Kim Jong Un usa il surf per rilanciare il turismo
Il dittatore coreano vorrebbe sedurre sia il mercato interno sia quello estero
Duemila settecento cinquanta dollari per andare a fare surf in Corea del Nord, nella terra di Kim Jong Un. E' l'ultima iniziativa del dittatore per rilanciare il turismo nel Paese che, sebbene le frontiere siano state aperte un anno fa, è crollato del 40%.
La zona migliore per attirare gli amanti delle onde sarebbe la costa est del Paese e pioniere dell'inziativa è un italiano, Nicola Zanella, allentatore, tra l'altro, della squadra di Surf cinese. Proprio oggi Zanella, con 20 "colleghi" è partito alla volta di Pyongyan, a caccia di onde.
Se la missione dovesse avere buon esito Kim Jong-Un sarebbe pronto a dare l'autorizzazione per i surf camp dedicati sia a coreani sia a stranieri.
Per capire come operare, ironia della sorte, il dittatore si è rivolto ad un tour operator specializzato che ha sede negli Stati Uniti e che si chiama Uri Tours.
L'obiettivo è quello di invogliorare i surferi ad avventurarsi in un tour da veri pionieri battendo una costa dove mai nessuna tavola si era posata.
Si farà attrarre dalla Corea del Nord la comunità del surf da sempre pacifica e poco incline ai militarismi e alle regole? Andranno d'accordo i piedi nudi degli amanti delle onde con le divise di Kim Jong Un? Sarà sufficiente l'attesa dell'onda perfetta per passare sopra ai diritti umani calpestati, ai campi di concentramento per dissidenti politici e ad un dittatore che con la poetica del surfer non ha niente a che fare?