler, altoatesino come Reinhold Messner. I suoi strumenti non sono piccozze e ramponi, bensì coltelli, pentole, griglie, taglieri: le armi del cuoco, quale in effetti Niederkofler è, fino ad aver raggiunto le vette delle tre stelle Michelin. È a lui che si pensa ogni volta che ci sediamo in un ristorante di alta quota con focus le specialità di montagna. Non importa che tutti siano allineati con la filosofia del guru altoatesino, evocarne la lezione viene spontaneo. È da un locale di Livigno (Sondrio) che inizia la nostra arrampicata tra i ristoranti di alta quota, stellati o meritevoli per la cucina raffinata. Il Téa del Kosmo (apre il 28 ottobre), primo fine dining di Livigno, guidato da Siria Fedrigucci con lo chef Michele Talarico, è la quintessenza dell’etica gastronomica diffusa da Niederkofler. Puntare sulla cucina che esalta boschi e alpeggi è un’operazione in fondo politica, di salvaguardia, di amore verso terre fragili e bellissime. Anche la sommelier, Giada Rosa, propone vini d’altitudine: del resto siamo nella parte alta della Valtellina, le ottime etichette non mancano. Téa in dialetto significa baita, e il locale, una bomboniera alpina nel complesso Kosmo Taste the Mountain, ne trasmette il calore.

Nel menu di chef Talarico, cresciuto alla scuola Niederkofler, ecco lo spaghetto con salsa di prugna e formaggio di grotta, il lingotto di trota della Valmalenco alle erbe alpine, il croccante alla verbena e miele ghiacciato.E ora andiamo all’origine, proprio nel regno del commendevole uomo delle nevi, a Brunico, all’Atelier Moessmer Norbert Niederkofler. Nella storica villa e azienda tessile, che collabora con grandi brand della moda, ha messo radici “Cook the Mountain”, movimento fondato da Niederkofler. Non solo ristorante tre stelle Michelin e stella verde, ma laboratorio di lusso per prodotti locali e tecniche di cottura e preparazione (brace, fermentazione). La montagna da mangiare coniugata alla poesia.In una capitale della montagna come Sankt Moritz spiccano, nonostante siamo in Svizzera, due brand italiani: Da Vittorio, dei blasonati fratelli Cerea, e Langosteria, dell’inarrestabile genio della ristorazione Enrico Buonocore. Il primo, bistellato, trionfa da 12 anni all’interno del Carlton Hotel. La regia in cucina è di Paolo Rota; i piatti non sono montani, ma esprimono la filosofia dei Cerea, a partire da classici quali i goduriosi paccheri alla Vittorio, da mangiare ben protetti dal bavaglione anti macchia (il ristorante apre la prima settimana di dicembre). In posizione panoramica, Langosteria St. Moritz fa, lassù in alto, i numeri cui il brand ci ha abituato: tavoli sempre pieni, gente felice, atmosfera chic ma rilassata, Champagne a fiumi. La ben nota, e invidiata, “formula Buonocore”. Da ordinare, il King Crab: non sembri strano papparsi tra vette innevate (il ristorante apre il 5 dicembre) un granchio delle profondità oceaniche. Altro piatto da non perdere, la baked potato con Caviar Kaspia.

La Langosteria di St.Moritz.

Non lasciamo Sankt Moritz senza indicare il Krone, ristorante con una stella Michelin, progetto di Fabio Rovisi e Carolina Moro affidato allo chef e ingegnere Stefano Ciabarri. I sapori sono quelli della cucina italiana, ma con attenzione ai prodotti dell’Engadina, scelti tra piccole aziende locali, nel rispetto degli equilibri ecologici. Non siamo ancora arrivati a Cortina e già abbiamo l’acquolina in bocca. Prenotiamo al ristorante SanBrite, luogo della “cucina rigenerativa” a opera dello chef Riccardo Gaspari. Che dice: “Un tempo non si mangiavano i cervi, ma si lavoravano i sedano rapa”. In carta, onore ai vegetali, al latte, ai formaggi, alla sincerità di ciò che dona la terra se coltivata con amore. Cortina, oltretutto, è stata teatro di Genesis, evento appena concluso, ideato da Gaspari. Chef e amanti della montagna insieme, alla riscoperta dell’equilibrio (perduto?) tra uomo e natura.

A Cortina ci sono anche il Vista, nel cinque stelle Rosapetra Spa Resort, e il Tivoli: due indirizzi da mettere in agenda. Al Vista - nome che è un programma, da qui il panorama è davvero spettacolare - c’è lo chef Fabio Manni: molto convincente la sua tagliatella al ragù di cervo. Al Tivoli, una stella Michelin con lo chef Graziano Prest, il focus sono le Dolomiti, senza escludere pesce di mare e citazioni piemontesi. Da ordinare, “Passeggiata nel bosco”, tataki di filetto di cervo, spugna di porcini, puccia croccante, maionese allo yogurt. Poco prima di Natale, apre per la stagione Terra the Magic Place a Sarentino (Bz), Relais & Châteaux con omonimo ristorante due stelle (e una verde). I fratelli Heinrich, chef, e Gisela Schneider, sommelier, sono cultori dello spirito di montagna. Le erbe spontanee delle Dolomiti sono protagoniste nel menu, anche con un toast a esse dedicato e una cerimonia del tè - di ispirazione orientale - con monarda, menta piperita, melissa, timo, garofano.

A Courmayeur, altra capitale delle nevi, c’è Pierre Alexis 1877, ex falegnameria trasformata in ristorante di alta cucina. È guidato dallo chef Stefano Alessandro Marchetto e condotto da tutta la famiglia. La relazione con il territorio è una storia d’amore passionale, che porta in tavola la trota di Morgex, i formaggi valdostani, il salmerino alpino. Chef Marchetto ha una buona abitudine: raccogliere di persona le erbe spontanee della zona. Presenti in menu influenze francesi e orientali, come si conviene a una cucina di giuste ambizioni. Già che siamo in Valle, prevediamo una sosta ad Aosta, non in alta quota, ma è pur sempre la porta delle Alpi. All’interno di un mulino del Seicento, ecco il Vecchio Ristoro, con una stella Michelin. Alla guida del ristorante lo chef e patron Filippo Oggioni e il maître e sommelier Paolo Bariani. Stagionalità, ormai un mantra per tutti, e cucina di montagna le linee guida del locale. Particolare il ricorso all’affumicatura, arte che chef Oggioni pratica con dedizione: da provare il risotto al sentore di fumo, per applaudirlo.

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Antonio Bozzo