L’arte in musica di Francesco De Gregori
Non pubblica un album di inediti da più di dieci anni, eppure è un artista in piena attività, capace di evolvere, stupire e incantare ancora, anche se qualcuno che arriccia il naso c’è sempre.
Sold out. Vanno così le venti date consecutive a Milano di Francesco De Gregori. Non male per uno che non pubblica un album di inediti dal 2012 e che, a detta dei detrattori, non trova di meglio che prestare le proprie canzoni alle pubblicità o a progetti come il disco con Checco Zalone e le tournée sbanca botteghino con Lucio Dalla prima e Antonello Venditti poi.
Francesco De Gregori in questi ultimi dodici anni ha dato vita al suo terzo tempo artistico e chi l’ha seguito ha potuto apprezzarne i risvolti artistici e la crescita umana.
La prima fase degregoriana è quella legata ai grandi successi degli anni Settanta e Ottanta: in alcune recenti interviste, in cui emerge il gusto e il piacere di raccontarsi in modo leggero e profondo insieme, è proprio De Gregori a ricordare con quale facilità scrivesse - toccato dall’ispirazione - canzoni che poi sono divenute riconosciuti capolavori. A questa prima fase è subentrata quella della maturità, meno amata dai nostalgici e anche meno conosciuta dal pubblico generalista: il De Gregori degli anni Novanta ha insistito sulla ruvidità nei suoni e, con testi graffianti, ha spesso scosso il suo pubblico che, in attesa dei grandi classici, si trovava ad assistere a concerti in cui le canzoni venivano destrutturate e riarrangiate senza spiegazioni, senza preamboli, senza dialogo tra artista e pubblico. E’ stata questa la fase pienamente dylaniana di De Gregori, nell’evento dal vivo così come nella scrittura di testi e musiche.
L’ultimo tempo di De Gregori coincide con la quasi totale cessazione dell’autore di testi e musiche nuove: il cantautore fa spazio al cantante, che diventa lentamente un crooner e porta sul palcoscenico il gusto per cantare, rifacendo i suoi pezzi che per tanti anni ha suonato mostrandosi quasi sprezzante, riportandoli talvolta alle sonorità originali. In questo tempo, che corrisponde a questo ultimo decennio, De Gregori cambia gradualmente il modo di porsi: viene meno l’impaccio di parlare con il pubblico e, con la serena convinzione di non dover giustificare le proprie scelte artistiche, inizia una fase costituita da duetti, rievocazioni, esperimenti, chiacchiere, spiegazioni, piccole confidenze. Sono gli anni del bellissimo “Amore e Furto” (2017), un album che traduce in italiano alcune canzoni di Bob Dylan, cantautore premio Nobel per la letteratura, e che vale come operazione artistica tra le più pregiate degli anni Dieci del terzo millennio. Fino ad arrivare al sold out milanese, dove cinquant’anni prima proprio De Gregori aveva passato una brutta serata durante un concerto milanese contestato con le maniere forti.
De Gregori, con la fede della moglie al dito mignolo, in questo autunno milanese sceglie di mettere in scena un concerto di canzoni poco note, “perfette sconosciute”, e lo fa in una cornice di pubblico ristretta, con il contributo di ospiti ogni sera straordinari: Gianna Nannini, con cui imbraccia l’elettrica, Lorenzo Jovanotti, che lo ringrazia per l’umanità e la presenza degli ultimi mesi, e poi Elisa, Ligabue, Zucchero. E altri ancora, che già ci sono stati e che arriveranno al fianco del Principe.
Al teatro Out-Off c’è il meglio del panorama musicale italiano, altro che festival estivi, altro che dischi di platino, altro che festival di Sanremo. E’ De Gregori il cuore pulsante della musica d’autore del 2024. Fortunato chi lo sa, l’ha capito, l’ha visto e l’ha sentito. Per gli altri, non resta che mettersi in attesa e fare spazio all’arte e alla musica di uno come De Gregori, ultrasettantenne coraggioso sempre nuovo.