Il nuovo linguaggio della Gen Z: parole e frasi per raccontare se stessi e il mondo
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Il nuovo linguaggio della Gen Z: parole e frasi per raccontare se stessi e il mondo

Esplosione di nuovi termini tra i giovani: un vocabolario originale che definisce emozioni e stili di vita, ma che genera confusione e interpretazioni errate tra le generazioni precedenti

La Generazione Z, nota per la sua capacità di adattamento e creatività, ha creato un vocabolario inedito, un lessico fatto di espressioni che descrivono stati d’animo, personalità e situazioni. Un modo di comunicare che ha permeato vari ambiti, dalle piattaforme di dating ai social media, e che mostra la volontà dei giovani di raccontare il proprio vissuto in modo autentico e personale. Parole come "skibidi", "sigma", "short king" e "delulu" sono diventate simboli di una generazione che non teme di reinventarsi, attingendo da slang, riferimenti pop e termini virali.

Questo linguaggio, tuttavia, ha anche superato i confini della Gen Z, suscitando l’interesse – e spesso l’incomprensione – delle generazioni precedenti. Se per un giovane di vent'anni "sigma" è un termine chiaro, che descrive una persona indipendente e sicura di sé, per un adulto potrebbe suonare come una definizione enigmatica o una semplice moda. Parole come “sigma” e “rizz” (derivato da charisma per indicare fascino) appaiono spesso nelle bio dei profili Tinder, con un significato che i giovani intendono con estrema naturalezza. Ma quando le stesse parole vengono utilizzate dagli adulti, spesso perdono la loro freschezza, cadendo in contesti che fanno sorridere la Gen Z per la loro apparente goffaggine o incoerenza.

Un linguaggio in costante evoluzione

Alcune espressioni, come "red flag" o "green flag", non si limitano a descrivere specifiche qualità o difetti, ma raccontano interi mondi interiori. Una "green flag" segnala tratti positivi di una persona, mentre una "red flag" mette in guardia da comportamenti potenzialmente problematici, diventando termini comuni non solo tra i giovani ma anche tra i meno giovani, attratti dalla forza esplicativa di queste espressioni. Tuttavia, non di rado chi non è nativo della Gen Z tende a fraintendere o banalizzare questi termini, utilizzandoli in contesti che non ne colgono appieno il significato.

Inoltre, alcuni termini esprimono tendenze specifiche del momento, come "short king" per valorizzare uomini di bassa statura con carisma, e "delulu" – abbreviazione ironica di “delusional” – che descrive chi vive in uno stato di fantasia, spesso riferito a situazioni amorose o professionali. L’uso di questi vocaboli si estende velocemente, ma la loro risonanza perde smalto nel passaggio alle generazioni più adulte, dove l’inflessione ironica o il sottotesto vengono meno, riducendosi talvolta a una parodia involontaria.

Uno sguardo sociologico

L’impiego di questo linguaggio da parte della Gen Z racconta una visione del mondo che enfatizza la flessibilità e il cambiamento, adattandosi con agilità a situazioni che richiedono immediatezza e originalità. Eppure, mentre le generazioni precedenti tentano di appropriarsi di queste parole, l’effetto non sempre è quello previsto: non è raro che un’espressione come “rizz” venga usata in modo ironico dai più giovani proprio per sottolineare l’inadeguatezza di un contesto in cui viene usata in maniera impropria da un adulto.

Dietro queste parole e frasi, infatti, si cela una ricerca identitaria che va oltre il puro gioco linguistico: ogni termine diventa una sorta di cartina al tornasole di esperienze e valori della Gen Z, permettendo ai giovani di autoidentificarsi in modo immediato e condivisibile. La crescente popolarità di parole come “skibidi” e “sigma” riflette una generazione che fa delle proprie espressioni linguistiche uno strumento di autoaffermazione e distinzione.

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Marianna Baroli

Giornalista, autore

(Milano, 1986) La prima volta che ha detto «farò la giornalista» aveva solo 7 anni. Cresciuta tra i libri di Giurisprudenza, ha collaborato con il quotidiano Libero. Iperconnessa e ipersocial, è estremamente appassionata delle sfaccettature della cultura asiatica, di Giappone, dell'universo K-pop e di Hallyu wave. Dal 2020 è Honorary Reporter per il Ministero della Cultura Coreana. Si rilassa programmando viaggi, scoprendo hotel e ristoranti in giro per il mondo. Appena può salta da un parco Disney all'altro. Ha scritto un libro «La Corea dalla A alla Z», edito da Edizioni Nuova Cultura, e in collaborazione con il KOCIS (Ministero della Cultura Coreana) e l'Istituto Culturale Coreano in Italia.

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