prince purple rain
(Ansa Warner
Musica

Prince: 40 anni di Purple Rain, l’album-manifesto della sua arte

Il 25 giugno 1984 usciva l'album più famoso e compiuto del genio di Minneapolis, poi diventato anche un film di successo, grazie a cinque singoli nella Top Ten

L’incontro tra la sensualità del funky, il calore del soul e l’irruenza del rock, oltre a un’ impareggiabile genialità compositiva e a una straordinaria tecnica come polistrumentista, sono solo alcuni dei segreti dell’inconfondibile sound di Prince. La sua musica è stata un costante work in progress, in continua evoluzione e sempre aperto a nuove influenze, che ha permesso al genio di Minneapolis di rinnovarsi costantemente nel tempo, senza mai snaturare il suo inconfondibile stile.

I temi ricorrenti della sua monumentale produzione discografica, che consta di ben 38 album in studio (di cui numerosi doppi e tripli) sono il sesso in tutte le sue sfumature, l’amore romantico, una spiritualità difficilmente catalogabile nei rigidi schemi di una confessione religiosa e i mali oscuri della società. Mentre gli anni Ottanta erano dominati da artisti rassicuranti e vagamente dandy, Prince sembrava un inquietante mix dei suoi eroi del passato: si vestiva come Jimi Hendrix, aveva i baffi di Little Richard e ballava come James Brown, ma al ritmo della amata drum machine Linn, collegando idealmente la tradizione del funk e del rock con il suono del futuro. La sua attività era a dir poco febbrile. A volte lavora anche tre giorni di seguito senza dormire, dividendosi tra tre band, i Revolution, i Time e le Vanity 6. Prince usa la sua musica e la sua immagine per superare le barriere tra razze, generi e stili musicali (i suoi idoli sono Joni Mitchell, Carole King, Fleetwood Mac, Eric Clapton, Rolling Stones e Jimi Hendrix), cambia con naturalezza registro vocale da maschile a femminile, i suoi abiti eccentrici sono creati su misura per lui, i suoi show sono esperienze multisensoriali, quasi dei riti dionisiaci.

Prince è stato protagonista, negli anni Ottanta, di un vero e proprio derby musicale con Michael Jackson, dividendo in due, come solo i grandi riescono a fare, i loro fan. Entrambi neri, nati tutti e due nel 1958, cresciuti a pane e dischi black della Motown e della Stax, le storiche etichette del soul anni Sessanta, dotati di un talento fuori dal comune, i due erano destinati fin dalla culla a diventare rivali. Un altro elemento che ha accomunato i due pesi massimi della musica nera di quel periodo è stata l’uscita negli anni Ottanta di due film semi-autobiografici, ma mentre Moonwalker non fa onore alle enormi qualità artistiche di Michael Jackson, scomparso 15 anni fa, molto più convincente risulta Purple Rain, anche se girato con risorse ridotte dallo sconosciuto regista Albert Magnoli. La pellicola, uscita il 27 luglio 1984, racconta le vicende di Kid, alter ego di Price, tra tormentate vicende familiari a causa dei genitori litigiosi e violenti, l’amore per la sua ragazza e le difficoltà nel farsi strada nel competitivo mondo dello show business, in cui ogni singola esibizione in un night club potrebbe cambiare tutto. Il film incassò oltre cento milioni di dollari e la colonna sonora vinse un meritato Oscar.

Il disco, il sesto della carriera del genio di Minneapolis, rimase per 21 settimane consecutive al primo posto nelle classifiche americane, un record battuto soltanto da, neanche a dirlo, Michael Jackson, che con Thriller restò sul podio più alto delle charts per ben 28 settimane. Purple Rain, insieme agli altri due capolavori 1999 e Sign 'O’The Times, è una delle poche occasioni in cui il genio di Minneapolis ha trovato un equilibrio perfetto tra creatività e accessibilità, realizzando un album perfettamente fruibile dall’inizio alla fine, con cinque hit radiofoniche, eppure ricco di sperimentazione e di soluzioni musicali innovative. I nove brani del disco (gli stessi di Thriller), per quasi 44 di musica assolutamente godibile, sono costruiti su complesse multistrutture ritmiche, con un perfetto connubio tra musica suonata e programmata (drum machine, synths), tra organico e digitale, rendendolo ancora oggi attuale nel sound, a differenza di altri lavori anni Ottanta, che suonano irrimediabilmente datati.

