Maria Porro «Perché il Salone del mobile è un’idea di grandezza»
Panorama ha incontrato la presidente del Salone del Mobile.Milano, Maria Porro per conoscere finalità e intenti del nuovo format espositivo. «Abbiamo fatto un percorso necessario per migliorare e nutrire di nuovo valore l’esperienza fieristica».
Dopo la pausa pandemica e con il suo arrivo alla presidenza, il Salone del Mobile sta pian piano mutando il format tradizionale. Quali riflessioni vi hanno portato a questo?
Il mondo è cambiato in questi anni e il Salone, che è sempre stato un motore di innovazione e un anticipatore di tendenze, non poteva non evolvere per rispondere ai nuovi bisogni delle aziende e di tutta la community del design, nazionale e internazionale. Nel 2021 abbiamo inventato Supersalone, il primo evento globale dopo i mesi durissimi della pandemia; poi con l’edizione di giugno 2022, quando siamo tornati al format tradizionale, abbiamo scelto di mettere al centro la sfida della sostenibilità; con l’edizione del 2023, dopo profonde riflessioni sul futuro delle fiere e diversi confronti con le aziende espositrici e i designer, gli architetti e i professionisti che ogni anno popolano il Salone, abbiamo optato per una revisione del format espositivo. È da quella energia positiva e costruttiva che sono scaturite le tre importanti novità di quella edizione: l’unico livello espositivo; il nuovo layout di Euroluce, che, grazie a un percorso ad anello ha riportato aziende e visitatori al centro della Manifestazione; la componente culturale, che abbiamo integrato negli spazi della biennale della luce con mostre, talk, workshop, installazioni. Nell’edizione di quest’anno portiamo a compimento quanto iniziato l’anno scorso, rilanciando l’ottimizzazione dei layout e dei percorsi di EuroCucina e del Salone Internazionale del Bagno grazie al contributo delle neuroscienze e sotto l’egida di una filosofia human-at-the-center; ridistribuendo i padiglioni con l’obiettivo di raggruppare gli espositori per contenuto e target di visitatori in modo da amplificare il valore e senso della visita; inserendo una proposta culturale d’eccezione, ricca e multidisciplinare, diffusa in tutti in padiglioni; e, infine, lanciando la collaborazione con il Dipartimento e la Scuola del Design del Politecnico di Milano per indagare il Salone-come-ecosistema, approfondendo il fenomeno nella sua portata socio-economica sul territorio. Perché, oggi, il compito del Salone non è solo riportare il “bello” e il “ben fatto” su un palcoscenico unico per importanza internazionale, ma farlo con un approccio nuovo, sistemico e responsabile. È una sfida che richiede visione, ascolto, analisi, entusiasmo, curiosità e una dose di resilienza ed elasticità. È un percorso necessario per migliorare e nutrire di nuovo valore l’esperienza fieristica.
In questa fase di riformulazione anche dei codici fieristici il vocabolario del design si è arricchito di nuovi termini quali: ecosistema, neuroscienze, emozione, community, curatori, sostenibilità e altri che sicuramente lei potrebbe aggiungere. Potrebbe spiegarci il perché di queste novità linguistiche oltre al significato in relazione al design?
In realtà, questi termini hanno sempre fatto parte dello scenario semantico del Salone, anche se non esplicitamente dichiarati, in quanto individuano e definiscono meglio l’essenza stessa della Manifestazione che è un laboratorio progettuale e creativo in costante evoluzione, aperto al mondo e alle sue sfide, co-creato da energie, talenti e intelligenze collaborative (pensate al numero di espositori e alle nazionalità dei visitatori) che, insieme, aspirano a progettare un’esperienza fieristica a misura d’uomo, di comunità e d’ambiente. Certo, le neuroscienze e l’intelligenza artificiale si sono aggiunte quest’anno ma sono funzionali a realizzare al meglio quella che è una tra le missioni imprescindibili del Salone – e una delle cose di cui avremo sempre più bisogno in futuro –, ossia la creazione di esperienze e momenti che moltiplichino e facilitino le opportunità di incontro e relazione tra le persone.
