L'Italia agli Europei 2^ parte (dal 1976 al 1984)
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L'Italia agli Europei 2^ parte (dal 1976 al 1984)

Da Bernardini a Bearzot, gli azzurri iridati di Spagna deludono agli Europei. Tanti campioni in campo, tantissime delusioni nelle gare che contano

1976 - JUGOSLAVIA

Archiviata la fallimentare esperienza dell'edizione precedente, naufragata ancora prima che iniziasse veramente, la Nazionale cambia pagina e in modo radicale. Il presidente federale Artemio Franchi dà il benservito a Valcareggi e affida a Fulvio Bernardini il compito di riportare entusiasmo e risultati in casa azzurra.

Prima operazione del nuovo ct, il rinnovamento radicale della rosa di giocatori a disposizione. Vengono lasciati a casa le "vecchie" glorie Riva, Rivera, Mazzola e Burgnich per fare a posto a qualcosa come 55 giocatori (tra i quali, anche tre promesse della serie B e addirittura un calciatore di serie C), che vengono convocati in occasione delle prime amichevoli della nuova gestione. Una piccola, grande rivoluzione. Bernardini vuole cambiare registro rispetto alle scelte di Valcareggi e lo dimostra sul campo.

Non cambia la formula dell'Europeo, che nella fase finale sarà disputato in Jugoslavia, e in particolare in due stadi, quello della Stella Rossa di Belgrado e  il Madsimir di Zagabria. 32 le squadre che accedono alla qualificazione, 4 quelle che si giocano il trofeo.

L'Italia è inserita nel gruppo 5, con la fortissima Olanda di Cruyff e Rensenbrink, la modesta Polonia e i semi-dilettanti della Finlandia. La prima gara si gioca a Rotterdam, davanti a quasi 60 mila spettatori. Gli azzurri scendono in campo con gli alfieri Zoff, Boninsegna, Juliano e Anastasi e ben 5 esordienti: Rocca, Roggi, Orlandini, Zecchini e Antognoni. Inizia bene, finisce malissimo. Italia avanti al 5' con Boninsegna e poi tanta Olanda, con gol, guarda un po' di Rensenbrink e doppietta di Cruyff. Prima partita di qualificazione, prima sconfitta. L'arbitro Kasakov (Urss) sbaglia tantissimo pro Olanda e infatti non dirigerà più incontri di livello internazionale.

Nelle partite che seguono, Bernardini non riesce a trovare il bandolo della matassa. La nazionale pareggia a reti inviolate in amichevole contro la Bulgaria e si ripete qualche mese più tardi contro la Polonia, in casa, per gara 2 del girone di qualificazione. All'Olimpico di Roma, altro rinnovamento in casa Italia. Il ct fa esordire Gentile, Cordova, Graziani e Morini, e dà fiducia a giocatori con pochissime presenze in azzurro, vale a dire Pulici, Antognoni, Rocca e Bellugi. Vero, ci sono sempre Zoff e capitan Facchetti, ma non basta.

Il 5 giugno del 1975 arriva la prima vittoria della gestione Bernardini. 1 a 0 in Finlandia contro i modestissimi avversari scandinavi. E per giunta su rigore, grazie a Chinaglia. Franchi non si fida più e cambia ancora le carte. Ad affiancare un criticatissimo Bernardini, che da quel momento diventa supervisore, spedisce un certo Enzo Bearzot, che si accomoda in panchina e prova a sistemare le cose.

Che però non migliorano come si sperava. L'Italia pareggia in casa contro la Finlandia, 0 a 0 e tanti sbadigli, e fa lo stesso in Polonia, anche se il gioco è più convincente. L'ultima partita del gruppo si gioca a Roma contro l'Olanda. Ma il risultato conta poco, perché gli orange sono già qualificati per migliore differenza reti nei confronti della Polonia. Finisce 1 a 0 per gli azzurri. Segna Fabio Capello. L'Italia viene eliminata ancora una volta nella fase di qualificazione. Come nel 1964 e nel 1972.

1980 - ITALIA

In occasione della seconda edizione dell'Europeo in salsa italiana, l'Uefa decide di portare a 8 il numero delle squadre ammesse di diritto alla fase finale e consegna al Paese organizzatore, vale a dire l'Italia, il pass per le partite che contano, risparmiandola così dalle insidie dei gironi di qualificazione.

La Federcalcio conferma Bearzot alla guida della Nazionale. Al Mondiale argentino del '78 l'Italia si è classificata al quarto posto, eliminata in semifinale da una temibilissima Olanda. Il gruppo c'è e sembra compatto e allora via libera al "vecio" per proseguire il lavoro che dura ormai da 4 anni.

Strada in discesa? Tutt'altro. Due i problemi grandi come una casa che deve gestire il ct alla vigilia della fase finale. Il primo arriva da lontano. E riguarda la nuova formula varata dall'Uefa. Sì, perché giocare la fase finale senza essere passati dalle qualificazioni si rivela un limite più che un vantaggio. Le amichevoli sono utili quel tanto che basta per scendere in campo con la stessa maglia, poco altro. Non c'è l'agonismo delle partite che contano davvero, quelle da dentro o fuori.

L'Italia organizza 12 amichevoli e fa quel che può per tenersi in forma. Sembra che l'iniziativa funzioni. Il bilancio è di 8 vittorie, 2 pareggi e soltanto 2 sconfitte (Cecoslovacchia e Jugoslavia). Insomma, tutto torna a guardare i risultati. Ma la convinzione non dura tantissimo, anzi.