L’album, pur non essendo tecnicamente un concept album, è un viaggio musicale con una sua perfetta coerenza sonora e tematica. L’inizio è folgorante, con Prince, nei panni di un fervente predicatore laico, che ci invita a “riunirci per superare questa cosa chiamata vita” e a non farci “trascinare giù dall’ascensore” del diavolo. Per raggiungere “un mondo di felicità senza fine” è necessario superare la “pioggia viola” con un pizzico di follia: e quale modo migliore, per iniziare questo viaggio catartico, che ballare sull’indiavolato ritmo funky-rock di Let’s Go Crazy, una canzone che andrebbe ascoltata ogni mattina per darsi la carica appena svegliati, con un assolo di chitarra tra i migliori mai incisi. L’amore, il cuore pulsante della produzione di Prince, è romantico in Take Me With U, scritta originariamente per le Apollonia 6 (evoluzione della sua band al femminile Vanity) e poi diventata un duetto con la stessa Apollonia, è geloso e possessivo in The Beautiful Ones, è scandaloso e carnale in Darling Nikki.

Quest’ultima, talmente esplicita nei testi da portare all'introduzione sulle copertina di cd e vinili degli adesivi Parental Advisory per iniziativa di Tipper Gore (moglie del senatore Al Gore, quello secondo cui il mondo doveva già essere finito da anni), è la storia senza filtri di un incontro sessuale tra Prince ed una prostituta che si sta masturbando nella hall di un hotel, il tutto condito da urletti e gemiti che non lasciano nulla all’immaginazione. Computer Blue, I Would Die 4 U e Baby I'm a Star sono tre brani funky tipicamente "princiani", che ha imparato bene la lezione da George Clinton e da Sly Stone, portandola a un livello successivo con l’uso sapiente di tastiere e drum machine. When doves cry (campionata pochi anni dopo dalla sua uscita dal rapper MC Hammer nella fortunatissima Pray) è una canzone innovativa, fortemente black e tutta da ballare, pur senza mai utilizzare il basso, anche se il testo criptico e autobiografico nei riferimenti ai suoi genitori è quanto di meno adatto all’edonismo delle piste da ballo. La chiusura del cerchio è la straordinaria title track Purple Rain, sentito omaggio al suo maestro Jimi Hendrix: una ballad blues “classica” in Do, con un crescendo memorabile di archi e pianoforte, un riff e un assolo di chitarra da antologia e una voce che esprime allo stesso tempo dolcezza e sofferenza.

Oggi, in occasione dei 40 anni dell’album, la Warner Home Video renderà disponibile su alcune piattaforme streaming il film originale in versione 4K, con un 'bonus content' di otto video musicali. Nei mesi scorsi è stato annunciato l'adattamento teatrale di Purple Rain, la cui anteprima si terrà allo State Theater di Minneapolis prima del debutto a Broadway. Il musical, la cui regia è stata affidata a Lileana Blain-Cruz, è basata sulla sceneggiatura originale scritta da Albert Magnoli e William Blinn, mentre il libretto è a cura di Branden Jacobs-Jenkins, finalista al Premio Pulitzer. «Sono passati quasi 40 anni da quando il leggendario film con Prince, Purple Rain, ha conquistato il mondo e non possiamo pensare a un tributo più appropriato per onorare l’artista e il retaggio di Purple Rain se non questo adattamento teatrale», hanno dichiarato L. Londell McMillan, presidente di The NorthStar Group, e Larry Mestel, fondatore e amministratore delegato di Primary Wave Music, che produrranno lo spettacolo. «Siamo entusiasti dei nostri partner di Broadway e del nostro team creativo, che arricchiranno la storia originale con un tocco di teatralità. Non vediamo l’ora che una nuova generazione scopra Purple Rain e che gli amanti del film e dell’album originale ne sperimentino ancora una volta la potenza, questa volta dal vivo».

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Gabriele Antonucci