La prima volta al Tazio Nuvolari, l'autodromo del nord-ovest
Un circuito tanto tecnico e vario quanto divertente, collocato in una posizione strategica per i rider di Lombardia, Liguria e Piemonte
Da anni - almeno un paio ma forse anche tre - non ci capitava più una "prima volta", con tutte le circostanze del caso: dalle ore passate a studiare gli onboard e la mappa del tracciato, a quella forma di euforia mista a inquietudine e tensione emotiva che soltanto chi ha appoggiato una saponetta sull'asfalto è in grado di comprendere.
Il deja vu è avvenuto al Tazio Nuvolari, aka circuito di Cervesina, la località in provincia di Pavia che ospita il nastro da 2.804 m di asfalto che dista 70 km da Milano, circa il doppio da Torino e appena un centinaio da Genova.
L'autodromo del nord-ovest, lo abbiamo battezzato, una struttura in posizione strategica che mancava al ricco bacino di utenza pistaiola dei tre capoluoghi di regione.
Carichiamo le moto sul furgone che il sole è ancora basso e la temperatura pure, in questa domenica di primavera. Un tratto di tangenziale, poi imbocchiamo l'autostrada che collega Milano a Genova e mettiamo la freccia al casello di Casei Gerola.
Una manciata di chilometri tra paesi e campi coltivati e siamo alle porte dell'impianto. Il colpo d'occhio, adesso, è silenzioso come il Grande Fiume che scorre qui vicino. Appena varcato l'ingresso, incontriamo l'ideatore e proprietario della struttura, che ce ne racconta la genesi: "Una nascita un po' paradossale - spiega Giorgio Traversa, imprenditore nel campo delle costruzioni - perché io sono prima di tutto un appassionato di fuoristrada."
Continuiamo la nostra esplorazione per il paddock, dove si respira un po' di aria retrò per via di quei vecchi pullman e - proprio così - caselli autostradali degli anni '80-'90. Ma a parte questo, il resto dimostra tutta la giovinezza dei suoi soli due anni di vita.
I primi passi
Prima di sistemare la moto e l'attrezzatura in uno dei 29 box della struttura che l'organizzazione ci ha assegnato, ci mettiamo in fila per sbrigare le pratiche burocratiche. Quando arriva il nostro turno, ad accoglierci c'è Chiara Cuccuru, titolare della Motorace Sport, la società che gestisce le giornate in pista dedicate alle moto.
La "prima volta" su un circuito nuovo è una somma di euforia e inquietudine
Mentre ci consegnano la tag da applicare sul cupolino della moto e il braccialetto di riconoscimento, ci spiegano com'è strutturata la giornata che si avvia a cominciare. "Si tratta di un evento cosiddetto open pit lane - precisa Chiara - cioè i piloti non sono organizzati in gruppi omogenei per capacità e tempo sul giro, bensì possono entrare e uscire dal tracciato a loro piacimento".
Seguiamo Carlo, che ci accompagna nel luogo in cui si svolge il briefing obbligatorio durante il quale vengono impartite tutte le comunicazioni e le informazioni fondamentali per poter girare in pista con la massima sicurezza possibile, la propria e quella altrui.
Il circuito
Mentre la musica che fuoriesce dagli scarichi delle moto che sono già in pista si diffonde nell'aria, noi procediamo alla vestizione e dopo una decina di minuti le gomme sono libere dalle termocoperte, calde come pure il motore, e alla giusta pressione.
Siamo in pit lane, pronti a entrare in Curva 1, una fase che richiede un po' di accortezza data l'elevata velocità a cui inseriscono le moto dopo la staccata alla fine del rettilineo di 720 m (una 1.000 in mano a un pilota esperto arriva anche ai 270 km/h). Il consiglio, qui, è di evitare categoricamente di entrare in pista nell'ultimissimo tratto di rettifilo preferendo invece posticipare fino alla curva.
Nelle giornate "open pit lane" si può entrare e uscire dal tracciato a proprio piacimento
Questa curva, che è una destra molto veloce, va affrontata tenendosi il più larghi possibile e ai 150 m va dato il via alla staccata. Giù 2 o 3 marce, a seconda del rapporto, e si va a cercare il cordolo interno, restando stretti in modo tale da riuscire ad aprire presto il gas andando a cercare il cordolo esterno.
Curva 2 è un'altra destra, questa volta molto lenta, da percorrere in 2a marcia, per poi arrivare alla successiva, il tornantino a sinistra che è una delle più lente dell'intero tracciato.
In uscita troviamo la prima delle due chicane del tracciato, che si affronta in terza/quarta. Scalata e altra staccata violenta per il rampino a destra che, dopo un breve rettilineo dove si spalanca la seconda fino a vedere la ruota anteriore che punta al cielo, lascia il posto a una doppia a destra da raccordare, che va interpretata con una traiettoria quanto più possibile centrale.
In uscita si spalanca il gas, si infila una marcia e, scalandone una subito dopo si entra il più rapidamente possibile nella seconda chicane, preludio all'ultima staccata prima del rettilineo finale, una destra da 2a marcia da affrontare cercando di stare il più possibile attillati al cordolo interno. Al punto di corda, si apre il gas e si snocciolano tutte le marce. Questa curva rappresenta un punto un po' critico, per via della presenza del muretto dei box che corre vicino all'estremità sinistra del rettilineo.
Dopo una ventina di minuti al suo interno, l'impressione è di aver giocato su un circuito molto tecnico, una sequenza di curve di tutti i tipi, alcune delle quali molto particolari e ostiche da interpretare, e che lascia davvero poco spazio all'improvvisazione. A conferma di tutto ciò c'è il nostro crono, che segna tempi molto alti, unitamente a una certa straniazione generale. Alla fine della mattinata, facciamo il punto della situazione e ci ritroviamo un po' sconfortati.
