Libri da leggere per chi vuole scalare le montagne
Nonostante i tanti ingorghi di scalatori sull’Everest, la montagna esercita la sua attrazione, imperturbabile alle nebbie della quotidianità. Ecco che un’«onda» di nuovi volumi, tra saggi, romanzi, memorie di fuoriclasse, mette anche i meno allenati alle altitudini sulla via delle cime...
«E' squillato il telefono, ho risposto e l’enfant prodige dell’arrampicata François Cazzanelli mi ha detto: “Ti sto chiamando dalla cima dell’Everest”. Come se fosse stato al bar di fronte col grappino. Non c’è più religione». Rinaldo Carrel, guida alpina che nel 1973 raggiunse il tetto del mondo con la spedizione di Guido Monzino, riassume così l’unica differenza fra la montagna eroica di ieri e la montagna tecnologica di oggi, auscultata dai sensori e monitorata dai satelliti. Quanto al resto, i giganti di pietra ci osservano come ai tempi dei dinosauri, insensibili ai vezzi conformisti. E stando fermi, dopo un lungo periodo nelle retrovie, quei sassi fra le nuvole che segnano l’orografia del mondo sono tornati clamorosamente di moda.
Film sulla montagna, convegni sulle alte vette, libri che celebrano la cultura della baita, la placenta primordiale del rifugio, il carisma del cielo stellato sopra la ferrata. Sembra che senza una sezione dedicata alle Alpi non esista festival culturale e senza la loro fenomenologia non si possa comprendere il mistero del creato. Non per nulla il programma dell’anno prossimo del museo bergamasco Gamec s’intitola «Pensare come una montagna». Da Paolo Cognetti alle Olimpiadi invernali di Milano e Cortina, in Italia è tutta una «tendenza verticale». Gadget sulle vette, saggi fotografici sulle nevi eterne e su quelle che si sciolgono (di questi tempi). Oggi niente è più elegante, raffinato, cool della montagna. Perfino l’Inter, per vincere il 20º scudetto, ha dovuto apporsi sulle maglie l’immagine del Cervino della Paramount.
«Perché vai in montagna?», chiedevano a Carlo Mauri mentre osservava il sole tramontare dietro il Resegone manzoniano. Lui rispondeva aspro: «E tu perché respiri?». Si potrebbe cominciare e finire qui, dove la realtà passa il testimone alla suggestione dell’infinito, dove la parola «montagna» ha il significato allargato di natura, esplorazione, mistero, dolore, rinascita. In sintesi, dove sono ambientati nove libri che oggi rappresentano la conferma di una tendenza e impilati fanno vetta. La montagna è innanzitutto memoria, un concetto che esce prepotente dall’autobiografia di Reinhold Messner La mia vita controvento (Corbaccio), dove il leggendario domatore degli Ottomila si racconta, compiuti 80 anni, mette il punto al suo passato. Dopo una certa età non si hanno più peli sulla lingua, si dice. Messner non li ha mai avuti ma qui riesce ad essere ancora più tagliente e non fa sconti neppure a sé stesso. Ripercorre le sue storiche imprese, critica chi ha provato a mettere in dubbio le sue verità. Le sue rivelazioni sono un inno all’anticonformismo, un grido di pietra più appuntito del Cerro Torre narrato da Werner Herzog. Controvento va l’alpinista con la barba ghiacciata, senza paura alla ricerca del belvedere migliore per osservare il paradiso da vicino. Perché, come spiega lui, «è il vento contrario che fa crescere le ali».
Se viene affrontata dal versante di sofferenza e mistero, la vetta diventa anche romanzo. Lo è in modo intrigante in Sarà la montagna» di Luca Saltini (editore Neri Pozza) dove Nando il boscaiolo, Enrico il milanese, Silvia in fuga dalla sua vita, Franz il bracconiere devono fare i conti con la terra aspra che li ospita. Alpi in purezza, quelle dei montanari e non dei cinepanettoni a Cortina. Dove è difficile convivere con gli elementi perché, come scrive l’autore, «la montagna era viva e ti potevi ferire cercando di afferrarla. Purtroppo gli uomini si erano allontanati dalla montagna. Avevano frapposto tra le sue esigenze di gigante roccioso e sé stessi una spessa serie di muri fatti di agi, tecnologia, trucchi per non essere più costretti ad affrontare faccia a faccia il freddo, la fatica, la solitudine».
