La crisi delle discoteche è la fine di un'era
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Musica

La crisi delle discoteche è la fine di un'era

Niente è per sempre: ai ragazzi piace ancora ballare, ma la "disco" non è più l'unico punto di riferimento. Ecco perché...

C'era una volta la discoteca. In città in provincia, nei santuari dell'estate, era quello il punto di riferimento, il cuore pulsante della notte. Anni e anni di Febbre del sabato sera (e non solo del sabato), locali stipati, incassi pazzeschi, code infinite all'entrata dei club, i privè, gli amori, i flirt...

Ecco, tutto questo è una reminiscenza del passato. Basta un numero: negli ultimi tredici anni sono oltre duemila le discoteche che hanno chiuso i battenti su un totale di settemila lungo l'Italia. Una situazione immortalata con efficacia nell'ultimo singolo di Max Pezzali, Discoteche abbandonate e soprattutto nel libro Disco Mute - Le discoteche abbandonate d’Italia (a cura di Alessandro Tesei e Davide Calloni, edizioni Magenes) ricco di immagini di quelli che furono paradisi notturni adesso trasformati dal tempo e dall'incuria in luoghi decadenti, reliquie di un'era finita per sempre. Per quelli che resistono le notizie non sono incoraggianti: nel 2023 gli incassi dei disco club sono calati del 30% rispetto al 2022.

Dietro il declino di un mito ci sono sempre molte ragioni, la prima è che nessuna formula di intrattenimento è destinata a durare per sempre. Ci sono poi altri fattori che occorre prendere in considerazione, a cominciare da quello più generale, ovvero il calo demografico: oggi, i giovani sono molti meno rispetto agli anni Settanta, Ottanta, e Novanta. L'ultimo rapporto Istat parla di tre milioni di giovani in meno negli ultimi vent'anni...

Ma le ragioni di un tracollo così evidente sono da ricercare anche nell'epocale cambiamento della fruizione della musica da parte dei teenager nell'era dello streaming e nelle differenti forme di socializzazione digitale, da Instagram a Tik Tok. Occorre poi dire che in un mondo che cambia alla velocità della luce, il format discoteca non ha saputo rinnovarsi, rimanendo ancorato ad un modello di intrattenimento che non ha retto al cambio dei tempi e dei trend.

Da non sottovalutare poi il costante lievitare dei costi di gestione e l'impatto del Covid e del lockdown che per un paio d'anni hanno tenuto giovani e giovanissimi lontani dalla discoteca e dai suoi riti contribuendo ad allontanarla dall'immaginario collettivo come luogo di divertimento.

Detto questo non è assolutamente vero che i giovani non ballino più , semplicemente ballano altrove: nelle strade della movida, nei ristoranti, nei pub, davanti ai chioschi in spiaggia, nei rave party, nelle feste private, in città come in ville di campagna. I deejay set proliferano ovunque, a volte, come denunciano i gestori dei locali, senza che ci siano le autorizzazioni necessarie e la licenza per il ballo.

In questo contesto saranno decisivi i prossimi due-tre anni per capire se le discoteche hanno ancora un barlume di futuro. Oggi, per chi non è più giovanissimo, fa una certa impressione vederle trasformate in negozi e supermercati oppure malridotte e cadenti, abbandonate al loro destino. Come reperti di un passato lontano...

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Gianni Poglio