Addio a Steve Albini, il suono ribelle della Generazione X
Il leggendario produttore di In Utero dei Nirvana è morto per infarto a Chicago a soli 61 anni. Il 17 maggio doveva uscire il suo ultimo album con gli Shellac
Il mondo della musica piange la scomparsa, a soli 61 anni, di Steve Albini, musicista e produttore tra i più rappresentativi e influenti del rock alternativo degli anni Novanta e Duemila, morto per un infarto. La triste notizia, data per prima da Pitchfork, è stata confermata a «Variety» da Taylor Hales, che lavora presso l’Electronic Audio, il prestigioso studio di registrazione di Albini a Chicago. Nato a Pasadena, in California, il 22 luglio 1962, da genitori torinesi immigrati, Steven Frank Albini (questo era il suo vero nome) è stato un cantante, chitarrista, produttore discografico, ingegnere del suono e critico musicale talmente influente da essere conosciuto anche al di fuori del circuito del rock alternativo.
Nato in California e cresciuto in Montana, Albini si è trasferito da giovane a Chicago, dove viveva e lavorava ancora oggi. Si è messo in luce all'inizio degli anni Ottanta come frontman dei Big Black, trio rock di Chicago noto per il suo sound energico e per utilizzare una drum machine anziché un batterista in carne e ossa. Dopo le esperienze con i Big Black e i Rapeman, il musicista forma la sua band più importante, gli Shellac, trio noise rock con cui ha inciso sei dischi, tra cui il memorabile At Action Park del 1994. Il 17 maggio uscirà To All Trains, il primo disco da dieci anni a questa parte della band, che doveva essere presentato in un lungo tour che il trio stava preparando proprio in questi giorni a Chicago. Prima ancora che da musicista, Albini ha catturato il sound ribelle e iconoclasta della Generazione X da produttore, un termine che lui non amava, preferendo l’appellativo di “recording engineer”. Una scelta non solo formale, ma sostanziale, perché in questo modo rifiutava le royalties delle registrazioni da lui effettuate in segno di sostegno ai suoi artisti indie.
La dicitura «Recorded by Steve Albini» sopra un album era quasi un marchio di fabbrica, con delle caratteristiche ricorrenti: la voce mixata insolitamente bassa, il basso che si sente come o più forte della chitarra, la ripresa ambientale della batteria e l’utilizzo di riverberi naturali, catturati da numerosi microfoni vintage disposti in diverse parti dello studio. Il suo credo era quello di non interferire con la produzione artistica del gruppo con cui lavorava, ma piuttosto di regalare il miglior suono possibile in studio, rendendolo il più possibile fedele a quello che le band avevano nei concerti dal vivo. Nel 1997 ha fondato a Chicago il suo studio di registrazione, l’Electrical Audio, famoso per le tariffe estremamente economiche che il produttore volle mantenere per aiutare le band a incidere gli album in modo indipendente. Albini ha messo mano a oltre 1.500 incisioni in carriera, collaborando negli anni con Pixies, Pj Harvey, Breeders, Low, Jesus Lizard, Mclusky e persino con gli ex membri dei Led Zeppelin Jimmy Page e Robert Plant per l'album Walking Into Clarksdale del 1998, che si avvale del caratteristico sound scarno e senza fronzoli di Albini.
L’album più famoso registrato dal produttore americano è certamenteIn Utero dei Nirvana (1993), il successore dell'iconico Nevermind, pubblicato a due anni di distanza dall’exploit mondiale della band di Kurt Cobain. Fu proprio il leader dei Nirvana a contattare il produttore perché, nonostante le 25 milioni di copie vendute, non era soddisfatto del suono di Nevermind. A proposito del rapporto con Kurt Cobain, Albini dichiarò: «Non ho mai cercato di diventare un suo amico perché sapevo che chiunque intorno a lui stava cercando di intrufolarsi nel suo mondo come un parassita. Io volevo che lui sapesse che non doveva preoccuparsi di questo con me. Non gli ho mai fatto pressioni per avere con lui un rapporto confidenziale. Ma lo vedevo mentre lavorava e ho potuto constatare che era estremamente serio a proposito della sua musica, la sua passione era autentica». Noto per le sue taglienti critiche all’industria discografica e per le sue prese di posizione progressiste, Albini era anche un esperto giocatore di poker (due anni fa aveva vinto le World Series di Poker per la seconda volta) e un uomo impegnato attivamente nella beneficenza, tanto da vestirsi da Babbo Natale per oltre vent’anni per aiutare le famiglie bisognose di Chicago.