Alla scoperta dei Forum Studios di Roma, dove Ennio Morricone e centinaia di altri artisti hanno inciso i loro capolavori.
La storia scorre nelle pareti e tra le stanze dei Forum Studios di Roma, un tempio della musica nel cuore dei Parioli, che riproduce sotterraneamente lo stesso identico perimetro della basilica sovrastante, la Basilica del Sacro Cuore Immacolato di Maria. Una chiesa e una sala d’incisione unite da decenni tra loro da una manciata di cavi, quelli che permettono di collegare gli strumenti e le camere d’eco naturale della basilica al mixer dello studio di registrazione. Un trait d’union inusuale tra sacro e profano. «Le colonne sonore di Suspiria e Profondo Rosso (due dei film capolavoro di Dario Argento, ndr) sono nate così, utilizzando l’organo e la celesta, una piccola pianola a percussione montata su un mobiletto di legno dal suono «celestiale», che erano nella chiesa. Tutto quello che i Goblin di Claudio Simonetti suonavano veniva catturato dal mixer dello studio grazie ad alcuni cavi analogici lunghi una trentina di metri. Ancora oggi funziona così» racconta Marco Patrignani, custode e gestore di un luogo che è sinonimo d’arte e musica oltre il tempo.
Dire che gli Studios di piazza Euclide sono gli Abbey Road Studios italiani non è un’iperbole: nelle sale d’incisione di Piazza Euclide sono state registrate oltre tremila colonne sonore dal 1970 a oggi. Tra le tante, C’era una volta in America, La vita è bella, Nuovo Cinema Paradiso, il Postino, Il padrino – parte terza e Ultimo tango a Parigi. Nella leggendaria Sala A sono passati tutti i grandi della musica italiana e mondiale: da Renato Zero ad Adriano Celentano, Francesco De Gregori, Claudio Baglioni, Fabrizio De André, Fiorella Mannoia, Zucchero, i Duran Duran, Chet Baker, Vangelis, Gato Barbieri, Bruce Springsteen. «Bruce venne a provare con l’orchestra poco prima di esibirsi al Circo Massimo» ricorda Patrignani.
È uno spazio di eccezionali e magiche vibrazioni il Forum Studios, come se i muri avessero assorbito e trattenuto lo spirito e le intuizioni geniali degli artisti che lì hanno registrato i loro capolavori. Un’aura speciale che i musicisti avvertono e fanno propria: «Ultimo, che spesso viene a fare le prove con la sua band prima dei concerti, mi ha detto che negli studios “si respira un’energia stratosferica, contagiosa”» dice Patrignani. Le sale dove la musica viene immortalata su nastro sono in effetti un corpo vivo come sostiene David Byrne, mente dei Talking Heads, un illuminato della musica contemporanea che nel suo libro Come funziona la musica (Feltrinelli) scrive: «Il contesto in cui un artista opera è parte stessa della creazione musicale». Come lo è uno strumento. «Esattamente, i Forum Studios, sono uno strumento che vive di vita propria e risuona» aggiunge Patrignani. «Qui, Ennio Morricone, uno dei quattro maestri fondatori, insieme a Luis Bacalov, Piero Piccioni e Armando Trovajoli, ha registrato gran parte delle sue storiche colonne sonore» racconta. «Arrivava al mattino prima di tutti, prima ancora che gli studi fossero aperti. Per Ennio la musica era una cosa serissima, un esercizio matematico di disciplina e rigore. A differenza di quasi tutti i grandi compositori, lui scriveva sullo spartito non con la matita, ma con la penna. La prova evidente di una straordinaria trasmissione diretta e senza nessun filtro che andava dal cuore al cervello, alla mano e, infine, alla partitura. L’ho visto con i miei occhi regalare delle sue brevi composizioni ai musicisti che avevano lavorato con lui: “ti dono questo piccolo brano”, diceva, e poi lo scriveva sul pentagramma in diretta, con la stessa rapidità con cui si verga un biglietto di auguri» spiega.
«La magia della Sala A, 300 metri quadrati e sei metro e mezzo di altezza è la sua ineguagliabile versatilità. Uno dei segreti sta nel rivestimento sonoro commissionato da Morricone e gli altri ad un ingegnere acustico. Questo rivestimento, riflettente e assorbente al tempo stesso, è perfetto per il suono grandioso e di un’orchestra, ma funziona anche benissimo per i grandi artisti di altri generi musicali: penso alla batteria e alla sezione ritmica di un gruppo rock che non potrebbe incidere in uno studio che risuona come una cattedrale. Due mondi differenti che si sono incontrati quando ho prodotto il brano, Dear God, Please Help me, di un’icona rock come Morrissey degli Smiths, chiedendo a Ennio di occuparsi degli arrangiamenti. Non voleva, ma alla fine ha accettato. Non sapeva chi fosse Morrissey, mentre Morrissey sapeva benissimo chi fosse lui ed era emozionatissimo all’idea di collaborare con un genio assoluto. Con Morrissey c’era il re dei produttori musicali, Tony Visconti, che ha lavorato per decenni con David Bowie. Aveva con sé un greatest hits di Morricone e mi chiese, intimidito, se poteva farselo autografare» ricorda.
«I Forum Studios sono un “sole” che dà vita a raggi come l’Orchestra Italiana del Cinema che suona dal vivo mentre scorrono le immagini delle grandi pellicole. L’obiettivo è leggere il cinema attraverso la musica. Siamo a 300 concerti in tutto il mondo. Quest’anno il Roma Film Music Festival ha celebrato la colonna sonora di John Williams per Star Wars con ottanta elementi dell’Orchestra Italiana del Cinema e l’intero film sul grande schermo. Siamo reduci da tre sold out agli Arcimboldi di Milano. Una meraviglia» sottolinea con orgoglio. Ci sono le calligrafie del meglio dell’entertainment mondiale sul «wall of fame» che raccoglie le dediche di chi ha vissuto gli Studios e ne ha colto l’essenza: Oliver Stone, Brian De Palma, Quincy Jones, Compay Segundo, Vittorio Gassman che negli studi ha inciso come cantante, così come Sophia Loren. «Mantenere in vita e prendersi cura di una struttura “highlander” come questa richiede enormi sacrifici. In tutto il mondo di studi con queste caratteristiche ce ne sono al massimo una quindicina» conferma Patrignani che adesso svolge il lavoro che per anni hanno fatto i suoi genitori che a loro volta avevano rilevato l’attività dai «fantastici quattro» fondatori degli Studios. «Inconvenienti durante le registrazioni? Ne ricordo solo uno, quando si è sciolto il rotore di gomma dentro cui passa il nastro con le incisioni. Su quella bobina c’era l’incisione importante di un artista importante di cui non posso fare il nome. Ho passato tutta la notte a pulire manualmente centimetro per centimetro il nastro che nell’insieme sarà stato lungo un paio di chilometri. Mi sono sentito come se stessi mettendo mano alla Gioconda…».