Quei tesori dell'arte a cielo aperto
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Quei tesori dell'arte a cielo aperto

Sono già stati catturati da una definizione e vanno di moda. Si chiamano «musei diffusi» e permettono di scoprire le bellezze di un territorio, andando oltre archeologia ed edifici, dosando con sapienza opere d'arte con itinerari eno-gastronomici. Ecco alcuni suggerimenti per fare quattro passi nella cultura, anche in vacanza.

Nessun luogo al mondo supera l'Italia per la cultura e l'arte. A dirlo non sono solo i tanti estimatori della Penisola, ma anche i numeri dell'Unesco. I siti italiani «Patrimonio dell'umanità» sono 59, e siamo i primi della lista. Dietro di noi la Cina con 56, terza la Germania a quota 50. Se poi si vanno ad analizzare più nel dettaglio questi dati, si scopre che l'Italia è un enorme «museo diffuso», secondo una felice definizione: i portici di Bologna, gli affreschi trecenteschi di Giotto a Padova, appena aggiunti nel palmares, i centri storici di San Gimignano, Firenze e Roma, l'area archeologica di Pompei, i Sassi e il Parco delle chiese rupestri di Matera... il Belpaese è uno straordinario scrigno di tesori. E percorrere a piedi tutta questa generosa offerta culturale permette di scoprire anche territori meno blasonati. Così, sempre più spesso nascono itinerari speciali per raccontare l'invidiabile ricchezza artistica, culturale ma anche sociale ed enogastronomica dell'Italia.

Oltre le mura

Il termine «museo diffuso» coniato dall'architetto milanese Fredi Drugman negli anni Settanta riprende in buona misura quello di «écomusée» la cui paternità concettuale si deve ai due museologi francesi Georges Henri Rivière e Hugues de Varine. Dal pensiero del museo tradizionale - immobile, collezione, pubblico - si passa a quella dell'ecomuseo - territorio, patrimonio, comunità.

Un cambio di paradigma ma non di sostanza. L'obiettivo è infatti quello di far scoprire e conoscere le bellezze di un territorio, andando oltre le mura degli edifici, collegando opere d'arte e testimonianze in uno spazio più ampio e aperto. A fare la differenza è però il ruolo attivo degli abitanti di questi luoghi, chiamati in prima persona a partecipare alla valorizzazione dei posti dove vivono. Tramite incontri, attività didattiche e azioni di conservazione, ne diventano i veri responsabili.

Sansepolcro, in provincia di Arezzo possiede un museo diffuso (IStock)

Un turismo per la comunità

La partecipazione a questo progetto di comunità rende il museo diffuso un modo ideale per aggiungere valore alla scoperta del territorio non più fatto solo di testimonianze materiali, ma anche di ricchezze immateriali. Oltre, ovviamente, a opere d'arte, chiese, luoghi storici e paesaggi, ci sono numerose tradizioni che si tramandano da una generazione all'altra. Un'idea, quest'ultima, ben concretizzata nel Museo dei cinque sensi di Sciacca, nato proprio su iniziativa di un gruppo di cittadini.

In questo angolo di Sicilia, segnato dal dominio di greci, arabi, romani, normanni e bizantini, ogni elemento concorre a comporre un «puzzle» di esperienze sensoriali. Alla vista delle bellezze paesaggistiche e delle testimonianze artistiche, il visitatore può aggiungere il gusto attraverso i piatti della cucina locale, mentre il tatto viene coinvolto attraverso i lavori dell'artigianato della ceramica in cui ci si può cimentare di persona. C'è spazio infine per gli odori, come quello che la terra sprigiona visitando le grotte sulfuree, e per l'udito grazie all'inconfondibile dialetto parlato dai pescatori di ritorno al porto.

Questa filosofia multisensoriale è al centro anche del progetto del Museo diffuso di Sansepolcro, borgo nel cuore della Valtiberina, ai piedi dell'Appennino toscano e sulle sponde del Tevere. «Luoghi, persone, storie» è lo slogan di questa proposta che invita il visitatore a prendersi tutto il tempo che serve, senza andare di fretta. Tutti i sensi saranno appagati, con le straordinarie opere di Piero della Francesca che qui è nato, con la tradizione del merletto fatto a mano, con l'orecchio teso ad ascoltare storie e leggende che sopravvivono al passare del tempo.

Tra le tante proposte per questo tipo di attrazione, meritano una menzione il Museo diffuso di Cavallino, nello splendido Salento, e il borgo dipinto di Orgosolo, esempi virtuosi di comunità in prima linea per la promozione di un turismo al tempo stesso sostenibile e gratificante.

Seguendo un tema

Di recente l'idea del museo diffuso ha assunto anche altri connotati che, pur mantenendo il forte legame con il territorio, si sono ancorati a temi specifici. Le Strade del Vino, dall'Alto Adige alla Valtellina, passando per Veneto, Toscana e Sardegna, sono un modello che mette in evidenza la grande tradizione enogastronomica di queste zone.

In alcuni casi gli spunti culturali sono più di nicchia, pronti però a dare messaggi di forte impegno sociale. Come il Museo In Loco che racconta i luoghi romagnoli in abbandono: sette itinerari da Imola a Rimini attraverso la scoperta di edifici e luoghi non più abitati, strutture lasciate all'incuria del tempo, emblemi di spreco e degrado. Forte, infine, è l'impegno alla memoria anche del Museo diffuso della Resistenza di Torino e il recente Museo diffuso urbano di Milano dedicato al terrorismo. Vedere per capire e non dimenticare da Piazza Fontana a Via Palestro, un percorso doloroso tra luoghi-simbolo di agguati e attentati che hanno ferito l'Italia intera, ma a cui la città ha sempre saputo reagire.

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Mark Perna

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