Nick Cave, Wild God: il ritorno alla luce di un genio
Un album splendido che spazza via la malinconia e la disperazione degli ultimi anni, un ritorno alla gioia, alla musica che regala piacere, pervasa da una visione estatica e ottimistica che sembrava persa per sempre
Risorgere, ritrovare se stessi, rimettere insieme tutti i pezzi del puzzle che le tragedie della vita (la morte di due figli nell'arco di sette anni) avevano smembrato inesorabilmente. È quello che ha fatto Nick Cave nelle canzoni di Wild God, un album che spazza via la malinconia e la disperazione degli ultimi anni, un ritorno alla gioia, alla musica che dà piacere anche perché pervasa da una visione estatica e ottimistica che sembrava persa per sempre. Un atto d'amore nel puro senso della parola, mistico e avvolgente.
Tutto questo per dire che Wild God è un album bellissimo, attraversato da quell'intensità unica e speciale che nasce quando Cave entra in studio con i Bad Seeds (ci sono anche Colin Greenwood dei Radiohead al basso e un'ensemble straordinario di voci femminili).
Intendiamoci Cave è quanto di più lontano ci possa essere dalla leggerezza insostenibile del pop moderno, le sue canzoni sono sempre intrise di dolore, sofferenza e morte, ma questa volta alla fine del tunnel c'è la luce, un'euforia inedita e contagiosa. Specie nella bellissima O Wow O Wow, dedicata alla collaboratrice e compagna di un tempo, Anita Lane, morta nell'aprile del 2021.
L'ariosa Song of a lake apre l'album spalancando porte e finestre con la potenza di un gospel intarsiato di rock, Wild God è un brillante country blues cantautorale, mentre Joy è la fotografia nitida dello stato d'animo che attraversa il disco. Lo spirito selvaggio degli inizi si è evoluto ed è presente nei pezzi di Wild God in un'altra forma che racconta la trasformazione del padrino del goth rock. Fuori dal trauma, lontano dal dolore c'è la forza della musica, qui più potente che mai. Non servono altre parole: ascoltate ad alto volume i travolgenti intrecci vocali di Conversion...