Il solito Ibra: "Psg? Un sogno che si avvera"
Zlatan-show nel giorno della presentazione a Parigi: "Sono felice di essere qui. Faremo la storia e vinceremo". Nessun veleno sul Milan. Niente di diverso rispetto agli sbarchi del passato tranne il bacio (mancato) alla maglia
Questa volta la maglia non l'ha baciata come accaduto tre estati fa al Camp Nou. Niente bacio, ma il resto del primo show di Ibrahimovic da giocatore del Paris Saint German non ha tradito le attese. Camicia bianca e in mano la penna della firma d'oro, quella sotto il contratto che lo rende il calciatore più pagato in Europa. Emozioni? "Finalmente sono un giocatore del Psg e sono felice. E' un altro sogno che si avvera". Dice proprio così Ibrahimovic: "Un sogno che si avvera". Con mille ringraziamenti al Milan e a chi è venuto prima senza tradire lo 'stile Ibra' quello che lo obbliga ad abbracciare una nuova causa convincendo il mondo di non aver mai desiderato nulla di diverso.
Lo ha fatto anche a Parigi e non si è risparmiato: "Sono felice di far parte di questo progetto. Faremo la storia e io sono qui per vincere". Promesse? Eccole: "Ci divertiremo grazie ai trofei che porteremo a casa". Detto in inglese e tutto d''un fiato perché Ibrahimovic sceglie di parlare in inglese rifiutandosi di rispondere in italiano ai giornalisti volati fino a Parigi quasi per certificare il distacco dalla sua vita precedente. Dubbi? "Il Psg ha reso possibile qualcosa che sembrava impossibile. Quando hanno contatto il mio agente non ero sicuro che la cosa si sarebbe potuta fare" rivela. Lo avevano capito tutti che a Zlatan il passaggio in Francia non andava giu, ma i suoi mal di pancia non esistono più: "Considero questa squadra allo stesso livello di quelle in cui ho giocato - dice -. Non so se siamo tra le più forti, ma non ci sono molte squadre come questa".
Nulla di diverso rispetto alla tradizione. E' mancato il bacio alla maglia che aveva regalato ai tifosi del Barcellona. Non il resto del repertorio che magari tra qualche mese anche i media francesi, oggi tutti ai suoi piedi come la gente di Parigi, gli rinfacceranno ricordangogli promesse ed entusiasmi del passato. Nessuna differenza, nemmeno nel trattamento riservato al Milan: "Sono stato felice lì perché hanno aiutato me e la mia famiglia". Scaricato? "Non mi interessa parlare del passato. Sapranno restare grandi e vincere anche senza di me. Ho dato tutto e non ho nulla di negativo da dire nei loro confronti". Addio e grazie, insomma. Senza polemiche ma nemmeno senza troppa nostalgia.
E dire che Ibrahimovic non si è mai negato nulla nel giorno delle sue presentazioni. La sua biografia è una galleria di frasi celebri che hanno sempre avuto il potere di far infuriare i tifosi appena lasciati e godere quelli che abbracciava. Salvo fare capriole dopo pochi mesi per celebrare un nuovo passaggio di maglia. Una giostra iniziata il 25 novembre 2005 quando da qualche mese era un giocatore della Juventus. Giovane e promettente, prelevato da Moggi direttamente dall'Ajax che pure su di lui aveva investito la cifra più alta mai pagata sul mercato per un calciatore, Zlatan si presentò così: "Dopo la Juventus non c'è nulla. Penso che per mia sia l'ultima squadra, voglio restare sempre qua...". Parole un filino impegnative e spiegabili solo con l'entusiasmo di essere sbarcato in Italia: "La Juventus è al top del top - garantiva -. Per un giocatore bianconero è una sensazione come quella di stare al Real Madrid, al Barcellona o al Manchester United".
Meno di un anno e le certezze si erano già sgretolate. 10 agosto 2006, giornata di sole e caldo ad Appiano Gentile. Foto con al fianco Branca ed Oriali, sorrisi e una battuta destinata ad entrare nella storia: "Quando ero piccolo ero un tifoso nerrazzurro". Addirittura? Sicuro. Tifoso da sempre e con poster in camera nella sua Malmoe. E ancora idee chiarissime: "Sono arrivato in una squadra molto forte e il mio futuro è qua... Mi dispiace per i rifosi juventini ma la vita continua". Magra consolazione per un popolo che da quel giorno lo ha considerato lo 'zingaro mercenario' senza concedergli una seconda possibilità.
Stessa scena ma con palcoscenico diverso nella caldissima estate del 2009. Lascia l'Inter e vola al Barcellona sperando di agguantare finalmente la Champions League. Lui si presenta al Camp Nou vestito a festa per l'occasione. Bacio alla maglia (ma poi dirà "quel bacio quasi me lo imposero, me lo ripetevano tutti: bacia, bacia... Ero così emozionato di essere nel grande Barcellona che obbedivo a tutto"), sorriso a trentadue denti e garanzia: "Solo il Barcellona voleva e poteva acquistarmi. Venire qui a giocare con Messi, Xavi, Iniesta e gli altri è un onore... Chi non vorrebbe venire al Barca?". Già, chi? Uno scherzo del destino rese proprio quei campioni, insieme a Guardiola, i suoi nemici in una stagione di liti e polemiche.
Un anno più tardi altro trasferimento e altra frase ad effetto. In due tempi a dir la verità. Prima brandendo un microfono in mezzo al prato di San Siro davanti alla gente del Milan con il suo italiano sporco di inglese: "Oh... Ricordati. Simo viniuto qua per vincere e quest'anno vinciamo tutto". Concetto poi ribadito con forza davanti alle telecamere nella prima conferenza stampa: "Ho giocato in tante squadre nella mia carriera ma questa è la maglia più bella". Emozione, gioia, certezza di essere arrivato nell'ultimo porto di un lungo viaggio. "Questa è casa mia e finalmente ho ritrovato il sorriso" riesce a dire Zlatan. Poi sono arrivati gli sceicchi e una nuova scelta di vita.