La pasta tecnologica di Barilla si stampa in 3D
Il futuro è ora un nuovo artigianato digitale
Quanto l’evoluzione tecnologica impatta sull’industria alimentare? Tanto, tantissimo se questa domanda la fate a Barilla, azienda leader di mercato con oltre 140 anni di storia che a Parma nel suo headquarter ha iniziato anni fa a stampare la pasta in 3D.
Lo fa grazie a BluRhapsody®, la start up o lo spin off che sta reinventando uno degli alimenti simbolo del Made in Italy. La trasformano in altro, mettendo a servizio dell’artigianalità, tecnologie all’avanguardia perché, se cambiano gli usi e i costumi, ciò che non è mai stato scalfito da niente e nessuno è il ruolo centrale che la pasta ha nella nostra alimentazione.
Oggi si parla di cultura alimentare quando si vuole educare e sensibilizzare verso temi quali l’agricoltura sostenibile, la cucina circolare, il benessere nutrizionale e sociale. Su queste premesse poggia la scelta di Barilla di progettare il cibo e di farlo in modo sostenibile, considerando ogni aspetto del processo, dalla produzione alla distribuzione, passando per il suo consumo e l’eventuale riciclo dei rifiuti alimentari. Hanno così iniziato a pensare a come sarà il futuro, a che impatto avranno domani le tecnologie emergenti sul modo di produrre gli alimenti.
Sono passati decenni, eppure, l’attuale tecnologia della pasta è ancora legata a processi figli dell’industrializzazione di qualche decennio fa. La pasta si produce come una volta, attraverso l’estrusione di un impasto di semola di grano duro ed acqua, successivamente essiccata in condizioni di temperatura e umidità controllata. È così dalla notte dei tempi. Ma, allora, perché cambiare? Soprattutto per dare maggiore sicurezza, qualità e sostenibilità, perché è solo il crescente controllo tecnologico dei processi che garantirà l’impiego delle migliori materie prime, l’aderenza agli standard produttivi, un minor uso di risorse, l’ottimizzazione delle filiere e soprattutto la possibilità di avere zero scarti, dal momento che non verrà rimosso alcun pezzo dal prodotto stampato. E poi si potranno arricchire gli alimenti con vitamine, adattarli a restrizioni dietetiche, senza comprometterne estetica e sapore.
A Parma si sviluppa pasta, che un tempo si limitavano a produrre, e lo fanno partendo da principi matematici. Era il 2010 quando Barilla iniziò a ricercare. Erano gli anni in cui si stampavano i primi oggetti in 3D. Parliamo di deporre millimetricamente strati di materiale uno sull’altro. Forme per l’appunto, come quelle che l’azienda studia da sempre per i vari formati, per farli legare meglio al sugo. Non esisteva un’attrezzatura capace di stampare un impasto di semola di grano duro e acqua. Ci vollero tre anni per avere l’attrezzatura capace di realizzare il primo formato digitale. Era la dimostrazione concreta della flessibilità della tecnologia, con tutti i suoi limiti. Un pezzo, infatti, veniva prodotto in 15 minuti, contro i 100 milioni di pezzi che ogni giorno Barilla produceva con la produzione abituale nei suoi impianti.
Non era la velocità di produzione che si cercava ma la flessibilità, la possibilità di personalizzazione e di lavorare con impasti ricchi di ingredienti alternativi. Stava nascendo un nuovo artigianato digitale, legato al mondo della pasta.
BluRhapsody® riesce a “seccare” la pasta stampata in 3D solo dal 2022, prima era surgelata fresca: la catena del freddo però era un problema da risolvere. Ci sono voluti anni, funziona così con la Ricerca, nonostante si parli di un’arte antica come quella di seccare la pasta.
Quante barriere un simile prodotto avrà trovato proprio in Italia? Tantissime. Ma è un fatto culturale e di approccio al prodotto. Perché non è della solita pasta che stiamo parlando, ma di un suo uso completamente diverso. Loro in primis, gli esperti di casa BluRhapsody® ne parlano come di un finger food, una pasta contenitore, che si mangia con le mani, in momenti diversi dai soliti concepiti da noi italiani. Una pasta però pregiata ed in quanto tale venduta in cofanetti come fosse un collie di gioielli. Dodici pezzi del modello base costano 15,90 euro. Fate voi il conto di quanto costi, oggi, 1 kg di pasta stampata in 3D. Oggi, che siamo arrivati ad una macchina con nove ugelli capaci di produrre nove pezzi alla volta. È ovvio che siamo nel momento in cui le cose cambiano e solo quando la tecnologia sarà matura, i costi si abbatteranno. Per ora quelli di Barilla stanno portando la pasta in una nuova dimensione gastronomica. Mi sembra un buon inizio.
Roba da food-nerd, come il loro spaghetto stampato in 3D disegnato intorno al numero sette: 7 grammi, 7 minuti per stamparlo, 7 minuti di cottura. Il risultato è il disegno tracciato da una forchetta che ruota per arrotolare gli spaghetti. Il punto di partenza? La convinzione degli italiani che all’estero non si sia in grado di arrotolare gli spaghetti e soprattutto che non siano in grado di non stracuocerla.
I tecnici tutto questo lavoro lo chiamano Food Design, e se da un lato disegnano quello che mettiamo nel piatto, dall’altro si occupano di tutto ciò che lega il piatto al resto del mondo, «formando e distruggendo creativamente, costantemente, quella che noi chiamiamo tradizione» per dirla come il professore Stefano Maffei.