Gabriele Muccino: 'Dirigere Jessica Biel e Uma Thurman? Facile e stimolante'
Così il regista di Quello che so sull'amore: "Ora mi piacerebbe lavorare con Anne Hathaway e Scarlett Johansson"
Quando intervisti un’attrice hollywoodiana, da Meg Ryan a Hilary Swank, e le chiedi da quale regista italiano le piacerebbe essere diretta, all’80% senti rispondere: "Gabriele Muccino". E quando domandi il motivo, ti dicono: "Perché è un regista che sa tirar fuori quello che hai dentro come pochi altri al mondo".
Che il padre de L’ultimo bacio giochi tutto sull’emotività è cosa nota, la visceralità dei sentimenti e delle relazioni umane è da sempre tema privilegiato della sua cinematografia. E l’ultimo Quello che so sull’amore - dal 10 gennaio in più di 450 sale, con un cast stellare che va da Gerard Butler a Jessica Biel, da Uma Thurman a Catherine Zeta-Jones passando per Dennis Quaid - non fa eccezione.
Incontriamo Gabriele Muccino.
Ha dichiarato che il suo film non è affatto una commedia romantica: come lo definirebbe?
Una commedia che vira verso il pathos, un film di relazioni umane con momenti di verità toccanti e commoventi, dove si parla di valori, della difficoltà di maturare e di un ritrovarsi che è parte delle nostre vite. A me piace fare film ibridi, non immediatamente definibili, anche in paesi come l’America che hanno bisogno di etichette e di vendere il genere.
Com’è dirigere premi Oscar e stelle hollywoodiane?
Facile, perché si rivelano i più umili di tutti. Sono molto duttili, in più hanno un bagaglio di esperienza incomparabile. È andata benissimo con tutti, anche se alcuni hanno sofferto di grandi tagli che mi hanno imposto.
Ad esempio?
Una scena con Uma Thurman, bellissima, dove lei era lo specchio della solitudine, mostrava tutta la vulnerabilità e la frustrazione del suo personaggio. Era un bel passo dalla commedia al dramma, ma non me l’hanno accettato.
La verità: Biel, Thurman e Zeta-Jones facevano le dive sul set?
No, niente capricci: sono dive, non hanno bisogno di comportarcisi. Sono state tutte disponibili. La prima volta che ho parlato con Uma eravamo a un ristorante a Bel Air e mi ha colpito che fosse una donna intelligentissima e modesta, oltre che seducente. Con tutte si è creato un forte legame e siamo rimasti in contatto. Per non parlare degli attori: Dennis Quaid ormai viene a trovarmi tutte le domeniche con i bambini.
L’attrice che sogna di dirigere?
Meryl Streep, ovviamente. Ma il mio prossimo film sarà tutto incentrato su una giovane donna - una dell’Ohio che va a Hollywood convinta sia la mecca dei sogni e scoprirà altro, ne verrà ferita, fino a trovare nell’amore il sogno, per poi sorprenderci nel finale - e penso già a Anne Hathaway e Scarlett Johansson. Vedremo.
Ora che in Italia è un regista seguito e in America lavora con gli attori più famosi del mondo come si sente?
Mi sento ancora all’inizio. Felice di avere aperte due porte in due Paesi diversi, ma sempre con la sensazione che ho ancora molto da fare. Forse perché vivo una situazione non facile, sono passato da un Paese in cui cinematograficamente facevo più o meno quello che volevo a un altro che non è il mio e dove la competizione è altissima: devo giostrarmi tra Robert Zemeckis e Ron Howard, perché ci piacciono gli stessi soggetti, è complicato. Ma ho tutta l’intenzione di continuare.