Quando i Pink Floyd suonarono al Piper di Roma
(danilo steffanina)
Musica

Quando i Pink Floyd suonarono al Piper di Roma

La band inglese, che allora aveva pubblicato un solo album, si esibì il 18 e il 19 aprile 1968 nello storico locale. Due concerti leggendari, ripercorsi nel libro “Il Piper Club” di Corrado Rizza

Sono passati 60 anni da quel 17 febbraio del 1965, data di inaugurazione del Piper Club di Roma, ma l’energia e il fascino di quel locale che, più di tutti, ha caratterizzato l’epoca del beat a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, non si sono ancora esauriti. Prima di diventare il Piper, quel grande spazio ancora spoglio di via Tagliamento, incastonato tra il Quartiere Trieste e il Coppedè, era un cinema che non aveva ottenuto i permessi di agibilità. Con una felice intuizione, i due proprietari Alberigo Crocetta e Giancarlo Bornigia, avvocato il primo, commerciante il secondo, lo decorarono con opere di artisti d’avanguardia come Andy Warhol, Piero Manzoni, Mario Schifano e Mario Cintoli, trasformandolo in un punto di riferimento della vita mondana, ma soprattutto in un luogo che avrebbe cambiato il modo di ballare e di vivere le ore notturne.

Il Piper è stato il simbolo di un passaggio d'epoca, un punto di aggregazione, una pista di lancio per nuovi talenti nell'Italia dinamica dei secondi anni '60, ma anche un mezzo per l'affermazione della nuova musica, non solamente commerciale. Lo storico locale di Via Tagliamento è stato inoltre il trampolino di lancio per le carriere di Renato Zero, che allora era un filiforme ballerino nello show serale di Rita Pavone, e di Patty Pravo, soprannominata “la ragazza del Piper”. Al Piper hanno suonato artisti leggendari come Pink Floyd, Procol Harum, Genesis, David Bowie, The Who, Byrds, Sly and the Family Stone, Nirvana, fino a leggende del jazz come Duke Ellington e Lionel Hampton. Grazie a oltre 200 immagini, quasi del tutto inedite, nonché a documenti e testimonianze dei protagonisti, il libro “Il Piper Club.

Il tempio del Beat dal 1965. Le immagini, le storie, i protagonisti” (Vololibero Edizioni, pagg.157), scritto dal dj, regista, produttore e scrittore Corrado Rizza, è un viaggio nei favolosi anni Sessanta: anni di grandi speranze per un mondo migliore, soprattutto un mondo di pace, tolleranza, uguaglianza e fraternità. Il volume, a cura di Claudio Fucci e con la postfazione di Guido Michelone, ripercorre, attraverso racconti, aneddoti, interviste e curiosità, la storia e le storie del Piper Club: ideazione, progettazione e inaugurazione, feste, complessi beat e rock, le Piperine e i Piperini, ospiti di fama internazionale, Vip e nottambuli, i Rolling Stones, gli Who e i Pink Floyd, il tutto corredato da numerose playlist per leggere e ascoltare contemporaneamente la musica dell’epoca. Per gentile concessione dell’editore Vololibero, pubblichiamo due estratti del libro sui due concerti dei Pink Floyd, che si esibirono il 18 e il 19 aprile 1968 in “quello strano locale che si trovava in una grotta con una lunga scala per accedervi”, come loro stessi definirono il posto. Il gruppo, formato allora da Roger Waters, Nick Mason, Richard Wright e David Gilmour (che aveva di fatto sostituito Syd Barrett) era praticamente sconosciuto in Italia, avendo allora pubblicato un solo disco, The Piper at the Gates of Dawn, che aveva avuto un discreto successo in Inghilterra. Oltre ad esibirsi al Piper, i Pink Floyd suonarono anche al Palazzo dello Sport di Roma il 6 maggio del 1968, in occasione del primo "International Pop Festival" d'Europa.

I Pink Floyd arrivarono letteralmente a piedi scalzi e con i primi capelli afroamericani che si fossero visti in giro; non erano ancora arcifamosi, lo diventeranno poi, ma il Piper era lo stesso pieno da scoppiare e, per la prima e anche l’ultima volta, nel locale sentimmo strani ed esotici effluvi profumati e osservammo inconsuete nuvole di un azzurro intenso. Ci fu anche l’episodio dell’équipe dei tecnici della Rai, tre bravi e ignari padri di famiglia di mezza età, che uscirono dalla stanzetta senza finestre e adiacente ai camerini con un’aria stranamente allucinata ed euforica... Inquinamento?

Eddie Ponti

Sulla busta “Pink Floyd, Piper Club, Piero”

di Stefano Pogelli (collezionista)

“Una manciata di foto, una decina, saltano fuori, dimenticate, dopo tanti anni, da un cassetto. La busta è quella della confezione originale da 25 fogli: Ferrania Vega 208, gradazione 4,bromuro extra contrasto, bianco brillante. C’è ancora il prezzo, 750 lire, un sacco di soldi allora; con 500 lire ci comperavi un 45 giri, con 100 un pacco di biscotti e con le 150 che ti restavano, se già fumavi, un pacchetto di sigarette. La busta è ingiallita, come le foto contenute all’interno. Il bianco brillante e il bromuro extra contrasto si sono stemperati, negli anni, in una sfumatura ambrata e grigiastra. Sulla busta c’è scritto “PinkFloyd, Piper Club, Piero...”. Le ha ritrovate la moglie Marina De Tullio, mettendo in ordine la casa della signora Rina mamma di Piero, purtroppo scomparsa. Piero è Piero Poletti. I Pink Floyd fotografati da Piero nel 1968, erano ambasciatori venuti da una galassia lontana. Cosa resta di un sogno? Chi sa, forse con gli anni quelle stampe Ferrania Vega 208, bromuro extra contrasto, bianco brillante, gradazione 4, confezione da 25, prezzo 750 lire, tenderanno a scurirsi del tutto e i volti di Roger e Nick, di Richard e David torneranno per sempre nell’ombra. Gli atomi di quello che siamo stati, di ciò che abbiamo amato viaggeranno alla rinfusa, sparpagliati, verso Alfa Centauri e Vega, Andromeda e Sirio... il buio... il freddo... lo spazio... Let be there more light...”

La scaletta dei Pink Floyd al Piper Club, 18 aprile 1968

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Gabriele Antonucci