Il secondo problema con cui deve confrontarsi l'Italia di Bearzot è di stretta attualità e si chiama calcioscommesse. Paolo Rossi e Bruno Giordano vengono coinvolti dalle indagini e non possono partecipare all'Europeo. La notizia arriva a meno di tre settimane dall'inizio della fase finale ed è subito allarme. Il tecnico della Nazionale si vede costretto a richiamare in azzurro Ciccio Graziani e a convocare, tra la sorpresa generale, Roberto Pruzzo.

L'Italia viene inserita nel gruppo B, con Belgio, Inghilterra e Spagna. La prima di ogni girone accede alla finale per il primo posto. Le seconde si giocano l'ultimo posto disponibile sul podio.

Nella gara d'esordio, gli azzurri giocano a Milano contro la Spagna. Tra i titolari, ci sono quasi tutti i giocatori che faranno grande l'Italia ai Mondiali dell'82 in terra iberica. La formazione che scende in campo contro le Furie rosse viene ancora oggi recitata come un mantra dai calciofili più affezionati: Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea, Causio, Tardelli, Graziani, Antognoni, Bettega. Non si va oltre lo 0 a 0.

Nella seconda partita, che questa volta si gioca a Torino, l'Italia incontra l'Inghilterra di Wilkins e del capitano Keegan. Protagonista assoluto dell'incontro, Marco Tardelli, che si inventa una rete strepitosa che mette al tappeto gli avversari. 1 a 0 al 78'. Grande Italia, grandissimo Tardelli.

Ultimo impegno, quello decisivo. L'Italia se la deve vedere con il Belgio, che grazie ad una migliore differenza reti con la squadra di Bearzot può raggiungere il primo posto del girone e quindi la finale di Roma con un semplice pareggio. Scontato il copione della gara. Italia all'arma bianca e belgi a difendere un traguardo storico. Inutili gli assalti della nostra rappresentativa, la difesa della selezione di Thys tiene benissimo. E' 0 a 0, bye bye Europeo.

La competizione per i nostri si conclude ufficialmente il 21 giugno del 1980. A Napoli, va in scena l'incontro per il terzo posto tra l'Italia e la Cecoslovacchia. Anche qui, non si va oltre il pareggio (1-1, gol di Graziani). Ai rigori, la beffa definitiva. Gli avversari ne mettono dentro 9, uno dietro l'altro. L'Italia si ferma a quota 8. Sbaglia Collovati. Alla prossima.

I convocati azzurri per la fase finale: Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli, Bettega e Causio (Juventus); Baresi, Collovati, Maldera e Buriani (Milan); Baresi, Bordon, Oriali e Altobelli (Inter); Bellugi (Napoli); Antognoni e Galli (Fiorentina); Benetti e Pruzzo (Roma); Zaccarelli e Graziani (Torino).

1984 - FRANCIA

Gli azzurri sono reduci dal trionfo del Mundial '82, l'entusiasmo è a mille e le aspettative pure. L'Italia di Bearzot, confermatissimo alla guida della Nazionale, gode dei favori del pronostico per la vittoria finale. Tuttavia, in Francia non ci arriverà mai, a causa di prestazioni tutt'altro che esaltanti e di una vecchia guardia che delude oltremodo e raccoglie pochissimo.

Non cambia la formula dell'Europeo. Si prosegue lungo la strada battuta nel torneo precedente. 8 squadre per la fase finale, una trentina o poco più quelle che si dovranno sudare il diritto di arrivare a Parigi passando dalle qualificazioni. L'Italia viene inserita nel gruppo 5, con Romania, Svezia, Cecoslovacchia e Cipro. Al turno successivo accede soltanto la prima classificata.

Che le cose non vanno come dovrebbero andare lo si capisce dopo le prime tre partite. 2 a 2 contro la Cecoslovacchia, 0 a 0 contro la Romania (entrambe le gare giocate davanti al proprio pubblico), 1 a 1 a Cipro, roba da far accapponare la pelle. L'Italia è sgonfia, non gira a dovere, sbaglia tantissimo e non trova il modo per risollevarsi. Tuttavia, il crollo, quello vero, arriva sabato 16 aprile, a Bucarest. Sulla panchina della Romania, siede un giovanissimo Mircea Lucescu. A lui va il merito di riuscire a imbrigliare gli azzurri come meglio non si potrebbe. Segna Boloni al 23', Romania 1 - Italia 0.

Siamo all'epilogo, o quasi. C'è ancora tempo di rimediare un'altra sconfitta in Svezia (2 a 0) e poi è rivoluzione. E' la fine dell'avventura italiana agli Europei e l'inizio di un nuovo corso per la truppa di Bearzot, che da quel momento in poi userà le partite di qualificazione per sperimentare e provare nuove soluzioni in previsione del Mondiale messicano del 1986. Il ct fa giocare Bergomi, Bagni, Vierchowod, Franco Baresi, Ancellotti, Righetti, Giordano. Ha capito che non ci sono più speranze di riacciuffare l'Europeo e approfitta degli impegni in calendario per muovere pedine e immaginare soluzioni alternative.

Soluzioni che non entusiasmano da subito. Perché l'Italia perde ancora e perde male. Prima a Napoli contro gli svedesi, 3 ceffoni a 0, un mezzo disastro. Poi contro la Cecoslovacchia, a Praga. Loro, gli avversari, ne segnano 2, noi 0. Ancora 0. L'Italia raccoglierà la prima e unica vittoria del girone di qualificazione in casa contro Cipro. 3 a 1 e tantissime recriminazioni per un'avventura che non è mai davvero cominciata. In tutto, 6 reti in 8 gare, di cui 4 contro Cipro. Queste le proporzioni della resa.

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Dario Pelizzari