Quali sono state le tappe del Salone intorno al mondo? A cosa servono i road show?
Il road show di quest’anno è stato organizzato per condividere con tutta la community globale del design le prime informazioni sulla 62ª edizione, il percorso di evoluzione intrapreso, ma anche per ragionare insieme sul futuro del progetto e promuovere verso architetti, interior designer e giornalisti la Manifestazione quale destinazione imprescindibile per chi si occupa di arredo e architettura. Dopo la Red Night a Shanghai, siamo stati a Parigi, Londra, Berlino, Copenaghen, Madrid, capitali di mercati in cui volevamo sia consolidare quel forte indice di attrattività conquistato negli anni sia rafforzare nuovi sistemi di relazione, in particolare con i Paesi del Nord Europa. Poi è stata la volta degli Stati Uniti con Miami, Dallas, New York e Chicago, mercati davvero interessanti per il settore. Marva Griffin è stata anche a Toronto e, grazie all’Italian Design Days, sarà in Sud Africa. Grazie all’Italian Design Day, io sono stata in India e andrò a Osaka e Seul: tutte preziose occasioni per creare connessioni, promuovere lo scambio di idee e ispirazioni, cercando di arrivare più possibile sia agli addetti ai lavori sia alla stampa per prepararli alle sorprese di questa edizione.
In che cosa consiste esattamente la vostra collaborazione con il politecnico di Milano?
Il Salone del Mobile.Milano è un evento di portata globale, un sistema di connessioni, creatività e innovazione che, ogni anno, per una settimana, nel mese di aprile, attrae oltre 300mila persone. L’interazione tra il Salone e tutto ciò che è nato attorno alla Manifestazione, e l’impatto culturale-socio-economico di questo evento su Milano, non sono mai stati studiati in modo scientifico. Per questo abbiamo commissionato al Dipartimento e alla Scuola del Design del Politecnico di Milano, una ricerca per esplorare in profondità questa relazione in modo da poter promuovere in futuro azioni e attività che possano garantire una maggiore sostenibilità, inclusione e circolarità durante la settimana del Salone. Nelle nostre intenzioni, questa sarà un’indagine completa e multidisciplinare del fenomeno Salone per verificarne l’impatto a breve, medio e lungo termine sulla città e l’influsso in termini di crescita economica, legacy e di trasmissione di competenze che innesca. Questa prima operazione porrà le basi per un futuro Osservatorio del Salone del Mobile, una piattaforma permanente dedicata a identificare opportunità e sfide che interessano il Salone del Mobile.Milano e la città.
Si dice che durante il Salone, a Milano ci sia la più grande concentrazione di creativi per metro quadrato. Cosa ci si potrebbe inventare per “sfruttare” questo potenziale?
Penso che la creatività sia una risorsa che merita rispetto e cura. Per germogliare ha bisogno di confronto e dialogo. Il Salone crea questa opportunità e con il progetto evolutivo del Salone stiamo lavorando proprio per mettere sempre più al centro le persone, i creativi. SaloneSatellite lo fa con i giovani da 25 anni.
Le piace il nome “Salone del Mobile” o lo cambierebbe, se potesse?
La parola “Salone” è ormai conosciuta da tutti e trasferisce un’idea di grandezza, importanza ma anche una dimensione di festa. Il “mobile”, poi, è ciò che facciamo, ciò da cui tutto è nato. Il termine “mobile” è ciò che ci riporta all’essenza e alla verità del nostro lavoro, alla sua dimensione quotidiana. Forse il termine non abbraccia tutte la ricchezza e tutte le sue sfumature di senso che questo evento porta, oggi, con sé, ma ci riporta, come dire, alle origini, al cosa e al perché di tutta quella settimana. Perdere questo senso di origine, concretezza e straordinaria normalità sarebbe davvero un peccato.