I Deep Purple, dopo 50 anni, sono ancora dei fuoriclasse dell'hard rock
La band inglese ha entusiasmato l'Auditorium Parco della Musica di Roma con un sapiente mix tra il glorioso passato ed il presente di Whoosh! e Turning To Crime
Se qualcuno volesse ricercare il segreto della magia sessantennale del rock, può trovarlo custodito, come un prezioso scrigno, tra i solchi di Made in Japan, leggendario doppio disco live del 1972 che restituisce pienamente l’atmosfera incendiaria dei concerti dei Deep Purple. Solo i Led Zeppelin sono riusciti a superare i Deep Purple nella classifica di miglior band hard-rock di tutti i tempi, ma è innegabile che i due gruppi, insieme ai Black Sabbath, sono ancora oggi i massimi punti di riferimento per chi voglia accostarsi a un genere che, partendo dal rigore del blues, ha trasformato il rock in una miscela esplosiva.
E poco importa se la line up dei Deep Purple non è più da anni la leggendaria formazione chiamata «Mark II», il quintetto perfetto con il cantante Ian Gillan, il chitarrista Ritchie Blackmore, il tastierista John Lord, il bassista Roger Glover e il batterista Ian Paice. Don Airey è subentrato da anni con successo nel ruolo che fu del compianto John Lord, mentre oggi il nordirlandese Simon McBride è l'ultimo sostituto (dopo quasi 30 anni di Steve Morse, che si è preso una pausa di alcuni mesi per assistere la moglie malata di cancro) del leggendario Ritchie Blackmore, fra i più celebri e influenti chitarristi della storia del rock. Lungi dal cullarsi nel suo glorioso passato, la band ha continuato a pubblicare musica originale, come l'ottimo Whoosh! del 2020, il ventunesimo album di inediti della loro fortunata carriera, prodotto dall'esperto Bob Ezrin, e dal recente disco di cover Turning To Crime. «Wooshrappresenta la velocità del tempo, l’inafferrabilità, la transitorietà dell’esistenza, il passaggio continuo di situazioni ed eventi storici davanti ai nostri occhi», ci ha detto qualche mese fa lo storico bassista Roger Glover in un'intervista a Panorama.it. «Cinquant' anni di carriera sembrano tanti ma in realtà non sono niente: sono stati velocissimi». Un sapiente mix tra passato e presente ha caratterizzato il concerto dei Deep Purple nella suggestiva Cavea dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, il primo show del mini-tour italiano della band inglese a supporto di Woosh! eTurning To Crime, che si concluderà il 17 ottobre 2022 al Forum di Assago. Ciò che resta di un artista, al di là dei premi, delle vendite e dei numeri dello streaming, sono le canzoni, e sono davvero poche le band, in ambito hard rock, che possono vantare un canzoniere del livello dei Deep Purple. Non a caso il concerto è partito fortissimo, poco dopo le 21, con l'esaltante inno rock Highway Star, a cui sono seguite, senza un attimo di pausa, Pictures of Home e No Need to Shout. Nothing At All, terzo singolo estratto da Whoosh!, è un brano di ispirazione ecologista sull'impatto che noi umani abbiamo sulla Madre Terra nel corso della nostra esistenza. Ian Gillan, quasi 77 anni portati splendidamente con t-shirt e jeans attillati, dedica Uncommon Man all'indimenticabile John Lord: un brano che dimostra ancora una volta le straordinarie doti strumentali della band, una macchina perfetta, guidata con metronomica potenza dalla batteria di Ian Paice, dove si è inserito perfettamente il nuovo chitarrista Simon McBride, che è riuscito nell'impresa di non far rimpiangere troppo un guitar hero come Steve Morse, senza, però, strafare in virtuosismi.
Gillan oggi non ha più le corde vocali per i lancinanti acuti di Child in time, ma ha ancora una voce eccezionalmente duttile e ricca di pathos, come ha dimostrato la magistrale interpretazione di When a Blind Man Cries, emozionante b-side registrata durante le sessioni di Machine Head nel dicembre del 1971. E proprio il capolavoro Machine Head è stato il fulcro della scaletta di Roma, con ben 5 brani eseguiti sugli 8 complessivi dell'album (Highway Star, Pictures of Home, Lazy, Space Truckin' e Smoke on the Water). Don Airey ha regalato un lungo ed esaltante assolo di tastiere, ricco di citazioni, tra cui il pubblico romano ha particolarmente apprezzato Arrivederci Roma di Renato Rascel, a 110 anni dalla nascita del cantante. Il concerto si è chiuso con un trittico clamoroso: Perfect Strangers, la title track dell'album che ha segnato la reunion della formazione Mark II nel 1984, Space Truckin' e Smoke on the Water, due brani leggendari, che hanno scatenato il singalong degli oltre 3.000 spettatori presenti. Una breve pausa, per riprendere il fiato, e poi un lungo bis con il virtuosistico strumentale Caught in the act, la memorabile Hush, cover di Joe South che è ormai diventata a tutti gli effetti un brano dei Deep Purple, un applauditissimo assolo di basso di Roger Glover e il gran finale con Black Night, con uno dei riff più famosi nella storia del rock. Il concerto è durato un'ora e mezzo circa, senza mai un attimo di pausa o un calo di tensione, in cui i Deep Purple si sono confermati ancora una volta una straordinaria live band, virtuosa e coinvolgente al tempo stesso, in grado di farci sognare, anche in un anno disgraziato come il 2022, un'epoca lontana, nella quale il rock non si accontentava di raccontare la realtà, ma voleva cambiare il mondo. E, un po', ci è riuscito.
La scaletta dei Deep Purple a Roma (02/07/22)
Highway Star
Pictures of Home
No Need to Shout
Nothing at All
Uncommon Man
Lazy
When a Blind Man Cries
Time for Bedlam
Keyboard Solo
Perfect Strangers
Space Truckin'
Smoke on the Water
BIS:
Caught in the Act
Hush (Joe South cover)
Bass Solo
Black Night
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