Marisa Monte Portas
Leo Aversa
Musica

Marisa Monte: «C'è un filo rosso che lega la musica italiana a quella brasiliana»

La cantante carioca, prima artista donna brasiliana a ricevere il Premio Tenco, ha pubblicato da poco l'album solista, Portas

«Vento Sardo, contenuto nel mio nuovo album Portas, è il mio primo brano in collaborazione con Jorge Drexler. Abbiamo scritto questa canzone nel 2016 a bordo di una barca a vela in Sardegna. Il vento rappresenta la natura mutevole dell'aria, della vita e del mondo che è in costante movimento e cambiamento. Tutto scorre, tutto passerà». Parola di Marisa Monte che, con 15 milioni di album venduti e 4 Latin Grammy Awards vinti, è universalmente considerata una delle più importanti cantautrici brasiliane contemporanee, sia per la sua carriera solista che per i due fortunati album con il progetto Tribalistas insieme agli amici e colleghi Arnaldo Antunes e Carlinhos Brown. Acclamata dalla critica per la sua versatilità e per la sua capacità di spaziare tra vari generi musicali, Marisa Monte si trovava in Italia, a Sanremo, per ritirare il Premio Tenco Internazionale, diventando così la prima artista donna brasiliana a riceverlo.
Marisa Monte, lei è la prima donna brasiliana a ricevere il Premio Tenco. Che cosa rappresenta questo premio per lei?
«Sono davvero contenta di questo riconoscimento, vuol dire che ho costruito una carriera molto solida come autrice, anche se il ruolo della cantante è stato ancora più importante per me. Il Tenco è un premio con una grande tradizione, che è stato dato a molti brasiliani prima di me: Chico Buarque, Gilberto Gil, Caetano Veloso, Vinicius de Moraes. Io sono la prima donna a riceverlo, per questo sono molto felice, onorata e grata non solo per me, ma anche per le cantautrici della musica brasiliana e, più in generale, per le donne che, negli ultimi anni, sono riuscite a occupare ruoli sempre più importanti nella società»
Da un punto di vista musicale, c'è sempre stata, fin dagli anni Sessanta, una grande sintonia tra Italia e Brasile. Come se lo spiega?
«Io sono venuta a 18 anni in Italia per studiare canto lirico e classico. Ho capito quanto il Brasile fosse dentro di me quando mi hanno chiesto di cantare canzoni brasiliane nei locali italiani. Non potevo dimenticare tutti i miei riferimenti musicali e le mie radici, così sono tornata un anno dopo in Brasile. Curiosamente, la mia prima hit è stata Bem que se quis, una versione in portoghese di E po' che fá di Pino Daniele: da allora mi sono sempre state chiare le connessioni tra musica brasiliana e italiana. Qui mi sento a casa perché ho molti amici, ho una storia, ho presentato quasi tutti i miei album e conosco meglio di tanti brasiliani la cultura italiana perché ho vissuto un anno da voi»
Dopo tante collaborazioni e tanti lavori con altri artisti, com'è stato tornare a registrare un album da solista?
«Il mio ultimo album solista risale a 10 anni fa, poi ho fatto un tour di due anni, a cui è seguito un altro tour di un anno con Paulinho da Viola, maestro del samba brasiliano e mio coautore. Nel 2017 mi sono ritrovata insieme ai miei amici Arnaldo Antunes e Carlinhos Brown per incidere il secondo album dei Tribalistas, che abbiamo portato in tour in tutto il mondo. Sapevo che era arrivato per me il momento di tornare in solo, dopo tante collaborazioni e tanti lavori con altri artisti, che ovviamente sono sempre un apprendimento per me, oltre che una sfida e un piacere, ma volevo riprendermi la mia voce solista. Avevo diverse canzoni già pronte e avevo deciso di iniziare a registrare l'album nel maggio 2020 a New York insieme a Arto Lindsay, ma, con la diffusione della pandemia e il lockdown, è saltato tutto, così ho dovuto registrarlo in studio a Rio da novembre 2020 fino a marzo del 2021»
Venerdì sera ha avuto grande successo, al Premio Tenco, la sua versione di Insieme di Battisti-Mogol. Come mai ha scelto proprio questa canzone?
«Venerdì è stata la prima volta, dopo due anni, che ho cantato davanti a un pubblico, oltre che la prima volta che ho cantato dal vivo con Dexler la canzone che avevamo inciso in Sardegna cinque anni fa: è stato un giorno molto simbolico. Non mi era mai accaduto, nella mia vita adulta, di non esibirmi per così tanto tempo. Quando ho abitato in Italia ho conosciuto molte canzoni italiane, tra cui quelle bellissime di Mogol-Battisti. Loro sono i più importanti autori di canzoni pop "classiche". Insieme, che fa parte anche del repertorio di Mina, la suonavo a casa già da molti anni con la chitarra. Quando ho saputo del premio Tenco a Mogol ho voluto interpretare Insieme come omaggio sia a lui che all'Italia, che mi ha dato sempre tanto e dove tornerò la prossima estate per alcuni concerti estivi»
Ha scritto la title track Portas quattro anni fa, ma adesso, durante la pandemia, sembra un titolo più attuale che mai: molte porte si sono chiuse negli ultimi due anni, ma, paradossalmente, altre porte si sono aperte. Che ne pensa?
«Sì, la canzone è stata scritta prima della pandemia, ma è molto attuale perché le porte di cui parlo sono fortemente simboliche. Portas tratta alcune questioni senza tempo: come affrontare scelte, decisioni, dubbi, cambiamenti e nuove opportunità. Ci sono porte che puoi aprire verso l'esterno, ma ci sono anche porte interne, ci sono porte fisiche e porte metafisiche. Portas è una canzone filosofica, che dopo la pandemia ha guadagnato maggiore importanza, tanto da dare il titolo a tutto il progetto, perché tutti, dopo questo periodo tragico e difficile di chiusura, volevamo aprire le porte e riacquistare poco a poco tutte le nostre libertà. La canzone pone alcune domane e offre anche qualche risposta: "Qual è la porta migliore? Non ha importanza quale sia, non è tutto uguale. Ma tutte le porte aprono in un qualche posto. E, non necessariamente deve essere una porta sola, tutte servono per uscire e per entrare. È comunque meglio aprire per far cambiare aria a questo corridoio"».

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Gabriele Antonucci