David Gilmour live at Pompeii: tra magia e nostalgia - Recensione
Brani solisti e grandi classici nel doppio cd che documenta gli spettacolari show del 2016. Bellissimi, ma imparagonabili con il concerto dei Floyd nel 1971
Una premessa: mettersi all'ascolto di questo album cercando improbabili connessioni nostalgiche con i leggendari show dei Pink Floyd del 1971 a Pompei non ha alcun senso. L'unica canzone in comune tra Pompei 1971 e Pompei 2016 è One of these days, intensa e bellissima come sempre.
Il resto è magia firmata David Gilmour. Che apre lo show con una triade dal suo ultimo album solista Rattle that lock (5 AM, la title track e Faces of stone, un gioiello che racconta di una struggente passeggiata con la madre affetta da demenza senile).
Nella setlist la prima citazione dei Pink Floyd è What do you want from me da The Division Bell, uno dei tre album del gruppo senza Roger Waters. Il primo vero tuffo nel passato leggendario è The Great gig in the sky, magnifica come sempre, tratta da The dark side of the moon.
Dopo A boat lies waiting, evocativo tributo a Richard Wright, si ripresentano i gloriosi Settanta con Wish you were here (accompagnata dal pubblico) e Money. La vera perla dell'album è però Fat old sun da Atom Heart Mother.
Emozionante ed eseguita conclasse On an island, spettacolare title track dell'album solista omonimo. Today e Sorrow conducono al gran finale con Run like hell (da The Wall) Time-Breathe in the air e, naturalmente Comfortably Numb. Più che un concerto, un rito. L'ennesima celebrazione di una storia (quella dei Pink Floyd, ma anche di Gilmour da solo) che non smette mai di regalare buone vibrazioni.