Quando gli U2 stavano per smettere di essere gli U2
La crisi tra la fine degli Ottanta e l'inizio dei Novanta: un estratto dalla prima biografia di The Edge, chitarrista e regista musicale della band irlandese
The Edge è è sempre stato il regista del suono degli U2. La sua chitarra è diventata nel corso dei decenni un marchio di fabbrica che rende riconoscibile dopo pochi secondi ogni brano significativo della band irlandese. David Howell Evans, il suo vero nome, ribattezzato The Edge da Bono, non è un chitarrista virtuoso nel senso classico del termine, ma piuttosto un musicista curioso e geniale capace di creare muri di suono con la sua chitarra, di sperimentare e di avventurarsi lungo sentieri sconosciuti ai classici chitarristi rock and roll. The Edge Oltre il confine (Sperling & Kupfer) è il libro scritto dal giornalista e critico musicale Andrea Morandi. Qui sotto, un estratto dalla prima biografia di The Edge che rivela un momento di profonda crisi all'interno degli U2 all'inizio degli anni Novanta.
«Essere a Berlino in quei giorni sembrava anche la chiusura di un ciclo vitale su cui non aveva mai riflettuto. A quasi trent’anni di distanza dall’anno in cui era nato, lo stesso in cui era stato tirato su il Muro, si trovava lì, a fissarne le rovine. Gli U2 si ritrovarono a Köthener Straße, all’interno degli Hansa Studios. Con lui, Adam, Bono e Larry c’erano anche Lanois e Eno, ormai parte fondamentale del gruppo. Le ostilità ancora non erano emerse, ma c’era una crepa profonda e invisibile all’interno della band.
Un anno prima Edge e Bono avevano lavorato alle musiche di A Clockwork Orange, una pièce commissionata loro dalla Royal Shakespeare Company, una nuova versione di Arancia meccanica di Anthony Burgess, che aveva ispirato il film diretto da Stanley Kubrick. Ne avevano scritto l’intera colonna sonora, cercando nuove direzioni e nuovi spunti. Edge si era messo ad ascoltare band molto diverse da loro, dagli Stone Roses agli Young Gods, dagli Happy Mondays (la cui «Step On» sarebbe poi diventata qualcosa più di un’ispirazione per «Mysterious Ways») ai Jesus Jones, passando per i My Bloody Valentine e Alan Vega. Larry aveva osservato la nuova direzione in silenzio, cercando di capire cosa stesse succedendo e perché, improvvisamente, la sua batteria venisse messa in discussione. E Adam? Adam cercava di capire da che parte avrebbe cominciato a tirare il vento e quando sarebbero partiti i primi cazzotti. In tutto questo, Eno lasciò il progetto in mano a Lanois e a Flood presentandosi solo una volta alla settimana con il compito di ascoltare e capire cosa funzionasse e cosa no. C’erano molti appunti, molte idee e alcune canzoni abbozzate, ma in realtà non c’era una direzione precisa. Nel giro di una settimana fu evidente a tutti che il materiale che avevano in mano era molto debole.
Gli U2 avevano sopravvalutato gli U2. Sapevano di voler sorprendere tutti, ancora una volta, e che non avrebbero scritto The Joshua Tree Part Two, ma una vera alternativa non c’era. Per diluire il dolore che lo opprimeva ogni volta che pensava ad Aislinn - la moglie da cui si stava separando - e alle bambine, Edge si era buttato a capofitto nelle registrazioni, ma non ne era uscito molto. Allineava tappeti di sintetizzatori, loop e batterie elettroniche, ma riusciva solo a innervosire Larry che sognava di suonare come Ginger Baker. Dopo pochi giorni la crepa si allargò e cominciarono gli scontri verbali tra Larry e Adam da una parte e Bono e Edge dall’altra. Due fazioni distinte. Qualcuno si premurò di far sapere immediatamente ai due che la colonna sonora che avevano scritto per A Clockwork Orange non era brutta, faceva proprio schifo, e che perfino allo stesso Burgess non era piaciuta per nulla. Mentre volavano parole grosse per i corridoi, Edge studiava il rumore delle chitarre dei Sonic Youth prima e poi degli KMFDM, una band industrial metal di Amburgo. Non sapendo leggere la musica, andava continuamente alla ricerca del suono giusto, di qualcosa che fosse distante dalle radici del rock e del blues che avevano seguito con The Joshua Tree e Rattle and Hum. Qualcosa che lasciasse tutti a bocca aperta. Agli U2 piaceva spiazzare, non farsi trovare dove tutti li avrebbero aspettati....»
Sperling & Kupfer
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