Home » L’uomo che fa volare lo stile italiano

L’uomo che fa volare lo stile italiano

L’uomo che fa volare lo stile italiano

Lo stilista Ettore Bilotta ha disegnato le divise di alcune tra le principali compagnie aeree mondiali. L’ultimo lavoro lo ha portato fino in Kuwait, dove ha creato capi raffinati e funzionali ispirandosi ai colori del deserto.


Nel backstage c’è il fermento di sempre, la solita agitazione prima del debutto: una giacca da abbottonare, un foulard da sistemare, un cappello da fissare. Dietro una tenda bianca non s’allunga una passerella in verticale, ma un palcoscenico orizzontale; d’altronde, quella che sta per iniziare non l’hanno chiamata sfilata, ma in maniera più pomposa e solenne: «The reveal», la rivelazione. Il pubblico è impaziente e impegnativo: non addetti ai lavori della moda, influencer o vip abbonati alla mondanità, quanto un ministro, un Ceo, vari notabili locali fasciati nella dishdasha, l’abito bianco tradizionale che li avvolge fino alla testa. Ettore Bilotta, il solito perfezionista, più tardi ammetterà di non avere chiuso occhio la notte prima. Scherzi del carattere. Eppure, per lui è tutto un déjà vu, una sorta di abitudine: dopo aver creato le divise per colossi del cielo come Etihad Airways e Turkish Airlines, con il giusto orgoglio patriottico la nostra Alitalia, è stato chiamato in Kuwait per applicare i suoi codici di eleganza, il suo lessico visivo raffinato ma intuibile, alla compagnia di bandiera Kuwait Airways.

Tutto il contrario di una debuttante, visto che quest’anno festeggia i 70 anni dalla fondazione. E dopo averne passate di ogni, incluso l’hangar dell’aeroporto distrutto dalle fiamme durante l’invasione da parte della vicina Iraq nel 1990, ora mira ad allargare il suo peso tra i grandi vettori mediorientali. Per riuscirci, oltre a nuovi aerei, cabine premium e alta gastronomia, ha voluto lo specialista dello stile in quota.

«In realtà disegno gli abiti sempre alla stessa maniera, inseguendo un’ispirazione. Per Kuwait Airways ho guardato ai look degli anni Cinquanta, il periodo in cui è nata la compagnia. Cercavo un equilibrio tra classicità e funzionalità» racconta Bilotta, ben consapevole che il personale di bordo dovrà tenere addosso le sue creazioni per lunghi trasbordi intercontinentali, camminando tra i corridoi, sbracciandosi nelle dimostrazioni di sicurezza. Eppure, con i suoi modelli, ha sempre dimostrato che anche servire un bicchiere di succo d’arancia o un menù a scelta tra pollo e pasta, può essere davvero chic. L’abito non farà il monaco, l’hostess o lo steward invece sì.

«Ho voluto trasferire nelle divise la bellezza sinuosa del Paese, un piccolo e prezioso diamante incastonato nella corona del Golfo Persico» spiega Bilotta, cantastorie con la matita, pittore con le policromie del filo. Segue tutto il processo dall’inizio, dai bozzetti preparatori ai disegni. È nel suo imprinting da couturier, nell’eredità della formazione nell’alta moda, prima nell’atelier della storica maison Lancetti a Roma, poi in quello di Raffaella Curiel a Milano. Nel 2005 fonda il brand che porta il suo nome, arriva a sfilare nella settimana della moda capitolina, all’haute couture affianca la linea prêt-à-porter. Si fa notare all’estero, alla sua porta bussano i clienti internazionali («non conto più quante spose ho vestito, né le modifiche impossibili richieste all’ultimo minuto» ricorda ridendo). Lo chiama una compagnia aerea, poi un’altra e un’altra ancora: da viaggiatore incallito, stilista nomade, osservatore attento di un mondo con i suoi codici e la sua personalità, riesce a fare la differenza.

Il suo linguaggio suggerisce, eppure dice tantissimo tra rimandi e sottintesi: «Per Kuwait Airways ho voluto alternare il blu navy, in omaggio al colore della compagnia, al beige, nella tonalità dorata e inconfondibile del deserto di sabbia». Bilotta vive la moda con entusiasmo, ma anche una punta, lui la definisce così, di malinconia. Forse nostalgia di un tempo meno irruente, più lento, scandito da una rassicurante permanenza, come il fluire irrequieto della vita messo in pausa in un viaggio tra le nuvole. È un attimo, è il lampo di un’intuizione. Poi lo stilista riprende a parlare di progetti futuri, di uno grandioso che bolle in pentola ma davvero non può rivelare nulla perché ha firmato accordi di riservatezza rigorosi e se svela qualcosa finisce nei guai. Non resta che aspettare: chissà dove farà volare lo stile italiano domani.

© Riproduzione Riservata