Abiti, accessori, profumi, cosmetici, ma anche oggetti di design o viaggi. Evocano quelli di grandi marchi, ma sono prodotti più a buon mercato. È la sostanza della «dupe economy», praticata da consumatori Millennial e Gen Z.
Non sono prodotti «taroccati», i classici falsi, e nemmeno qualcosa che può somigliare con etichette più o meno simili. È la Dupe economy, ennesima soluzione all’inflazione soprattutto per le giovani generazioni. Nata negli Stati Uniti, attraverso social e influencer, ha contagiato rapidamente anche l’Europa. Il significato della parola inglese è «inganno» (ma anche credulone, riferito all’utente), qualcosa che dovrebbe sembrare ma non lo è. È un’alternativa economica ai prodotti originali, di alta gamma e quindi costosi, che promettono una resa finale o un utilizzo del tutto simile agli originali. Sono abiti, accessori, profumi, cosmetici ma anche oggetti di design per la casa o capi di intimo. La maggior parte dei duplicati più comuni e conosciuti deve il proprio successo ai contenuti di influencer, come brevi video di 60 secondi, che diventano virali sulle piattaforme social media. È un mercato che sta crescendo in modo vertiginoso e fa leva sulla passione delle ultime generazioni di ostentare simboli del lusso; ma non potendoseli permettere, ci si orienta verso quei prodotti che in qualche modo si avvicinano di più agli originali. L’app Brandefy, grande promotrice del Dupe, ha visto espandere la sua community del 330 per cento dal 2020 e vanta un account Instagram da 368 mila follower.
Ecco qualche esempio di questi prodotti alternativi: il profumo Saphir donna è messo accanto a Burberry pour femme di cui si dice sia molto simile, mentre un altro denominato Flowers de Saphir è confrontato con il blasonato Gucci Bloom. Possono essere considerati alla stregua di «falsi d’autore». I duplicati riguardano anche la fast fashion, cioè marchi che già occhieggiano le grandi firme proponendo merce a prezzi concorrenziali. Su YouTube impazzano video, eseguiti da influencer, che mettono a confronto capi di Zara, H&M, Bershka e Mango e gli equivalenti sul sito cinese Shein o di altri colossi come AliExpress, dove è possibile reperire qualsiasi abiti a prezzi stracciati. Su Instagram, l’account @dupethat (1,1 milioni di follower) mette insieme i duplicati agli sconti e alle nuove uscite beauty, mentre @dupesecrets (quasi 30 mila follower), in lingua spagnola, propone post in cui si comparano un prodotto più costoso e uno più economico della stessa tipologia.
Trustpilot, una piattaforma di recensioni dei consumatori a livello globale ha svolto un’indagine sui prodotti dupe cercati dai consumatori italiani, in particolare dalla Gen Z e dai Millennial. È emerso che il canale preferito è quello dei social, il più frequentato dai giovani. Il 59 per cento ha acquistato un dupe dopo che è diventato virale sui social media ed è apparso sulla pagina «Per te» di TikTok da cui il 33 per cento dei Millennial e della Gen Z italiani afferma di fare acquisti dei duplicati. Solo su questa piattaforma i facsimile hanno accumulato oltre 549 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo e l’interesse per la tendenza continua a crescere. Segue, come canale, Instagram. Allo stesso tempo, però, il grado di soddisfazione è basso e la colpa spesso è attribuita a tali piattaforme. Il 36 per cento è stato truffato quando ha acquistato un dupe da brand o rivenditori noti. Il 30 per cento tende a incolpare l’azienda ma c’è anche un 27 per cento che imputa parte della responsabilità anche alle piattaforme di social media e all’influencer che promuove il prodotto (14 per cento). Tra i difetti maggiormente segnalati ci sono «scarsa qualità» (23 per cento), «articolo danneggiato» (22 per cento) o «mai arrivato» (20 per cento). In conclusione, il 20 per cento dichiara di aver perso fiducia nella piattaforma di social media da cui ha acquistato il prodotto, dopo aver avuto una pessima esperienza d’acquisto.
Ma le piattaforme di vendita non si assumono alcuna responsabilità. TikTok, in versione market place, afferma che «i venditori sono responsabili di garantire che la descrizione del prodotto contenga tutte le informazioni sul prodotto richieste dalle leggi e dai regolamenti applicabili, inclusa la sicurezza dell’oggetto acquistato». Mentre sono penalizzati coloro che elencano dettagli falsi; nulla comunque succede se invece vengono omessi alcuni componenti, magari quelli più pericolosi. Questo riguarda soprattutto i prodotti di bellezza che hanno formulazioni non sempre certificate e quindi a rischio per la pelle. Inoltre, siccome gli acquisti avvengono in modalità molto veloci, il cliente non svolge un monitoraggio attento come sarebbe opportuno per evitare truffe e brutte sorprese. Se poi entra il gioco un influencer molto gettonato, allora il consumatore è indotto ad abbassare ulteriormente la guardia.
«I dupe sono un fenomeno relativamente nuovo: attualmente esiste poca regolamentazione su di essi, il che significa che può essere difficile capire quali marchi o prodotti manterranno veramente le promesse iniziali, quindi il rischio potenziale di truffe è ancora piuttosto alto» afferma Giacomo Bettazzi, Marketing manager di Trustpilot Italia. E suggerisce, prima di fare un ordine, di effettuare ricerche approfondite sulle aziende e verificare le esperienze dirette di persone reali. Anche la Grande distribuzione è entrata pesantemente nel settore. Alla Lidl si trovano profumi che hanno fragranze simili a quelle di marche più note e consentono di avere quasi la stessa composizione di note olfattive ma a meno di cinque euro. Simile al Coco Mademoiselle di Chanel è possibile trovare il profumo dupe Suddenly Madame Glamour, invece per J’Adore di Dior il Suddenly Lovely. Presso Eurospin c’è Secret Moon, un facsimile che costa circa sette euro e che richiama le fragranze di Alien, di Mugler, che invece costa circa 60-80 euro.
Ma dupe possono essere anche i viaggi. In questo caso sono le soluzioni alternative più economiche. Per esempio, le ricerche di voli (nel periodo di 12 mesi fino al 31 agosto 2023 rapportate allo stesso periodo dell’anno precedente) sono più che raddoppiate per le destinazioni dupe, secondo i dati di Expedia. Le ricerche su Taipei, a Taiwan, una dupe per Seoul, la capitale della Corea del Sud, sono aumentate del 458 per cento negli Stati Uniti e del 2.786 per cento a livello globale, secondo Expedia. Quelle su Pattaya, in Thailandia, un’alternativa alla capitale Bangkok, sono salite del 163 per cento negli Stati Uniti e del 249 per cento a livello globale. Quelle per Perth, in Australia, un’alternativa per Sydney, sono cresciute del 33 per cento negli Stati Uniti e del 109 per cento a livello globale. Ma cosa spinge ad acquistare un dupe anche quando è palese che non si tratta dell’originale e che rappresenta un ripiego per motivi economici? Una motivazione potrebbe essere la legittimazione sociale attraverso un oggetto di lusso. Quindi non è tanto importante la qualità del prodotto quanto il messaggio che trasmette all’esterno. Che è poi la cifra comune di gran parte dell’immaginario attuale.