Renato Zero festeggia 70 anni con il triplo album Zerosettanta
Roberto Rocco
Musica

Renato Zero festeggia 70 anni con il triplo album Zerosettanta

Esce il primo dei tre nuovi dischi di inediti che vogliono raccontare il percorso umano e professionale del grande cantautore romano

«Ecco dunque la mia ultima produzione, tre album: perfetti, per festeggiare le mie stagioni con grande soddisfazione. Quaranta brani, rappresentativi di un trascorso che qui vuole ribadire lo sforzo e l'attenzione verso quella coerenza che mi ha sempre contraddistinto». Parola di Renato Zero, che ha presentato alla stampa, attraverso una conferenza stampa "virtuale" via Zoom, il suo ultimo progetto discografico, il monumentale Zerosettanta, tre album in uscita ogni mese dal 30 settembre fino al 30 novembre, per celebrare il traguardo dei settant'anni, un progetto ideato e realizzato durante il periodo del lockdown. «Ho approfittato dei momenti di stasi, che ultimamente abbiamo attraversato un po' tutti, per consolidare rapporti artistici e personali. Operazioni necessarie, da cui attingere materia e valore aggiunto e da trasformare in pagine musicali. Quindi compilation languide e nostalgiche: molto meglio emozioni inedite, se possibile».

Un percorso in tre album che vuole raccontare i suoi "rumorosi anni", ma che aspira soprattutto a trasmettere quella coerenza che ha sempre contraddistinto Renato Zero in ogni sua produzione. La trilogia segue il filo della narrazione autobiografica, intesa non come un mero momento di autocelebrazione, ma identificabile più come uno sguardo attento e curioso sempre rivolto al futuro, a quello che sarà. Ispirato dal delicato momento storico che tutti stiamo vivendo, Renato Zero firma tre album, prodotti da lui stesso per Tattica, che sono personali, coraggiosi, ambiziosi e al tempo stesso immediati, accomunati dalla sua fervida creatività. Si parte il 30 settembre da Zerosettanta - Volume Tre, una scelta dovuta al famoso countdown scandito dai suoi fedeli "sorcini" primo del suo ingresso sul palco: "1, 2, 3, Zero!". Dodici brani nuovi di zecca, con la produzione e gli arrangiamenti di due artisti internazionali del calibro di Phil Palmer e Alan Clark, che hanno militato entrambi nei Dire Straits, oltre alle emozionanti orchestrazioni del maestro Adriano Pennino, anticipati dal singolo L'Angelo Ferito, il cui video è un vero e proprio inno contro l'omologazione. Zero, nell'incontro con la stampa, è un fiume in piena, che, partendo dal suo ultimo sforzo discografico, affronta diversi argomenti. «Quello di Zerosettanta è stato un parto difficile ma intrigante, una prova generale dei miei 70 anni» ha dichiarato il cantautore romano.

«Sono orgoglioso di essere arrivato incolume a quest'età e di aver regalato brividi ed emozioni al pubblico: loro sanno che Renato è alle loro spalle, li osserva, li accarezza e canta le loro tematiche. Dietro ogni dolore c'è l'apertura di un cielo, attraverso difficoltà si cresce, si matura e si diventa forti insieme». Un topos della poetica, ma anche della conferenza stampa di Zero, è la parola "insieme", tanto più importante in periodi troppo spesso caratterizzati da isolamento fisico e digitale. "La musica si fa insieme, non da soli con un plugin, in una stanza poco areata. La musica va suonata e va condivisa con un gruppo di persone, altrimenti diventa un soliloquio sterile. Dobbiamo far lavorare le orchestre e i musicisti, non i computer". Per questo il re dei sorcini non vuole esibirsi in streaming, come hanno fatto alcuni suoi colleghi recentemente, né cantare solo per un migliaio di persone.

«Non voglio essere elitario- sottolinea- ed esibirmi solo per 1000 paganti con i soldi. Mi sentirei ingiusto nei confronti degli altri 20.000 che non possono accedere. Non amo festeggiare i compleanni, lo avrò fatto 3 o 4 volte in vita mia, ma questo dei 70 anni non me lo voglio perdere, voglio vedere le rughe dei miei colleghi sul palco, i reumatismi e le anche le defezioni della nostra età. Si farà più avanti, ma voglio con me tutto il mio pubblico, che si merita un grande show». Zero è entusiasta del nuovo, monumentale lavoro, ma non di come le radio abbiano recepito i suoi ultimi lavori. «Ho speso energia e danaro per realizzare un'opera come questa, mi auguro che le radio lascino al pubblico la possibilità di stabilire se Renato Zero ha fatto una cazzato o meno, senza farsi condizionare da questa storia del 'target', che è una sorta di razzismo musicale. Gli artisti vanno accarezzati e difesi, va rispettato il loro lavoro».

In un periodo in cui alcuni artisti sfruttano i travestimenti per coprire le loro lacune musicali, Renato ha ribadito come per lui le paillettes siano state soprattutto un mezzo per far passare i suoi messaggi negli anni Settanta.

«Le paillettes mi hanno offerto l'opportunità di far accettare certi miei appelli, certe posizioni non leggere sull'aborto, la pedofilia, le borgate, la gente emarginata e su altri temi spinosi. La figura colorata, stravagante che mi ero dato, quando apriva bocca, cantava l'opposto di ciò che rappresentava. Il fine giustifica i mezzi, era un modo di attirare l'attenzione su di me per fare breccia con i miei argomenti, non volevo che vincessero le paillettes, che consideravo un mezzo di locomozione per far transitare un pensiero, un modo di essere". Una scissione quasi pirandelliana, tra finzione e realtà, che talvolta gli ha provocato solitudine e malinconia: "Anche noi artisti siamo soggetti alla malinconia e alla tristezza. Montarsi la testa è una cazzata, da lassù non vedi gli altri. Renato Zero non è una gabbia felice, ma una punizione cattiva». A proposito del singolo di lancio di Zerosettanta - Volume Tre, L'Angelo Ferito, Zero spiega: «Il singolo è un peccato di gola, responsabilizza rispetto a una playlist, perché da esso dipende l'opportunità di far ascoltare più brani, di farli sentire nell'aria, ma, per certi versi, è riduttivo. L'angelo è ferito, ma non è morto. Gli angeli sono guerrieri, non a caso siedono alla destra del padre. In questi 3 album ho voluto riaffermare che la volontà, il desiderio e il sogno guidano le nostre vite». 

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Gabriele Antonucci