Loro chi? Due truffatori ai confini della realtà
Marco Giallini e Edoardo Leo, performance da comici-trasformisti capaci di imbrogliare. Con riflessioni sui “furbi” nella società di oggi
Il cinema delle truffe. Meglio, le truffe al cinema. E i grandi truffatori. Italiani e non: da Totòtruffa a Febbre da Cavallo, da Mi fido di te al Mattatore, da La stangata a Prova a prendermi, da Ocean’s Eleven a Paper Moon. E via così, la scia si perde tra gli astri, lunghissima e scintillante. Perché il tema, al cinema, ha sempre avuto fortuna e seguaci. Almeno quando è stato trattato con perizia, equilibrio, scelta degli interpreti giusti. Specie questi ultimi: perché, si capisce, ci vogliono attori bravi e adeguati per dare spessore e fascino a certi eroi dello schermo. Mascalzoni sì ma con classe e simpatia.
Così, parlando di questo film girato a quattro mani da Francesco Miccichè e Fabio Bonifacci, se da una parte non si può gridare alla rivelazione innovativa per genere e tipologia di personaggi, dall’altra parte si deve salutare con grande apprezzamento e consenso la scelta di due attori quali Marco Giallini e Edoardo Leo, chiamati a dare volto, voce e malefatte alle rispettive figure di Marcello e David. Sognatore il secondo, ingenuo e “normale”, che vagheggia di vivere una vita come in un romanzo, ha un eccellente lavoro, una fidanzata, una casa; pragmatico, ladro, truffatore professionale il primo, gioca sulla latitanza delle leggi per imbrogliare chiunque.
Quando i due s’incontrano è burrasca. Marcello, con l’aiuto di una coppia di belle ragazze, “incarta” David in uno dei suoi ingegnosi bidoni facendogli perdere tutto: lavoro, casa, donna e portafogli. La “vittima” lo cerca e infine lo trova: a suonare su un palco, leader del gruppo rock Loro chi insieme con le fanciulle sue gregarie in frodi.
Lo scontro però è solo iniziale. E, anziché acuirsi, si affievolisce via via, quando David si arrende ai magheggi di Marcello, sempre più seduttivo e irresistibile nella sua arte trasformistica e truffaldina. Tanto da incominciare con lui una piratesca scorribanda on the road che li porta a viaggiare da Torino alla Puglia a bordo di una Maserati decapottabile naturalmente rubata. Realizzando ogni sorta di fregatura, non solo ai danni di singoli ma anche di una intera città. Patto di sangue e d’imbrogli? Nessuno può dirlo. Una nuova truffa, anche tra i due compagni di misfatto, è sempre dietro l’angolo, anzi sotto uno scoglio. Per l’ex-ingenuo David, comunque, un destino da truffatore autonomo è già segnato.
Marco Giallini e Edoardo Leo tornano insieme dopo il sodalizio, artisticamente fortunato, stretto due anni fa con Buongiorno papà, diretto e interpretato dallo stesso Leo con Giallini nei panni di un nonno sonnambulo e rock (celebri le battute sulla disputa Rolling Stones-New Trolls). Coppia capace di affermarsi anche fragorosamente in questo film, che tra le sue pieghe nasconde un affettuoso, discreto, morbido e rispettoso omaggio al Dino Risi del Mattatore e, solo visivamente, con la decapottabile in tour, a quello del Sorpasso.
Ma le citazioni finiscono qua. I due attori hanno una loro dimensione molto originale in questo festival della realtà mistificata dove Giallini-Marcello, inebriato ed esaltato dal suo fregolismo febbrile e inesausto, diventa ora vigile urbano, ora produttore di fiction, ora frate, ora chirurgo e molto altro, demiurgo di un Leo-David che non è la spalla ma il detonatore dell’altro, interprete di una ulteriore radicale fase trasformistica che riguarda il carattere stesso del suo personaggio.
Naturalmente si ride. Il box che accoglie il vasto repertorio di truffe, personaggi e situazioni è colorato, imbottito di scherzi e di sorprese anche se, a momenti, le cadenze narrative sembrano quasi non riuscire a star dietro alla foga d’inventare e mostrare. Qualche pausa, insomma. Ampiamente compensata dall’impegno espressivo degli attori e, in generale, da una non banale lettura del contesto nel quale si muovono (oltre la coppia protagonista hanno parti di un certo rilievo Antonio Catania, Ivano Marescotti, Maurizio Casagrande).
Perché il film, a suo modo, mostra, anzi lascia trasudare, certe mostruosità – chiamiamole difetti o debolezze - della società italiana attraverso uno squarcio abbastanza impietoso. In definitiva la truffa come metodo e sistema, impunita e vincente sui valori “borghesi” come il posto fisso, la casa, la tranquillità, magari il matrimonio. Gli stessi che erano di David prima del fatale incontro.
D’altra parte la visione moralistica non prende mai il sopravvento sui toni della commedia più scanzonata e quella metafora sociale si lascia leggere anche al contrario rispetto al suo senso immediato. Seguendo il Giallini-pensiero: la truffa, il travisamento, l’alterazione del reale, non necessariamente attuati per arricchirsi, generano spensieratezza, allegria, felicità. Da contrapporre al grigiore di un paese addormentato. Un pensiero, in fondo da legare al cinema stesso, ai suoi trucchi, alla sua linea di confine tracciata fra la realtà e l’immaginazione, alla sospensione temporale dell’azione scenica.