Daft Punk "drumless": quando la discografia raschia il fondo del barile
Il capolavoro del duo francese viene ripubblicato in cd e vinile senza gli elementi di batteria e percussioni dell’album originale: un’operazione senza senso, soprattutto nei brani più dance
C'è una data che ha rappresentato un autentico spartiacque per il rilancio in grande stile della disco music, sebbene in una versione più contemporanea: il 17 maggio 2013. Quel giorno è uscito in tutto il mondo l'album-kolossal Random Access Memoriesdei Daft Punk, diversissimo dai loro lavori precedenti all'insegna della dance elettronica, realizzato interamente attraverso strumenti veri, senza ricorrere a suoni campionati. L'album del duo francese composto dai "robotici" Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo, i cui volti sono immancabilmente celati dai caschi, ha rilanciato clamorosamente le quotazioni degli "ospiti" Nile Rodgers e Giorgio Moroder e, più in generale, delle sonorità funk-disco degli anni Settanta, genere ingiustamente sottovalutato dalla critica, ma mai dal pubblico, che l'ha sempre amato e celebrato. Una tendenza che ha contagiato immediatamente i maggiori dj e producer di musica house ed elettronica, ma soprattutto artisti mainstream come Bruno Mars, Justin Timberlake, The Weeknd, Dua Lipa, Kylie Minogue, Doja Cat, Katy Perry e Miley Cyrus, che hanno omaggiato quelle atmosfere con singoli di grandissimo successo. Vincitore di 5 Grammy Awards, tra cui Album dell’anno, Random Access Memories è forse il più importante album del terzo millennio, un capolavoro che non smette mai di regalare emozioni a ogni ascolto. Pochi mesi fa, a maggio 2023, è uscita una versione celebrativa per i dieci anni dell’ultimo album dei Daft Punk (che si sono sciolti ufficialmente nel 2021 come duo), in cui, accanto al disco rimasterizzato, troviamo un secondo supporto con 9 nuove tracce demo e outtake, per un totale di 35 minuti di musica inedita mai pubblicata prima d’ora.
Una riedizione utile e interessante, che ci porta direttamente all’interno del processo creativo del duo francese, mostrando come si è arrivati alla versione definitiva di alcuni brani di Random Access Memories o facendoci ascoltare per la prima volta pezzi che poi non sono rientrati nella tracklist dell’album. Ben diverso è il caso di Random Access Memories (Drumless Edition), pubblicato ieri in formato CD, doppio LP e in digitale (compresa la versione in Dolby Atmos). Una “nuova” versione dell’album, che elimina tutti gli elementi di batteria e percussioni, facendo così, si legge nel comunicato stampa ufficiale, «emergere una qualità senza tempo e dando agli ascoltatori la possibilità di immergersi più a fondo negli strati che compongono ogni traccia». In realtà si poteva sintetizzare il comunicato con un più onesto e chiaro «abbiamo raschiato il fondo del barile». Davvero non capiamo il senso, per un album orientato alla dance (anche se in realtà le influenze, che vanno dal jazz al prog, sono ben più ampie ), di togliere ogni elemento ritmico, dando l’impressione di canzoni mozzate.
È un po’ come pubblicare Who’s next degli Who senza la batteria di Keith Moon o Led Zeppelin IV senza i tamburi infuocati di John Bonham: è evidente che manchi un pezzo fondamentale di quelle composizioni, soprattutto nei brani più ritmati. Prendete la versione originale della mega hit Get Lucky: dopo 50 secondi arriva il chorus e il drop, in cui la batteria dà la spinta alla voce di Pharrell Williams e fa venire una tremenda voglia di ballare, anche a chi ha superato l’età in cui le ginocchia tendono a giocare brutti scherzi, se eccessivamente sollecitate dalla danza. Ecco, tutto questo non c’è nella “drumless version”, per non parlare dell'esaltante Give life back to music o del brano gemello Lose yourself to dance, dove la batteria, l’handclap e l’afterbeat (per non parlare della magica chitarra funky di Nile Rodgers) rendono praticamente impossibile rimanere fermi al proprio posto: il brano, senza elementi percussivi, perde almeno il 50% del suo impatto emotivo. Un altro capolavoro di Random Access Memories è sicuramente Giorgio by Moroder: dopo l’emozionante racconto dei difficili esordi nel mondo della musica del produttore di Ortisei (tre volte Premio Oscar) fino alla scoperta della musica del futuro attraverso i synths modulari, il pezzo diventa assolutamente irresistibile, con l’ingresso della batteria e degli archi, mentre nelle drumless version si ha sempre l’impressione che stia per arrivare il beat, ma senza che questo accada mai.
