Bono e la surreale stroncatura di se stesso
Il leader della band irlandese ha dichiarato di provare imbarazzo per le canzoni della sua band. Ma ad essere imbarazzati ora sono i fan...
C'è qualcosa di surreale nella stroncatura che Bono ha dedicato a se stesso e alla sua band, quella di cui è il frontman da fine anni Settanta, e con cui ha venduto copia più, copia meno, circa 200 milioni di album e collezionato sold out negli stadi.
In un'intervista al podcast Awards Chatter dell'Hollywood Reporter Bono ha dichiarato senza mezzi termini di non amare la sua voce degli esordi, di essere diventato un cantante solo di recente, che le canzoni degli U2, in generale, lo imbarazzano, che non gradisce il nome della band che lo ha reso ricco e famoso e che quando passa in radio un brano degli U2 arrossisce di vergogna.
Non ci sono dubbi che Bono sia libero di prendere le distanze da se stesso e dalla sua arte, di sostenere che degli U2 salva soltanto qualche canzone come Vertigo o Miss Sarajevo. Con il passare degli anni si cambia, crollano molte certezze e a volte anche l'autostima...
Tutto legittimo, se non fosse che con queste parole Bono ha messo in imbarazzo, prima di tutti, i suoi fan, quelli che hanno consumato il vinile di The Joshua Tree o di Acthung Baby, e che in gran parte erano convinti, soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, che gli U2 fossero la rock band più ispirata e talentuosa del mondo, che avessero qualcosa di importante da raccontare. E così, quelle canzoni, per cui adesso Bono prova imbarazzo, sono diventate la colonna sonora delle vite di milioni di persone. Che in quei brani si riconoscevano e si riconoscono e che magari associano le note di un gruppo chiamato U2 ai ricordi più intensi della loro esistenza.
Forse, se avesse riflettuto su questi "dettagli" Bono certe parole non l'avrebbe pronunciate, riducendo al rango di canzoncine quelli che, gli piaccia o no o, sono pezzi fondanti della storia della musica contemporanea. Da One a New year's day, passando per Sunday Bloody Sunday, Beautiful Day, Where the streets have no name... Se questi sono i brani che oggi imbarazzano Bono, sorge spontanea una domanda: come si sente quando riascolta We are the people, l'inno degli Europei 2021 che ha realizzato con Martin Garrix?