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Piccolo produttore o industriale del vino?

Intervista a Cesare Cecchi, uno degli uomini più influenti nel mondo del vino in Toscana.

Cesare Cecchi è da sempre uno degli uomini più influenti nel mondo del vino in Toscana, uomo di visione, ex Presidente dell’Associazione Industriali di Siena ed oggi Presidente del Consorzio Vino Toscana, del quale fanno parte le più grandi aziende toscane.

In Italia c'è sempre stata una certa competizione nel mondo del vino fra il piccolo produttore e l'industriale, mentre in Francia Négociants di Bordeaux (equivalenti agli industriali italiani) come Calvet commercializzano Bordeaux a pochi euro anche con tappo a vite e contemporaneamente distribuiscono Chateau Maroaux ed anche importanti Brunelli. Come mai questa differenza?

La competizione è caratteristica di ogni comparto economico e anche se si declina in forme diverse, rimane fondamentalmente tale in tutti i paesi del mondo. Anzi direi che oggi, in un mondo globalizzato, certe differenze distributive si attenuano e si confondono sempre di più. È chiaro che la storia ha inciso molto nella formazione delle diverse dimensioni aziendali, ma quello che una volta , generalizzando, poteva caratterizzare l’attività e l’approccio al mercato in base alla dimensione, oggi è molto cambiato.

In Italia il consumatore è sempre stato prevenuto verso il vino prodotto dall'industriale, anche se l'Industriale è in grado di garantire tecnologie più avanzate, investimenti maggiori per garantire prodotti di qualità, sostenibilità della produzione, antinfortunistica sul lavoro, produzioni ecocompatibili, risparmio energetico e maggiori garanzie igienico sanitarie. Che evoluzione prevede in proposito?

«Il piccolo è bello» e l’artigianalità riscuote sempre un grande interesse e non solo nel nostro settore. Oggi come oggi quelli che una volta erano semplicemente piccoli produttori si sono molto evoluti e riescono per la preparazione che hanno, la possibile condivisione delle conoscenze, le possibilità di contatto e sviluppo che ci sono, a offrire prodotti di altissimo livello qualitativo.

Ma tutte le aziende, anche quelle più grandi, sono molto cambiate negli ultimi anni; seguono maggiormente tutto il processo produttivo dal vigneto alla bottiglia, segmentano maggiormente la loro offerta ed hanno massa critica che permette loro di affrontare i costi per accettare sfide sempre più grandi ed impegnative in un mondo così globalizzato. Pensare a una contrapposizione così netta è anacronistico e non più attuale. Questa impostazione è frutto troppo spesso di preconcetti e pregiudizi che affondano le loro radici nel tempo che fu, m non più attuali. E questo si tocca con mano andando a una delle tante degustazione che vengono organizzate.

Il consorzio IGT Toscana da Lei presieduto cosa sta facendo e cosa pensa di poter fare per la promozione delle eccellenze regionali?

Il consorzio in realtà inizia adesso a operare. Infatti, ha avuto il riconoscimento ministeriale (prerogativa necessaria per ogni tipo di azione che si voglia fare, ndr) molto recentemente, dopo un lungo lavoro di convincimento e coinvolgimento di tutta la filiera produttiva.

La priorità assoluta è tutelare il brand «Toscana», perché di brand si tratta, data la notorietà e la fama che ha la nostra regione. Sono passati molti anni dalla creazione dei supertuscan, all’inizio classificati come vini da tavola, che hanno fatto conoscere le capacità produttive della nostra regione e dei suoi produttori. Sono stati gli stessi che hanno promosso il loro territorio rendendolo così famoso e riconosciuto, tanto da essere oggi meta ambita da milioni e milioni di persone. Quindi come consorzio dobbiamo affrontare tutto un lavoro di registrazione del marchio, della tutela e della protezione dello stesso in caso di utilizzo improprio.

Tra gli altri compiti del consorzio c’è la gestione della indicazione geografica, tanto che abbiamo presentato al ministero e alla regione delle modifiche al disciplinare richieste da molti produttori. Inoltre il consorzio ha un compito di coordinamento e di rappresentanza tra i vari produttori e le istituzione pubbliche, Non ultimo come compito ha anche quello della valorizzazione e quindi sono e saranno messe in atto azioni che vanno in questo senso; organizzazioni di degustazioni, partecipazioni a fiere e manifestazioni, contatti continui con la stampa, etc.

Per la valorizzazione di un vino, di un territorio e delle sue eccellenze, risulta determinante il livello di formazione degli uomini che vi operano. A Siena abbiamo un centro di eccellenza della formazione vitivinicola, La Scuola Enologica Bettino Ricasoli. la quale rappresenta insieme alle altre nove consorelle fra cui Conegliano Veneto ed Alba una perla storica della Formazione Vitivinicola italiana. Riuscirà mai Siena a raggiungere il livello qualitativo di queste ultime?

Verissimo, quando si dice che occorrono uomini formati per la valorizzazione delle sue eccellenze. Ed è stata senz’altro questa crescita formativa e culturale che ha posizionato certi vini ai livelli attuali. Devo dire che su Siena in passato facevano riferimento molte attività oltre a quella formativa. Aveva sede a Siena l’accademia della vite e del vino, L’enoteca Italiana con funzioni promozionali e organizzative (mi ricordo quanto organizzavano la settimana del vino e prima ancora la fiera in Fortezza) e la scuola fu fondata proprio ad integrazione di tutta un attività che aveva sede a Siena. Purtroppo con il passare del tempo e le vicissitudini della città, tante cose sono cambiate. Certo poterla ulteriormente valorizzate e farla diventare un punto di riferimento per l’enologia Toscana sarebbe molto interessante e vantaggioso per tutta la filiera .

Dal punto di vista del marketing e della comunicazione il nostro comparto risulta più arretrato rispetto ad altre realtà, come si può recuperare questo gap e far capire ai produttori che oltre che sulla qualità del prodotto è importante investire anche sulla promozione?

Credo che ormai molti produttori abbiano capito quanto sia importante l’utilizzo delle leve del marketing e del mix di attività che occorrono per valorizzare la loro produzione. Anzi le aziende che ancora rimangono legate a modelli ormai obsoleti sono quelle che riscontrano i maggiori problemi. Oggi occorre essere al passo con i tempi, utilizzare leve nuove tecnologie e aggiornarsi continuamente anche per coloro che fanno piccole produzioni , per evitare che l’attività di produttore rimanga solo un hobby e come tale sia solo fonte di costi.

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Federico Minghi