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Teoria e pratica per come vestire i sogni

Teoria e pratica per come vestire i sogni

Teoria e pratica per come vestire i sogni

Dalle dotte citazioni di Umberto Eco a quelle dei miti classici come Icaro: i couturier a Parigi fanno sfoggio di erudizione per spiegare la genesi delle loro creazioni. Ma la vera conoscenza è quella delle mani «geniali» delle sarte negli atelier di haute couture, che da generazioni tramandano segreti e insegnano la lentezza del saper fare con metodo. Come si ricava dalle collezioni per la primavera-estate 2025 appena presentate.

Mondi in forma di abito

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Valentino

È stata la sfilata più attesa della stagione e anche quella più discussa e variamente giudicata dalla stampa di settore. Senza dubbio, Alessandro Michele, direttore creativo di Valentino, alle prese con la sua primissima collezione di alta moda, è un personaggio dalle visioni potenti e dall’Io solido pertanto è difficile che la sua creatività lasci indifferenti gli sguardi e gli animi. Vertigineux, questo il nome dato al suo debutto nella haute couture, parte dalla «fascinazione delle liste e delle enumerazioni di cose, fenomeni, persone, ricordi, secondo un pensiero già espresso da Umberto Eco nel saggio Vertine della lista» spiega nel backstage. Un pretesto colto, alto, suggestivo per giustificare il suo bisogno di stratificare, richiamare, assemblare in un abito mondi, riferimenti, epoche diverse, forse perché questo è il modo che preferisce di raccontare l’abito stesso. «La couture è insidiosa, devi mantenere un equilibrio, perché è un vortice: puoi smontare tutto oppure non finire mai per raggiungere questa incredibile rappresentazione della bellezza».

Di luce propria

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Armani Privé

E pensare che Giorgio Armani aveva ben 70 anni quando decise di intraprendere un nuovo e impegnativo progetto creativo e imprenditoriale, lanciando la sua prima collezione di alta moda, la Armani Privé. «Questa sfilata coincide con i 20 anni del Privé, ma non vuole essere una retrospettiva o una celebrazione. È, invece, una nuova affermazione di tutto quello che la couture significa per me» avverte lo stilista, circondato dagli stucchi dorati del suo nuovo palazzo parigino al 21 di Rue François Premier. E qui, in pompa magna, ha avuto luogo la sfilata Lumières, un tripudio di creatività intrisa di riferimenti di luoghi e periodi interiorizzati e tradotti in un’identità stilistica estremamente «armaniana». Si viaggia dai colori della Cina all’opulenza dell’India, dalle geometrie eleganti del Giappone ai colori della Polinesia, senza mai cadere nel folk o in banali appropriazioni culturali. La silhouette è sinuosa, slanciata, i volumi sciolti mentre i colori si muovono dal grige all’oro, fino al rosa e a qualche tocco di amaranto. E su tutti prevale la lucentezza di tessuti che sembrano liquidi e di lavorazioni in cristalli e pietre preziose. «Catturare la luce sulle superfici degli abiti è stata la meravigliosa sfida di una collezione dall’allure lunare» racconta Armani. E non rinunciare mai alle sfide è forse il vero messaggio di questo grande maestro.

Un DNA oltre il tempo

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Chanel

Abiti metà di tweed e metà di tulle leggerissimo, spalle importanti, a palloncino oppure impreziosite con qualche dettaglio inaspettato, scolli e colli che meriterebbero una minuziosa analisi sartoriale, vista la ricchezza di dettagli e di lavorazioni. E ancora, abiti fluttuanti o tailleur maschili, sdrammatizzati da un fiocco civettuolo. La collezione Chanel haute couture primavera estate 2025 ha incantato per quel tocco di romanticismo moderno perfetto per ingentilire la ruvidezza dei nostri tempi. E per far sognare donne di diverse generazioni. Allestito all’interno del Grand Palais, rimesso a nuovo dopo un periodo di restauri, con due passerelle a forma di «C» incrociate a disegnare il simbolo dell’infinito, lo show ha riaffermato un concetto importante: la maison Chanel ha un imprinting stilistico e codici estetici così riconoscibili che può brillare di luce propria, anche in assenza di un direttore creativo. Quello nuovo, Matthieu Blazy, infatti, inizierà la sua direzione creativa a marzo con il prêt-à-porter. Intanto, l’alta moda segue i suoi riti e ritmi, come avviene da ormai 110 anni secondo «un savoir-faire unico tramandato di generazioni, fatto di gesti ripetuti ma rinnovati, di pazienza, di eccellenza e di un’allure senza tempo, ma sempre reinventata e riconoscibile» come spiegano Thierry Demaizière e Alban Teurlai, direttori di un bel video sull’atelier Chanel, voluto dalla maison.

Come Icaro e più su

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Schiaparelli

Per la collezione haute couture primavera estate 2025, battezzata Icarus, Daniel Roseberry, direttore creativo di Schiaparelli, non si è rifatto al simbolismo topico, ironico e surrealista della fondatrice Elsa: niente bocche dorate usate come spille, niente maxi orecchie in metallo da appendere al collo, nessuna aragosta in 3D da esibire su un tubino. In questo caso, l’ispirazione arriva da alcuni nastri degli anni Venti e Trenta, prodotti a Lione che lo stilista avrebbe trovato in un negozio d’antiquariato. Molti di questi sono gli stessi che si ritrovano su abiti dalla silhouette sinuosa e fasciante, impreziositi di ricami di perline giapponesi, oppure di toile francese. I richiami ai grandi maestri della couture da Balenciaga a Paul Poiret, da Madame Grès a Frederick Worth ci sono tutti. E a chi chiede spiegazioni sul titolo della collezione, Roseberry semplicemente spiega: «La haute couture aspira a raggiungere vette straordinarie: promette una fuga dalla complessità del nostro tempo. E ci ricorda che la perfezione ha un prezzo. Quanto in alto possiamo arrivare noi couturier?».

Architetture da indossare

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Roger Vivier

Applicazioni tridimensionali di perline, cascate di cristalli scintillanti, manici gioiello e tipici ricami iraniani Zardozi operati con fili d’oro per realizzare tre gilet e sette borsettine, ovvero la collezione di Pièce Unique di Roger Vivier. «Ho voluto rendere omaggio a Parigi, dedicando a sette monumenti importanti questa nuova capsule di pezzi unici e preziosi» esordisce il direttore creativo Gherardo Felloni. Il racconto quindi si snoda dalla Tour Eiffel all’Arc de Triomphe, passando per le architetture Beaux-Arts del Grand Palais e le texture delle Tuileries e della vicina Place Vendôme e le borse, scrigni rettangolari, la cui lavorazione rimanda a quella dell’alta gioielleria, rappresentano la sintesi creativa di tale tour monumentale. A completare la collezione tre gilet che dialogano con altrettante borse, «e che trasformano l’essenza architettonica della città in opere sartoriali, celebrando un’artigianalità senza pari» conclude Felloni

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