Born in the U.S.A. compie 40 anni: il best seller che ha riscritto la carriera di Springsteen
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Born in the U.S.A. compie 40 anni: il best seller che ha riscritto la carriera di Springsteen

Trenta milioni di copie, sette singoli e cinque videoclip: il disco di maggior successo del rocker americano ha cambiato la sua storia e quella della musica

Ci sono dischi che tracciano un confine netto con tutto quello che c'è stato prima nella vita di un artista. Nel caso di Springsteen, reduce da due classici come The River e Nebraska (demo acustici diventati album), Born in the U.S.A. è il disco della svolta, quello che trasforma la sua già nutrita fan base in un'audience sterminata: perché, è bene ribadirlo, una buona fetta di chi lo ama lo ha scoperto proprio grazie a questo album blockbuster con sette singoli che in momenti diversi hanno scalato le classifiche americane e non.

Un album da trenta milioni di copie nel mondo, con un sound tipicamente anni Ottanta, con suoni di batteria e tastiere che sono testimonianza di quel che era considerato cool negli studi di registrazione dell'epoca. Un disco a più facce, compresa quella del singolo dei singoli, Dancing in the dark incluso all'ultimo istante nella tracklist per volere del manager che avvertiva l'urgenza di un pezzo da lanciare nelle radio e su MTV. Detto, fatto.

Ma Born in The U.S.A. è anche la title track, pezzo drammatico, spesso scambiato per un inno patriottico. In realtà parla della condizione dei veterani della guerra del Vietnam abbandonati a se stessi. E poi, ancora la splendida Bobby Jean dedicata a Little Steven che nel frattempo aveva deciso di abbandonare la E Street Band. Amato da alcuni critici, stroncato da altri, Born in the U.S.A. è stato male interpretato persino riguardo alla fotografia della cover che secondo alcuni rumors avrebbe immortalato Springsteen mentre urinava sulla bandiera americana.

Dettagli e curiosità a parte, questo è un album di canzoni straordinarie come Downbound Train, No Surrender e I'm on fire. A dispetto del suono prepotentemente 80's i testi sono tutt'altro che leggeri e danno voce a un sentimento comune diffuso nell'America di quegli anni: il senso di insicurezza, che nasce dall'incrinarsi del sogno americano e dal declino della working class nella società post industriale. Tra le perle, Cover Me che Springsteen in origine aveva scritto per Donna Summer, e Glory Days, brano nostalgico, storia di un uomo che guarda con rammarico ai suoi “giorni di gloria” ai tempi del liceo.

Non si può negare che questo album abbia volutamente un appeal commerciale nettamente superiore a quello dei dischi che l'hanno preceduto, ma i numeri del successo su scala globale non devono far dimenticare che Born in the U.S.A. è stato un fantastico mezzo per far arrivare gli ideali e l'approccio di Springsteen alla musica ad un pubblico che fino a quel momento non si era accostato ai suoi dischi. Un buon motivo per considerarlo quello che è: un album storico e anche un capolavoro.

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Gianni Poglio