Franco Battiato: i cinque album fondamentali
Per gli 80 anni dalla nascita del geniale cantautore di Jonia, abbiamo selezionato i dischi più rappresentativi della sua evoluzione musicale, dalle sperimentazioni avanguardistiche dei primi anni Settanta al techno rock di fine anni Novanta
Franco Battiato, da sempre grande cultore della parola al servizio della musica, è stato un artista visionario che ha fortemente influenzato il suono, il linguaggio e l’immaginario collettivo della musica pop italiana. Un innovatore che non ha mai smesso di evolversi in cinquant'anni di carriera, muovendosi con sapienza tra pop, canzone d’autore, musica classica, etnica e contemporanea. In lui sono sempre convissute due anime, una elettronica e una introspettiva, nella quale emergevano compiutamente le sue passioni per il misticismo sufi, la teoretica filosofica, la meditazione orientale e la spiritualità. Per celebrare gli 80 anni dalla nascita del cantautore di Jonia, abbiamo scelto cinque tra gli album più significativi della sua ricca discografia, in ordine meramente cronologico, in modo da cogliere la sua evoluzione musicale, dalle sperimentazioni avanguardistiche dei primi anni Settanta al techno rock di fine anni Novanta. Dischi che non solo hanno segnato la storia della musica italiana, ma che continuano a influenzare ancora oggi intere generazioni di ascoltatori e di artisti.
Sulle corde di Aries (1973)
Pubblicato nel dicembre 1973 dalla casa discografica Bla Bla, Sulle corde di Aries è il terzo album di Franco Battiato dopo due lavori ostici come Fetus e Pollution ed è considerato quasi unanimemente come il suo capolavoro del periodo più sperimentale. Composto da quattro lunghe tracce (tra cui l’indimenticabile viaggio psichedelico di 16 minuti di Sequenze e Frequenze), Sulle corde di Aries, influenzato dalla pratica della meditazione, rappresenta un'importante tappa nella sua evoluzione artistica. Un ponte tra Oriente e Occidente e tra le sue prime sperimentazioni e la fase più cantautorale che arriverà nei tardi anni '70, l’album combina influenze di elettronica, minimalismo, musica etnica e avanguardia.
L'era del cinghiale bianco (1979)
«L'era del cinghiale bianco è la sintesi di due fasi del mio passato», dichiarò Franco Battiato quando uscì per la EMI il suo primo album “pop”, dopo anni di sperimentazioni e di avanguardia. Un pop colto, raffinato ed elegante, che strizza l’occhio alle atmosfere new wave coeve, declinate però in una chiave mediterranea. Il disco presenta molti elementi che caratterizzeranno lo stile e la poetica di Battiato, come i riferimenti letterari, gli esotismi e i giochi linguistici (si pensi a Il re del mondo e Stranizza d’amuri). Il riferimento a un'era del cinghiale bianco proviene da un'antica leggenda celtica, che vedeva nell'animale l'emblema assoluto del sapere spirituale. La title track, una delle canzoni più belle e importanti della sua discografia, con il suo coinvolgente violino e i suoi “profumi indescrivibili”, catapulta immediatamente l’ascoltatore in un mondo “altro” di grande fascino e suggestione.
La voce del padrone (1981)
Pubblicato nel 1981, La voce del padrone è l'album più importante e di maggiore successo commerciale dell’artista catanese, che ha consacrato Battiato come uno dei più grandi cantautori italiani. Il 33 giri è stato il primo in Italia a vendere oltre un milione di copie, rimanendo in cima alle classifiche per mesi. Un raffinato connubio di pop e di poesia, che ha unito l’Italia divisa e ferita di quegli anni, in cui gli strati di sintetizzatori si fondono con naturalezza con gli strumenti rock analogici, contenente al suo interno alcune delle canzoni più amate della sua discografia: Centro di gravità permanente, Cuccurucucu, Bandiera Bianca e Sentimento Nuevo. Un mix irresistibile di ritmi incalzanti, testi enigmatici, riferimenti culturali, musicali e politici, con liriche ed espressioni idiomatiche che sono entrate prepotentemente nell’immaginario collettivo: basti citare «Non sopporto i cori russi la musica finto-rock la new wave italiana il free jazz punk inglese/ neanche la nera africana» oppure «A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata/ A Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie». La voce del padrone non solo è l’album che ha consacrato definitivamente Battiato, assegnandogli un posto centrale tra i big della nostra canzone, ma è anche uno dei momenti cardine nell’evoluzione della musica pop italiana.
Fisiognomica (1988)
Se gli anni Ottanta sono stati il periodo di maggiore successo per Battiato, l’album Fisiognomica, pubblicato nel 1988, è la degna conclusione di un decennio di straordinaria creatività, in cui la vena maieutica del cantautore si sposa con il profondo amore per la sua terra natale, la Sicilia. Il pop elettronico è meno immediato rispetto all’inizio del decennio e sempre più contaminato da melodie arabe e da tessiture melodiche classiche, mentre i testi sono fortemente influenzati dalla sua incessante ricerca interiore. E ti vengo a cercare eL’oceano di silenzio sono in assoluto tra le più belle preghiere pop della musica italiana.
Gommalacca (1998)
Giunto quasi alla fine del secondo millennio, Battiato non ha ancora perso il gusto della sperimentazione sonora, come conferma il notevole (e un po’ sottovalutato) Gommalacca del 1998, il secondo album pubblicato per la PolyGram e il terzo in cui viene affiancato dal filosofo Manlio Sgalambro come paroliere. Dopo aver iniziato ad avvicinarsi al rock con L’imboscata (l’album contenente La Cura), Battiato si lascia ispirare qui dalla nuova scena musicale alternativa italiana, ben supportato da Morgan dei Bluvertigo, Ginevra di Marco, Madaski e Ru Catania in un album definito come un “alto esempio di techno hard rock intellettuale” (si pensi agli adrenalinici brani Il mantello e la spiga e Quello che fu), che lo riporta ai vertici delle classifiche. Il singolo Shock in my town è un inno cyberpunk di grande impatto, mentre Casta diva, É stato molto bello o Vite parallele sono la conferma dell’intatta vena romantica del cantautore di Jonia.