Un circuito molto tecnico, una sequenza di curve di tutti i tipi, alcune delle quali molto particolari e ostiche da interpretare
Alla ripresa pomeridiana, per una di quelle alchimie che non si spiegano mai del tutto, nonostante non abbiamo cambiato nulla sulla nostro moto, il feeling con il tracciato sembra essere fin da subito un po' migliore, e la maggiore familiarità - com'è naturale che sia - produce effetti benefici sul tempo sul giro, che scendono giro dopo giro, in maniera inversamente proporzionale al divertimento, che invece sale, e addirittura si impenna.
In definitiva, per chi scrive, il bilancio complessivo è molto positivo, con l'elevata tecnicità del tracciato e la velocità del rettilineo principale che vanno annoverate tra i plus e che, quando verranno combinate con l'allungamento in cantiere che lo porterà a superare i 4 km complessivi (sui tempi, il riserbo è ancora massimo), produrrà una impianto di altissimo livello, in grado di ospitare anche manifestazioni agonistiche di respiro internazionale. Pollice su anche sul fronte della sicurezza, con vie di fuga sempre ben proporzionate alle curve, mentre riteniamo che i corridoi di ingresso e di uscita alla pista siano migliorabili.
La dotazione tecnica della moto
Dopo la tre giorni ad Aragon del mese di marzo, questa a Cervesina rappresenta la quarta giornata in cui la nostra Triumph Street Triple RX ha messo le gomme su un nastro d'afalto circondato da cordoli. A parte l'assenza dei fari anteriori, la moto è scesa in pista nuovamente in configurazione di serie, fatta eccezione per la sostituzione del terminale di scarico originale con lo Zard conico in acciaio inox, per le pastiglie racing Brembo RC e per l'aggiunta di un plexiglass alto e della vasca aperta in vetroresina di PlasticBike, che ci ha fornito anche le protezioni in carbonio del telaio.
La presenza nel box accanto al nostro di una star come Rodolfo "Rudy" Gaggiolo, plurivittorioso nella categoria Naked del Trofeo Motoestate con la sua Street Triple 675, ha reso inevitabile consegnare il nostro mezzo nelle sue mani, per capirne lo stato di salute generale e individuare eventuali problemi che il nostro occhio poco esperto in materia potrebbe non aver colto.
La Street Triple RX derapa in ingresso e impenna in uscita che neppure una supermotard...
Assistere così da vicino alla sua fluidità di guida mentre entra in curva in derapata con lo pneumatico posteriore che "spazzola" e stride in ingresso, e l'anteriore che impenna a ogni uscita, anche con una moto di serie, è un'esperienza straordinaria.
Dopo tre giri, prima di riporla nelle nostre mani, ci dà il suo feedback: "Moto perfetta. Ricorda solo, prima di ogni ingresso, di eliminare l'Abs, che nelle staccate più forti rischia di allungare un po' troppo lo spazio di frenata. Per ridurre il trasferimento di carico sulla forcella, invece, proverei a indurire un po' il precarico. Un paio di giri, non di più."
La dotazione tecnica del pilota
Per quanto riguarda la dotazione tecnica di chi scrive, la sicurezza del corpo è stata affidata ancora una volta alla tuta professionale dotata di airbag D-Air Racing, abbinata al paraschina Wawe, agli stivali Axial Pro In e ai guanti Full Metal Pro, il tutto firmato Dainese, mentre alla salvaguardia dell'estremità superiore ha provveduto il casco X-Lite 802-R Ultra Carbon.
Le gomme
Abbiamo dedicato la sessione di prove libere del pomeriggio anche a ripetere, nel corso di lunghi stint, la prova di longevità alla quale, negli anni passati, abbiamo sottoposto le nostre Michelin Power Cup. In questo caso, l'oggetto del test è stato rappresentato dalle eredi di queste ultime, le Power Cup Evo che abbiamo montato nella classica misura 120/70 R17 all'anteriore e 180/55 R17 al posteriore.
Come di consueto, avevamo con noi gli appunti di Roberto Venesia, Responsabile Competizioni Moto di Michelin Italia, sul setting delle sospensioni e sulle pressioni degli pneumatici più idonee ad assecondare le caratteristiche del manto di Cervesina: "Le caratteristiche della carcassa delle nostre coperture, unitamente alle irregolarità dell'asfalto, suggeriscono di privilegiare idrauliche aperte e un precarico sostenuto, specialmente in abbinata a molle tenere".
"A proposito delle pressioni - continua Venesia - il nostro suggerimento è di cominciare impostando quella anteriore a 2,4 bar e la posteriore a 1,8 bar, ovviamente a caldo, dopo almeno 40 minuti di termocoperta e 4 giri di pista. Via via che la temperatura dell'asfalto salirà, potrete diminuire quella della gomma dietro fino a un minimo di 1,5 bar, in modo da aumentare la superficie di contatto con il suolo e di conseguenza il grip".
Il risultato del mix tra i suddetti elementi è stato un consumo perfetto e senza il minimo cenno di strappo del battistrada posteriore sull'intera superficie della spalla, perfino sul lato destro, parecchio sollecitato in Curva 1 da percorrere con il gas "bene in mano" e poi nella destra che immette sul rettilineo principale. Oltre a questi ultimi due frangenti, tra i punti critici del tracciato vanno annoverati anche Curva 3, un tornantino a sinistra, e il rampino a sinistra che fa seguito alla prima chicane: qui, in entrambi i casi, l'asfalto risulta piuttosto scivoloso.