Tutti i meriti di Allegri, architetto dello scudetto della Juventus
Ha cancellato Conte, convinto gli scettici, resettato la squadra, dato un ruolo a Dybala e usato il pugno duro (quando serviva)
Lo scudetto 2016-2017 consegna alla leggenda non solo la Juventus ma anche Massimiliano Allegri. Tecnico contestato (e mai completamente amato) dai tifosi bianconeri, seppure i risultati raggiunti e il percorso di crescita fatto compiere alla squadra lo iscrivano nell'eleno dei grandissimi di sempre tra quelli che hanno avuto il privilegio - e l'onere - di sedere su quella panchina.
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Ora che la rincorsa al sesto tricolore consecutivo si è completata, Max si è ricavato un posto nella leggenda e, legittimamente, anche l'opportunità di ripensare a tutte le cattiverie che hanno accompagnato i suoi tre anni in bianconero. Accolto a insulti, paragonato al ricordo di Conte soprattutto quando le cose andavano male (anche se è stato per poco tempo), mai completamente apprezzato per il gioco fatto esprimere alla squadra.
I meriti di Max sono tanti e spesso sottovalutati. E' vero, lavora nel club più ricco e meglio organizzato per distacco in Italia, ma questo non è garanzia di successo. Se la Juventus è arrivata fin qui lo si deve anche ad alcune sue scelte:
Nuovo ciclo dopo Berlino - Altri tecnici si sarebbero disperati all'idea di perdere mezza squadra (Pirlo, Tevez, Vidal e Morata) dopo la finale di Berlino 2015. Lui ha condiviso con la società il percorso di rinnovamento e lo ha accompagnato adattando se stesso e il gruppo alle nuove esigenze e potenzialità.
La scossa tattica di gennaio - Flessibilità e competenza confermate a gennaio 2017 quando ha resettato una Juventus che pareva un po' prigioniera della propria superiorità, l'ha ridisegnata con il nuovo modulo Fab5 e l'ha consegnata al finale di stagione nuovamente stimolata a crescere ad ogni allenamento e partita. Un capolavoro.
E la rivoluzione di aprile - Poi sotto traccia si è ripetuto in aprile 'inventandosi' Dani Alves esterno alto nella semifinale d'andata contro il Monaco, rinforzando la diga dietro con Barzagli e cambiando nuovamente pelle alla Juventus quando tutti erano convinti ormai che si andasse solo con il 4-2-3-1 iper offensivo...
L'esplosione di Dybala - Che Paulo fosse un potenziale fuoriclasse era chiaro da subito. Che potesse diventare un candidato al Pallone d'Oro in tempi brevi, invece, passa solo dalla capacità di Allegri di cucirgli addosso posizione e movimenti che lo hanno fatto crescere. Non era semplice, considerata l'abbondanza di prime donne nel reparto.
Rapporto con i senatori - In 36 mesi (scarsi) è stato capace di lanciare i giovani senza bruciarli e allo stesso tempo mantenere aperto il dialogo con i senatori. Che gli è servito nel momento della crisi nell'autunno 2015 e anche quest'anno, quando si è trovato ad affrontare qualche tensione di troppo dentro lo spogliatoio. Affidarsi a Buffon e agli altri non lo ha, però, fatto perdere di peso e autonomia.
Ha usato il pugno duro (quando serviva) - L'esempio più chiaro è la punizione di Bonucci nella gara d'andata dell'ottavo di Champions League contro il Porto. Leo in tribuna e rischio massimo in una sfida delicatissima. Ha vinto, spalleggiato dalla società, e il successo gli è servito per ribadire gerarchie e rapporti di forza a Vinovo. Mossa azzardata e vincente.
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Capace di sognare in grande - Allegri ha sempre indicato nel sesto scudetto consecutivo l'obiettivo principale della stagione per il significato storico che si portava dietro. Però non ha mai nascosto che l'Europa poteva diventare terra di conquista. Passo dopo passo, senza proclami ma nemmeno mostrando falsi pudori.
Sordo con i critici - "Allegri è un difensivista che fa giocare male la Juve" "Con quella squadra vincerebbe chiunque" "Non si può mettere il pullman davanti alla porta". Quante ne ha sentite in questa stagione? Si è messo i tappi nelle orecchie e qualche volta se li è levati per rispondere togliendosi qualche sassolino dalla scarpa. L'impermeabilità a un ambiente a tratti iper-esigente è stato uno dei suoi punti di forza.
Oltre le imperfezioni - Tra i suoi meriti anche quelli di saper correggere le imperfezioni di un mercato che, per il secondo anno consecutivo, è terminato con la grande incompiuta. Draxler 2015 è diventato Witsel 2016 con beffa nel gennaio 2017. Tutti a dire che mancava il centrocampista di qualità per fare il salto definitivo in Europa e lui si è inventato il centrocampo a due potendo così godere anche di una meravigliosa rotazione Khedira-Pjanic-Marchisio. Senza inseguire i rimpianti e mettersi in contrasto con la società.
In generale Allegri ha cancellato il ricordo di Antonio Conte. Non solo nei numeri, perché agli scudetti ha aggiunto le coppe Italia e la crescita in Europa, ma anche nella percezione di essere uno da Juventus. Non era scontato il giorno in cui è arrivato a Vinovo accolto da insulti e scetticismo. E' la sua vittoria maggiore, anche se non troverà mai posto nella bacheca dei trofei di casa sua.