In Trance, il nuovo film di Danny Boyle: 5 cose da sapere
Tortuoso puzzle sugli intrighi della mente, con l'inedito triangolo James McAvoy, Rosario Dawson e Vincent Cassel
Dopo l'estremo e coraggioso 127, con un meraviglioso James Franco a ripercorrere il calvario dell'alpinista Aron Ralston, Danny Boyle torna con una nuova sfida cinematografica, un'idea che gli è frullata in testa già dopo il film premio Oscar The Millionaire (2008). Ecco In Trance, thriller psicologico complesso e ambizioso, che mette insieme un trio di attori inconsueto, viso d'angelo James McAvoy, la bella Rosario Dawson e quel Vincent Cassel faccia da schiaffi e sensualità.
La sceneggiatura è del solito socio del regista inglese, John Hodge, al cui libro fu ispirato l'esordio cinematografico Piccoli omicidi tra amici (1994), autore anche dello script del cult Trainspotting (1996).
Dal 29 agosto al cinema, ecco cinque cose da sapere su In trance.
1) Un quadro di Goya all'origine di tutto
Come in La migliore offerta di Giuseppe Tornatore, dal mondo dell'arte e delle aste si muove un thriller che gioca sulla doppiezza e, soprattutto in questo caso, sulle trame più insondabili della psiche. All'origine di tutto - così pare - c'è un quadro di Goya battuto all'asta a Londra e rubato con un colpo criminale. Peccato però che la tela rubata sia poi introvabile per la stessa banda di delinquenti guidata da Cassel. Il suo complice, dopo aver subito un colpo in testa, ha un'amnesia e non ricorda dove l'abbia nascosta. L'unica via d'uscita sembra l'ipnosi. Entra così in scena la seducente terapeuta Elizabeth Lamb, ovvero Rosario Dawson.
2) Rosario Dawson femme fatale
Ipnoterapista, specialista che ha accesso ad aditi sconosciuti della mente, manipolatrice, ora vittima (Lamb, "agnello", è il cognome del suo personaggio), ora tessitrice. Così è il personaggio interpretato dalla Dawson. Non a caso il dipinto di Goya rubato è Streghe nell'aria, con un richiamo indiretto a forze oscure e potenti, su cui però Boyle non si sofferma granché. Rosario Dawson, attrice apprezzabile che sfugge agli stereotipi, in In trance è anche femme fatale. Nel triangolo ordito con McAvoy e Cassel è lei a brillare e ad elevarsi con maestosa sicurezza sui suoi compagni di set, autori di interpretazioni meno solide, ambigue e affilate. E quando meno te lo aspetti - inizialmente anche con l'impressione che sia fuori luogo - eccola che compare nuda come una Venere nera rinascimentale, in una scena memorabile. Ad arte.
3) Tanti generi mescolati insieme
Da sempre abile ad attraversare i vari generi con stile ed eleganza, questa volta Boyle mescola il noir all'heist movie (film con bande che organizzano colpi in modo accurato), la tensione sessuale all'intrigo psicologico e a giochi di potere. Si tuffa nelle tenebre dei peggiori impulsi del comportamento umano, in un viaggio alla scoperta del fluido e ingannevole mondo del subconscio.
4) L'indefinitezza di chi sia il buono e chi il cattivo
L'aspetto migliore di In Trance, più che il gioco a doppio taglio sui garbugli della mente, è il non creare confini tra chi è buono e chi è cattivo. I tre personaggi principali sono ambivalenti, a seconda delle anse della narrazione. Si muovono tra desideri estremi, atteggiamenti molto violenti, disperato istinto di sopravvivenza... Quando hai già levato dei giudizi su di loro, ecco che la realtà cambia, ecco che la percezione su di loro evolve.
5) Un film in trasformazione. Che non convince. Anzi sì?
Il regista inglese cuce un puzzle complicato sull'esplorazione della mente, in un continuo tira e molla con la realtà. A partire dalla seconda metà del film si susseguono scene un po' alienanti che confondono lo spettatore, in bilico tra visioni, proiezioni della psiche e vita reale. E quando ormai la mia pazienza stava per finire di fronte alle diverse incongruenze e implausibilità, ecco che Boyle ha cambiato totalmente le carte in tavola, con un guizzo imprevedibile che ha reso tutto (probabilmente) possibile (ho cercato finora di non cadere nello spoiler e non lo farò di certo ora, tranquilli). La sensazione che mi è rimasta addosso, però, non è quella di fascino rapito, quella avuta per esempio dopo un altro lavoro tortuoso come Inception di Christopher Nolan. La sensazione è invece di essere stata anch'io manipolata, come i personaggi di In Trance. Le immagini pulite ed eleganti, gli ambienti minimalisti e ricchi di specchi che richiamavano al doppio, sono forse l'emblema di un'opera che sembra sofisticata ma sotto ha poca profondità. La tensione, inoltre, è sporadica e incostante. Un film riuscito a metà.