Montagna anche come filosofia nel saggio di Matteo Righetto Il richiamo della montagna, necessario per vivere lassù o tornare ad abitare in armonia con la natura, che Feltrinelli pubblicherà in febbraio. E poi c’è la storia. Quel vizio dell’evoluzione scolpito nella pietra, dagli elefanti di Annibale al Monginevro alla Cima Coppi sul Gavia. Con l’uomo a pedalare per ascendere, conquistare, civilizzare, lasciare traccia. Con una frenesia che Marcello Marchesi trasformò in metafora satirica: «Avanti Foppolo/ Alla riscossa/ Bormio è più grossa/ Bormio è più grossa».
Ecco due libri che raccontano 300 anni di vita in quota: La costruzione delle Alpi di Antonio De Rossi (Donzelli editore), volume primo e secondo, una bibbia con immagini e scenari che partono dal Settecento e arrivano ai piloni delle funivie e al modernismo che qualche volta è armonico e qualche altra terribile. Accanto a loro va ricordato Monte Rosa di Carlo Meazza (Pubblinova edizioni), più di un libro fotografico, in realtà un omaggio al tempo che scorre e al rapporto intimo tra uomo e natura attraverso storie spiegate con immagini e parole di autentici esperti di cultura alpina. Per proprietà transitiva geografica incontriamo Sulle Alpi di Daniele Zovi (Cortina editore), viaggio sentimentale dentro la spina dorsale dell’Europa. Racconta gli erbari di Camillo Sbarbaro, la luce del Monte Bianco descritta da Goethe, osserva la natura, ascolta gli animali, dà voce al silenzio. Zovi è un’ex guardia forestale veneta, ha vinto il Green Book 2024 con I racconti dell’inverno (DeAgostini). Non è scalatore, non ha mai conquistato vette, si definisce un «camminatore dal passo lungo e sicuro». Nel libro narra mezzo secolo di escursioni, di storie alpine portate dal vento.
Allargando lo sguardo fino al tetto del mondo è facile individuare l’obiettivo: Himalaya di Ed Douglas (Mondadori) dove i giganti immobili diventano confini mobili, luoghi di guerre, di popoli millenari, di geopolitica e terre rare. Racconta tutto il corrispondente britannico più famoso da quelle lande asiatiche; per 25 anni le ha percorse in lungo e in largo con imperdibili reportage che riportano alla memoria le gesta esotiche di Peter Fleming, scrittore sublime, fratello «acculturato» (parola sua) dell’inventore di James Bond. Qui la roccia coperta di ghiaccio non serve solo a riverberare i raggi del sole ma a far rimbalzare i proiettili cinesi o indiani fra le vane preghiere tibetane.
E la tecnica? Visto che lassù non si arriva con il tacco 12 (quando è accaduto ha dovuto alzarsi l’elisoccorso), ecco una guida che può far comprendere al turista per caso ciò che lo attende. S’intitola Sugli sci, l’ha scritta Cédric Sapin-Défour, è un vademecum letterario «sulle tracce dei piaceri della neve e dell’altezza» e spiega a noi - esseri superiori avvolti dal Goretex e guidati dal 5G - come scivolare fuori pista senza rotolare a valle come Fantozzi. «Scendere. Saltare, svoltare, filare, queste parole vorticanti delle danze infantili. Governare gli sbilanciamenti. Sciare è in primo luogo questo: permettersi di vacillare. Lanciare urla, ridere delle cadute. Insomma, giocare». E poi osservare per cogliere in controluce le tracce degli animali. «Ammirare la loro forza di vivere lì tutto l’anno, di notte, con la neve. Sperare di scorgerli e cambiare idea; se questo incontro incanta noi, loro li sfinisce».
A questo punto è fondamentale dirimere una polemica: l’uomo che sfida la montagna è coraggioso o presuntuoso? Avevano affrontato il tema addirittura Giorgio Bocca e Dino Buzzati. Il primo definiva un arrampicatore di professione come Bonatti «un masochista celeste» proprio per la sua spasmodica ricerca del pericolo. A difenderlo si scomodò Buzzati: «Molte più lacrime vengono da cose ben più idiote dell’alpinismo, come il gusto di superare ad ogni costo l’automobile che ci precede: la quale bravura è mille volte più cretina che arrampicarsi sui picchi del Monte Bianco». Uscito assolto, per dimostrare che la montagna è dentro di noi, Bonatti decise di sfidare i luoghi comuni per l’eternità. E di farsi seppellire a Portovenere fra gli spruzzi, a picco sopra la grotta dei Poeti. Davanti a quello che definiva «un mare di montagna». n
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