Uno dei brani più memorabili di Random Access Memories è Touch, cantata magistralmente dall’esperto Paul Williams: personalmente ritengo che ci sia un momento, al minuto 3.21, tra i più emozionanti nella musica degli ultimi 30 anni, in cui subentrano (dopo una lunga e morbida introduzione in cui il cantante racconta la mancanza del tocco umano in un mondo sempre più freddo e distopico) la batteria, le tastiere e un trionfo di fiati che ti travolge e ti lascia quasi senza fiato. Ecco, tutto questo pathos viene anestetizzato e depotenziato nella versione senza batteria, ed è davvero un peccato. L’operazione “album senza batteria” va decisamente meglio nei brani con sviluppi progressive come Within, Beyond e Motherboard: nella versione originale del primo la batteria è delicata e jazzata, quindi non se ne sente troppo la mancanza. In Beyond drumless version si apprezzano maggiormente le voci robotiche, la chitarra e il basso (davvero magistrali), mentre Motherboard forse guadagna persino qualcosa senza elementi percussivi e diventa ancora più misteriosa e psichedelica: una perfetta colonna sonora di un film di fantascienza. Anche in un brano midtempo come Instant Crush, cantata con voce effettata da Julian Casablancas, non sentiamo differenze enormi con l’originale, mentre perde molto senza batteria il delizioso dance-pop Fragments of time con Todd Edwards, soprattutto nel ritornello.
Doin’it right, senza beat, sembra quasi un brano dei Beach Boys più lisergici degli anni Settanta, mentre Contact, dove l’impetuosa batteria è assolutamente centrale nella versione originale, è quasi irriconoscibile e molto meno interessante. Sappiamo da anni che la discografia è in crisi e che lo streaming non ha fatto altro che lenire una malattia conclamata, ovvero lo scarso appeal “fisico” della nuova musica, che spesso viene consumata e poi dimenticata nel giro di pochi mesi dopo essere stata ascoltata distrattamente sulle piattaforme digitali. Ecco, quindi, che la riedizioni e i cofanetti celebrativi di album pubblicati 30/40/50 anni fa sono una boccata d’ossigeno per le etichette discografiche, soprattutto durante le festività natalizie, l’unico periodo in cui il mercato dei cd e dei vinili conosce una forte impennata. Insomma, le major vogliono che i fan acquistino gli album che già possiedono, ma in casi come le riedizioni per i 50 anni di The dark side of the moon dei Pink Floyd o per il mezzo secolo di Pet Sounds dei Beach Boys le differenze con i precedenti cofanetti pubblicati in occasione dei 40 anni sono pressoché inesistenti. Ecco, quindi, che i soldi spesi per Random Access Memories (Drumless Edition), che online costano circa 19 euro per il cd e 43 euro per il vinile, potrebbero essere investiti meglio per la recente edizione del decennale dell’album o per un altro disco dei Daft Punk che, partendo dalla disco anni Settanta e dalla techno, hanno portato l’elettronica alla portata di tutti senza mai rinunciare alla qualità. Random Access Memories, ultimo capitolo discografico del duo francese prima del loro scioglimento nel 2021, è un capolavoro che non ha bisogno di essere modificato per continuare a sprigionare, anche nei prossimi anni, tutta la sua magia.